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Giurisprudenza

Se un’agevolazione “va male”,
non si può ripiegare su un’altra

Il disconoscimento, per insussistenza dei requisiti ab origine, del trattamento di favore applicato all’atto di trasferimento non consente di optare per un diverso beneficio

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La Corte di cassazione, nella sentenza 1259/2014, è stata chiamata a chiarire se nel caso in cui un atto sia stato sottoposto a una determinata tassazione ai fini dell'imposta di registro (e ipotecaria), con il trattamento agevolato richiesto e accettato dal contribuente, allorquando l’ufficio accerti la decadenza dal beneficio per insussistenza dei requisiti ab origine possa trovare applicazione un’altra diversa agevolazione, richiesta in via subordinata nell’atto stesso.
In particolare, nella specie, all’atto di trasferimento di un fondo rustico sito in una comunità montana, la parte contribuente aveva invocato e ottenuto l’applicazione delle imposte di registro e ipotecarie in misura fissa e dell’esenzione dell’imposta catastale, ai sensi dell’articolo 9 del Dpr 601/1973 (imposte di registro e ipotecaria dovute in misura fissa ed esenzione dall’imposta catastale per trasferimenti aventi a oggetto fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o associate).
 
Successivamente, l’ufficio aveva recuperato a tassazione le ordinarie imposte ritenendo insussistente ab origine i requisiti per l’applicazione dell’agevolazione fruita.
Il contribuente, nel contestare l’operato dell’ufficio, aveva rivendicato, in sede contenziosa, il riconoscimento del beneficio fiscale di cui all’articolo 1 della legge 604/1954, invocato in via subordinata nello stesso atto di trasferimento. Tale norma prevedeva l’esenzione dall’imposta di bollo, la riduzione a un decimo della normale imposta di registro e la riduzione nella misura fissa di 500 lire dell’imposta ipotecaria per atti posti in essere per la formazione o per l'arrotondamento della piccola proprietà contadina.
 
La tesi della parte contribuente aveva trovato l’avallo dei giudici di appello, secondo i quali l’ufficio “avrebbe dovuto considerare che non esisteva alcuna norma o altro impedimento atti a precludere la spettanza degli altri benefici che, coevamente, il contribuente aveva richiesto”.
L’Amministrazione finanziaria, nel proporre ricorso per cassazione, ha contestato siffatta decisione, rilevando che i poteri di accertamento e di valutazione del tributo si esauriscono nel momento in cui l'atto viene sottoposto a tassazione e non possono rivivere. Con la conseguenza che la decadenza dall'agevolazione concessa preclude qualsiasi altro accertamento sulla base di differenti presupposti normativi o di fatto.
 
I Supremi giudici, investiti della questione, hanno aderito alla tesi del patrocinio erariale. In particolare, hanno ritenuto che dovesse trovare attuazione il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità invocato dall’Amministrazione finanziaria, secondo il quale i poteri di accertamento e di valutazione del tributo si esauriscono nel momento in cui l'atto viene sottoposto a tassazione e non possono rivivere (Cassazione, 1 ottobre 2003, n. 14601).
 
Non è pertanto possibile per l’ufficio irrogare in un secondo momento un’altra imposta principale a fronte del riconoscimento di un’altra agevolazione sulla base di diversi presupposti normativi o di fatto. Sicché, la decadenza dell’agevolazione concessa in quel momento preclude qualsiasi altro accertamento sulla base di altri presupposti normativi o di fatto.
Pertanto, anche nel caso sub iudice, a parere del Collegio giudicante, l’imposta liquidata a seguito del disconoscimento del beneficio invocato per assenza ab origine dei requisiti indispensabili era di natura complementare (Cassazione, 5 dicembre 2005, n. 26407). Anche in questa ipotesi, infatti, la mancanza dei requisiti per fruire dell’agevolazione invocata si basava su circostanze nuove o, comunque, sulla revisione a posteriori del criterio di liquidazione in precedenza legittimamente eseguito. E quindi non poteva rientrare nelle altre specie, positivamente definite, dell'imposta "principale" (in quanto applicata in un momento successivo alla registrazione) e dell'imposta "suppletiva" (in quanto, rivedendo a posteriori il criterio di liquidazione in precedenza seguito, non è rivolta a emendare errori od omissioni commessi dall'ufficio in sede di registrazione).
 
Quanto statuito dalla Corte di cassazione non preclude, a sommesso avviso della scrivente, la possibilità per il contribuente di promuovere in sede amministrativa un riesame in autotutela da parte dell’ufficio dell’atto impugnato, invocando l’applicazione della diversa agevolazione tempestivamente richiesta in via subordinata in sede di registrazione dell’atto, chiedendo anche l’eventuale rimborso di quanto nelle more versato sulla base dell’avviso di liquidazione notificato dall’ufficio avente a oggetto il recupero delle imposte in misura ordinaria.
 
 
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
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