La pronuncia, per quanto si ponga in linea con un orientamento ormai consolidato da lungo tempo, riveste un rinnovato interesse in quanto delinea una corretta ricognizione e una puntuale applicazione della normativa fiscale in materia, alla luce anche della numerosa giurisprudenza di legittimità e della Consulta intervenuta sul punto.
La norma chiave è l’articolo 17 della legge 114/1977, il quale stabilisce che, in caso di dichiarazione dei redditi congiunta, l’amministrazione può notificare “al (solo) marito l’avviso di accertamento (o la cartella di pagamento), ferma rimanendo la responsabilità solidale della moglie”. Il debito tributario è in toto solidale concernendo il pagamento dell’imposta, della soprattassa, della pena pecuniaria e degli interessi.
La Consulta, con ordinanza 215/2004, aveva già avuto modo di precisare come la dichiarazione fiscale congiunta è una mera facoltà del contribuente e da essa derivano vantaggi e svantaggi, che sono stati liberamenti scelti senza riguardo alle vicende a cui può andare incontro ciascuno dei coniugi (Cassazione, sentenze 8334 e 9144 del 2000) o il regime patrimoniale della famiglia (Cassazione, 7393/1999) o il matrimonio stesso in caso di separazione (Cassazione, 4863/2002).
I rischi derivanti dalla disciplina propria dell’istituto riguardano specificatamente sia quelli inerenti alla previsione della notifica degli atti impositivi al solo coniuge dichiarante sia quelli concernenti le conseguenze sostanziali e processuali proprie delle obbligazioni solidali (cfr, tra le altre, Cassazione, sentenze 2071/2017, 13733/2016, 1463/2016, 23553/2015, 17160/2014, 20857/2010, 20709/2007 e 19896/2006).
Pertanto, per il coniuge co-dichiarante non possono costituire cause di estraneità e di estromissione rispetto al debito tributario:
- il non aver mai ricevuto la notifica di un avviso di accertamento e il non aver, di conseguenza, proposto alcun ricorso sfociato nel giudizio deciso in modo sfavorevole nei confronti del coniuge a cui è rimasto del tutto estraneo
- l’aver optato per il regime di separazione dei beni
- l’intervenuta separazione e cessazione degli effetti civili del matrimonio
- l’aver rinunciato all’eredità (l’obbligo sussiste ab origine e non viene acquisito iure successionis)
- l’essere i redditi rettificati nei confronti del coniuge derivanti da un accertamento anche se sono costituititi da proventi derivanti da reato.
Sotto il profilo temporale, inoltre, nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi ex articolo 17 della legge 114/1977, e per effetto della solidarietà voluta dal legislatore, “la tempestiva notifica al marito dell’avviso di accertamento, come della cartella di pagamento, impedisce qualsiasi decadenza dell’Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie co-dichiarante. Allo stesso modo, la pendenza del processo tra l’Amministrazione finanziaria ed il marito determina la sospensione di qualsiasi termine di decadenza come di prescrizione riguardo alla stessa moglie co-dichiarante trattandosi di un debitore solidale rimasto estraneo al giudizio, sicché trovano applicazione gli ordinari principi codicistici in tema di obbligazione solidale di cui agli artt. 1310, comma 1, e 2945 c.c.” (cfr Cassazione, pronunce 1463/2016 e 27005/2007).
Infine, in caso di inerzia del coniuge dichiarante, al co-dichiarante viene riconosciuta la legittimazione a impugnare autonomamente l’avviso di accertamento notificato al primo ancorché divenuto definitivo.
La contestazione della pretesa tributaria può avvenire anche proponendo ricorso avverso la cartella di pagamento o l’avviso di mora diretti al co-dichiarante, atteso che, pur non essendo necessario, affinché insorga la sua responsabilità solidale, che gli sia notificato l’avviso di accertamento, il suo diritto di difesa non può essere pregiudicato (cfr Corte costituzionale, ordinanza 215/2004, e Cassazione, pronunce 2071/2017 e 23553/2015).