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Giurisprudenza

Se la compensazione è “affrettata”:
la violazione diventa sostanziale

In linea con l’orientamento della Cassazione, i crediti utilizzati prima del termine previsto dalla legge, mancano di uno dei requisiti prescritti per la loro corretta fruizione

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La Ctr della Lombardia, con la sentenza n. 2547/24/2019 del 13 giugno scorso, ha stabilito che il credito Iva annuale e infrannuale di importo superiore a 10mila euro (secondo la versione previgente) può essere utilizzato in compensazione a decorrere dal sedicesimo giorno del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale Iva o dell'istanza di rimborso/compensazione trimestrale (modello Iva TR).
Qualora la compensazione venga attuata prima di detto termine, si configura una violazione sostanziale per l’indebita compensazione di un credito, in assenza dei presupposti.


I fatti
La controversia originava dalla notifica a una società lombarda di un atto di recupero Iva, emesso dal Centro operativo di Venezia, in cui venivano irrogate sanzioni (ex articolo 13 Dlgs n. 471/1997), oltre agli interessi, in relazione all'indebita compensazione del credito Iva.
La contribuente, infatti, tra il 16 febbraio 2012 e il 5 marzo dello stesso anno aveva effettuato, tramite modello F24, compensazioni "orizzontali" sino a un determinato ammontare, superiore a 10mila euro, quale credito Iva maturato nell’anno precedente ed emergente dalla dichiarazione annuale presentata il 14 febbraio 2012.
Di tali compensazioni, l'atto di recupero sanzionava l'indebito utilizzo in compensazione (ex articolo 17, comma 1, Dlgs n. 241/1997) dell'importo, in quanto compensato per una somma superiore al limite (allora vigente) di 10mila euro, prima del giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione, nel caso di specie decorrente il 16 marzo 2012, in violazione del disposto normativo da ultimo richiamato.
Per tale ragione, con l'atto di recupero, veniva irrogata la sanzione, pari al 30% dell'importo del credito Iva indebitamente utilizzato in compensazione, oltre agli interessi moratori (ex articolo 20 Dpr 602/1973).

L’opinione dei primi giudici e l’appello dell’ufficio
In seguito al ricorso della contribuente, veniva instaurato il giudizio avanti alla Ctp di Milano, che accoglieva la prospettazione della società, secondo cui vi era stata illegittima applicazione della sanzione prevista dall'articolo 13 del Dlgs n. 471/1997, per violazione del principio di legalità di cui all'articolo 3 del Dlgs n. 472/1997, non essendo riconducibile l'ipotesi di indebita compensazione del credito Iva a quella di omesso/tardivo versamento di cui al citato articolo 13. Infatti, continuava il Collegio di primo grado, seppur fosse stata effettuata una compensazione Iva, non era stata contestata nel quantum, ma solo perchè avvenuta in anticipo rispetto alla data indicata dalla normativa.
In definitiva, si trattava di una violazione meramente formale, senza che vi fosse alcun danno all'erario, né alcun pregiudizio all’azione di controllo da parte dell'ente preposto.

L’ufficio proponeva ricorso, insistendo per il carattere sostanziale della violazione accertata, trattandosi di fattispecie integrante indebita compensazione di un credito in assenza dei presupposti, in quanto tale credito, ancorché dichiarato, non era disponibile e, dunque, non poteva essere compensato prima del giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

La decisione della Ctr
La Ctr di Milano, investita della decisione, osserva che l'articolo 10, lettera a), numero 1, del Dl 78/2009 ha modificato l'articolo 17, comma 1, Dlgs n. 241/1997, prevedendo che il credito Iva annuale e infrannuale di importo superiore a 10mila euro, potesse essere utilizzato in compensazione a decorrere dal sedicesimo giorno del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale Iva o dell'istanza di rimborso/compensazione trimestrale (modello Iva TR), di cui all'articolo 8, comma 2, Dpr n. 542/1999.
 
Poiché la contribuente aveva presentato la dichiarazione annuale il 14 febbraio 2012 – continua il Collegio d’appello - la stessa non avrebbe potuto compensare (come ha fatto, violando il predetto limite di 10mila euro) il credito Iva ben superiore, maturato nel 2011, prima del 16 marzo 2012.

Caratteri della violazione
A giudizio della Ctr, la violazione commessa non è semplicemente formale, come sostenuto dal primo collegio giudicante, ma sostanziale, trattandosi di fattispecie integrante indebita compensazione, di un credito in assenza dei presupposti, in quanto lo stesso credito, ancorché dichiarato, non era disponibile e, dunque, non poteva essere compensato prima del 16 marzo 2012. Coerentemente, dunque, l'ufficio aveva applicato la sanzione per omesso/tardivo versamento di cui all'articolo 13 Dlgs n. 471/1997, pari al 30% dell'importo indebitamente compensato.
Infatti, osserva il Collegio lombardo, i crediti utilizzati in compensazione prima del termine previsto dalla legge, mancano di un requisito prescritto per la loro corretta fruizione; l’effettuazione della compensazione, in difetto di tale requisito, configura una fattispecie di utilizzo di credito esistente ma non disponibile.
 
Il quadro legislativo di riferimento
Il legislatore, infatti, al fine di contrastare gli abusi, all'articolo 17 del Dlgs n. 241/1997 aveva aggiunto il seguente periodo: “la compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 10.000,00 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge”.
 
Appare evidente alla Ctr della Lombardia, anche dai termini lessicali usati, come il legislatore, nell'introdurre una norma che innovasse e agevolasse le imprese a eseguire i pagamenti, utilizzando eventuali crediti in compensazione orizzontale, abbia fatto chiaro riferimento all'obbligo, di converso, di rispettare precisi requisiti e dettagliati presupposti, ciò nel declinato intendimento di contrastare possibili ed eventuali abusi da parte di chi intendesse effettuare i pagamenti a mezzo compensazioni.
II legislatore, in tal senso disponendo, aveva peraltro palesato e sottolineato l'assunto che, così facendo, il sistema delle compensazioni sarebbe diventato necessariamente più rigoroso.
In sostanza, risulta chiaro, a parere della Commissione di seconda istanza, come le disposizioni violate siano di carattere sostanziale e siano conformate proprio a evitare un pregiudizio alle azioni di controllo: da qui la legittimità dell’atto impugnato.

La giurisprudenza in materia
La pronuncia dei giudici lombardi appare concorde con l’orientamento giurisprudenziale, già espresso dalla Corte di cassazione (cfr Cassazione n. 25816/2015) e che appare consolidato. I supremi giudici, in quella sede, hanno avuto modo di affermare che “non può esservi dubbio che, in ipotesi di superamento del limite massimo dei crediti d'imposta compensabili, si realizzi quel mancato versamento che è sanzionato dal D. Lgs. n. 471/1997, art. 13 comma 1, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti”. Negli stessi termini, la più recente Cassazione n. 23715/2016 ha stabilito che “il superamento del limite massimo del credito di imposta compensabile equivale a un omesso versamento dell’imposta per un importo pari all'eccedenza in compensazione e, quindi, rientra nell'esclusione dalla definizione agevolata delle sanzioni stabilita dall'art. 17 ultimo comma del D. Lgs. n. 472/1997”.

In definitiva, appare corretto l’assunto dell’amministrazione finanziaria, che, in ipotesi di questo tipo, connota la violazione in oggetto come di natura sostanziale, e non meramente formale.

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