In caso di accertamento con adesione perfezionato da una società di persone, la contestazione di un socio non aderente sulla quota di maggior reddito a lui imputabile è limitata alle ragioni personali della sua partecipazione alla compagine sociale, gli preclude di chiedere, a sua volta, un accertamento con adesione e non determina il litisconsorzio necessario tra i soci della società nel giudizio intentato dal socio (Cassazione n.12137 dell’8 maggio 2019).
La sentenza della Corte risolve il dilemma tra la definitività delle maggiori imposte sui redditi della società di persone o di arti e professioni in forma associata scaturente dall’accertamento con adesione e l’imputazione del reddito pro-quota, ai sensi dell’articolo 5 del Tuir al singolo socio o associato, statuendo l’immodificabilità anche per il socio o l’associato non partecipante all’accertamento con adesione di quanto oggetto di tale procedimento.
Come noto, l'articolo 4, comma 2, del Dlgs 218/1997, nella versione all'epoca vigente, prevede che in tal caso l'ufficio effettua la definizione anche del reddito attribuibile ai soci, agli associati o all'altro coniuge, con unico atto e in loro contraddittorio e che nei confronti dei “soggetti che non aderiscono alla definizione o che, benché ritualmente convocati secondo le precedenti modalità, non hanno partecipato al contraddittorio, gli uffici competenti procedono all'accertamento sulla base della stessa".
La sentenza del Supremo collegio in commento desume che la definizione mediante l'accertamento con adesione può essere effettuata anche solo da alcuni dei soggetti interessati, con l’effetto che “tale modalità di definizione dei debiti tributari può essere scelta anche solo dalla società, senza la partecipazione di alcuni soci, oppure dai soci senza la partecipazione della società oppure dalla società ed alcuni dei soci”.
La questione dei rapporti tra definitività del reddito sociale soltanto da parte di alcuni soci e la posizione del socio non interveniente nel procedimento di accertamento con adesione trova soluzione, in primo luogo, precludendo al socio o all’associato che non intenda accettare il risultato dell’accertamento con adesione concluso dalla società di persone quando gli viene richiesto il pagamento della sua maggior quote di reddito d’impresa, la facoltà di attivare un’ulteriore procedimento di accertamento con adesione.
Tale era l’oggetto della lite innanzi ai giudici di merito che in sede di impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio non aderente all’accertamento con adesione, ai sensi dell'articolo 41-bis del Dpr 600/1973, avevano ritenuto corretta la comunicazione dell’Agenzia delle entrate di inammissibilità dell'istanza di accertamento con adesione ai fini Irpef. In secondo luogo, poiché, come afferma la decisione della Cassazione in rassegna, “In ogni caso l'oggetto del contraddittorio è rappresentato principalmente dalla posizione della società”, viene meno l'esigenza di unitarietà dell'accertamento ordinario statuita e dalle sezioni unite del supremo Collegio nella sentenza n.14815 del 4 giugno 2008, sul litisconsorzio necessario tra tutti i soci e la società nella controversia instaurata da un socio che abbia contestato la rettifica del reddito societario definito con adesione da parte degli altri membri della compagine sociale.
Tali soluzioni ermeneutiche scaturiscono dal rilievo che in caso di adesione soltanto da parte di alcuni soggetti, “gli altri, che non hanno aderito o che non hanno partecipato al contraddittorio, benchè ritualmente convocati, ricevono un atto di accertamento fondato sull'adesione intervenuta nei confronti dei soggetti aderenti e, dunque, beneficiano della riduzione di imposta concessa agli stessi”.
Pertanto i soci o associati non aderenti all’accertamento con adesione concluso soltanto da altri soci o associati non possono avvalersi della riduzione delle sanzioni previste in caso di acquiescenza ordinaria ai sensi degli articoli 16 e 17 del Dlgs 472/1997, mentre possono avvalersi della acquiescenza alle sole sanzioni, con il pagamento delle stesse nella misura di volta in volta previsto (prima pari a 1/3) facendo proprio quanto affermato dalla circolare della Agenzia delle entrate 25/2012.
A conforto di tale statuizione viene indicata la giurisprudenza di legittimità espressa nelle sentenze 222/2014, 14926/2011 e 2827/2010 formatasi sulla definizione agevolata di cui all'articolo 9-bis del Dl 79/1997 secondo cui nel giudizio di impugnazione promosso dal socio avverso l'avviso di rettifica del reddito da partecipazione egli può opporre, a una definizione che costituisce titolo per l'accertamento nei suoi confronti, soltanto ragioni di impugnativa specifiche e quindi di carattere personale.
La sentenza della Cassazione in rassegna si pone in consapevole contrasto con le proprie precedenti decisioni, citate da questa, 12318/2009 emessa in sede di concordato di massa di cui all'articolo 3 del Dl 564/1994 (in questa rivista, con indicazione delle successive pronunce conformi, 13224/2009, 14035/2009, 15886/2009, 15887/2009, 21442/2009 e 3576/2010). In tali decisioni venne affermata l’esistenza, ai sensi dell’articolo 14 del Dlgs 546/1992, del litisconsorzio necessario tra tutti i soci e la società di persone nella controversia instaurata da un socio che abbia contestato la rettifica del reddito societario definito con adesione da parte degli altri membri della compagine sociale, essendosi introdotta “una questione inscindibilmente comune tanto alla società, quanto a ciascun socio”.
La pronuncia della Corte di legittimità in commento si pone in linea, seppure non venga rammentato, con quanto affermato dalle decisioni del Supremo collegio 29448/2008, (e confermata dalle sentenze 14418/2005, 2781/2009, 2782/2009,2783/2009, 9137/2009, 9138/2009, 9139/2009, 9140/2009 e 9141/2009, citate da questa in commento) che rimane fermo il vincolo per l’ufficio finanziario che deve procedere al recupero per trasparenza anche nei confronti degli altri soggetti estranei sulla base della definizione per adesione, quindi nella misura concordata perché in tal modo si realizza il principio costituzionale della parità di trattamento e della capacità contributiva ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione.
Un intervento delle sezioni Unite della Cassazione risulterebbe auspicabile, risultando essere tale pronuncia giurisprudenziale emessa sull’accertamento con adesione di cui al Dlgs 218/1997 e non sull’accertamento con adesione per gli anni pregressi.
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME