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Giurisprudenza

Se la società è in fallimento
ok all’accertamento anticipato

Il creditore ha interesse a insinuarsi sollecitamente al passivo al fine di esercitare prerogative che altrimenti gli sarebbero precluse dagli stringenti termini previsti dalla norma

Secondo la Corte di cassazione la dichiarazione di fallimento costituisce un motivo d’urgenza che giustifica l’emissione del cosiddetto avviso di accertamento anticipato. Tale anticipazione permette all’Agenzia di emettere l’atto prima del decorso di 60 giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione. Non rileva, invece, la circostanza secondo cui, al momento dell’emissione dell’atto, l’amministrazione finanziaria abbia la sola possibilità di insinuarsi tardivamente.
Sono questi gli interessanti principi che si ricavano dalla sentenza della Cassazione 8892 dello scorso 11 aprile.

 
Il giudizio di merito
L’Agenzia delle entrate notificava al curatore fallimentare di una srl tre avvisi di accertamento relativi a diversi anni di imposta e scaturenti da una attività di verifica fiscale in cui si contestavano operazioni di cessione di immobili con sottofatturazione e l’indebita deduzione di costi inerenti a lavori di ristrutturazione.
La curatela fallimentare impugnava gli avvisi lamentando la circostanza secondo cui gli stessi fossero stati emessi senza rispettare l’osservanza del termine di 60 giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione, previsto dall'articolo 12, comma 7, della legge 212/2000. L’amministrazione finanziaria resisteva in giudizio giustificando l’emissione anticipata dell’avviso di accertamento, in virtù dell’urgenza manifestatasi a seguito della dichiarazione di fallimento della società.
La parte risultava soccombente sia in primo che in secondo grado.
 
Contro la pronuncia della Commissione tributaria regionale proponeva ricorso in Cassazione. Il principale motivo di doglianza concerneva l’insussistenza di un’urgenza tale da giustificare l’emissione dell’avviso di accertamento ante tempus.
In particolare, la difesa del contribuente rilevava che, nonostante l’emissione anticipata dell’atto l’Agenzia non avrebbe, in ogni caso, fatto in tempo a proporre un’insinuazione tempestiva al passivo fallimentare, in quanto il termine per la tempestiva insinuazione sarebbe spirato già al momento della consegna del processo verbale. Nel contempo, avrebbe avuto parecchio tempo a disposizione (quasi un anno) per effettuare un’insinuazione tardiva. Di qui l’insussistenza dell’urgenza.
 
La pronuncia della Cassazione
La Corte, con la pronuncia in commento, ha definitivamente rigettato il ricorso introduttivo.
Il supremo Collegio non ha ritenuto rilevante la circostanza secondo cui l’Agenzia non avrebbe comunque potuto fare istanza tempestiva di ammissione al passivo al momento della consegna del pvc e neppure che avrebbe, in ogni caso, avuto molto tempo per effettuare quella tardiva. I giudici hanno ritenuto che la dichiarazione di fallimento giustifica l’urgenza per l’emissione dell’accertamento anticipato in quanto:
  • l’Agenzia “…quale futuro creditore concorsuale ha un evidente interesse ad inserirsi al più presto nella procedura fallimentare”; tutto ciò a prescindere dalla tipologia di insinuazione (tempestiva o tardiva)
  • il contribuente che versa in stato di fallimento si viene a trovare in una situazione in cui le modalità di esercizio delle sue capacità non appaiono compatibili con l’attesa da parte dell'Agenzia della scadenza del termine dilatorio di 60 giorni; ciò in quanto, in seguito alla dichiarazione di fallimento, tali capacità passano in capo ai preposti organi fallimentari.
 
Osservazioni
L’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 (Statuto del contribuente) prevede che l’avviso di accertamento non può essere emanato prima del decorso di 60 giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione, fatti salvi casi di particolare e motivata urgenza.
La ratio di tale disposizione risiede nella tutela resa a favore del contribuente secondo cui quest’ultimo, entro 60 giorni, può comunicare osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’Agenzia può non tener conto del predetto termine nel caso in cui ciò sia giustificato da comprovati e oggettivi motivi di particolare urgenza.
A tal proposito, si ricorda che la mancata indicazione delle ragioni d’urgenza nella motivazione dell’avviso di accertamento non comporta l’invalidità dell’atto.
In caso di contestazione da parte del contribuente, è onere dell’ufficio fornire prova dell’esistenza delle circostanze che hanno giustificato l’emissione anticipata dell’atto (cfr Cassazione 18184/2013).
 
La pronuncia in commento, nel solco tracciato da altra giurisprudenza di legittimità in relazione allo stato di insolvenza (Cassazione nn. 9424 e 16478 del 2014), ha stabilito che la procedura fallimentare può giustificare l’urgenza per l’emissione dell’accertamento anticipato.
In sostanza, i giudici hanno ritenuto che l’articolo 12, comma 7, dello Statuto del contribuente è incompatibile con la procedura fallimentare poiché in contrasto con la sopra citata ratio ispiratrice della norma. Durante la procedura fallimentare la capacità di disporre del proprio patrimonio passa dal contribuente al curatore fallimentare che la esercita necessariamente sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.
La possibilità di produrre memorie, ex articolo 12, comma 7, entro 60 giorni risulta, pertanto, incompatibile con le più “dilatate” tempistiche scandite dalla procedura fallimentare.
 
Vi è poi da considerare che l’urgenza non dipende dalla possibilità o meno di produrre un’istanza di insinuazione tempestiva o tardiva. Una volta avviata la procedura, l’urgenza sussiste a prescindere da ulteriori circostanze. Il creditore, infatti, mantiene inalterato l’interesse a insinuarsi con sollecitudine al passivo. Tutto ciò anche e, soprattutto, al fine di esercitare attività e prerogative che altrimenti gli sarebbero precluse a causa degli stringenti termini previsti dalle norme fallimentari.
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