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Giurisprudenza

Sempre valida la consegna di atti a mani proprie del destinatario

La norma del processo tributario prevale sulle regole del Codice di procedura civile

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Nel contenzioso tributario, la comunicazione della discussione della causa, effettuata direttamente al contribuente presso la sua residenza, anziché al procuratore costituito e nel domicilio eletto presso il suo studio, è rituale. Ciò in quanto, sulla norma di cui all’articolo 170, comma 1, del Cpc, prevale la speciale disposizione dell’articolo 17 del Dlgs 546/1992 ai sensi della quale sono valide le comunicazioni o notificazioni fatte direttamente alla parte, e non al suo difensore domiciliatario.
Così, in sintesi, si è espressa la sezione tributaria della Corte di cassazione, con la sentenza n. 457 dell’11 gennaio 2008, con la quale è stato affermato un principio valevole per tutte le comunicazioni e notificazioni del processo davanti alle Commissioni tributarie.

La controversia
Avverso un avviso di accertamento riguardante l’imposta di registro, gli eredi di un contribuente proponevano ricorso, che veniva parzialmente accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Vicenza.
La pronuncia di prime cure era appellata dagli interessati dinanzi alla Commissione tributaria regionale di Venezia ove, per quanto di interesse in questa sede, veniva eccepita la nullità della prima sentenza per vizio di procedura, essendo mancata la comunicazione al difensore dell’ordinanza di rinvio della causa.
La comunicazione, infatti, era stata eseguita nel domicilio della parte e non nel domicilio eletto ai fini del giudizio presso lo studio del difensore.
La doglianza veniva peraltro respinta, sul rilievo che l’omessa comunicazione al difensore doveva ritenersi una mera irregolarità, tra l’altro sanata dalla comunicazione ai ricorrenti.
Contro la decisione della Commissione tributaria regionale, le parti private proponevano ricorso alla Corte di cassazione. In tale sede, tra gli altri motivi, veniva nuovamente denunciato il preteso vizio di procedura insanabile che avrebbe precluso l’esercizio del diritto di difesa, non essendo stata notificata al difensore l’ordinanza di rinvio dell’udienza di discussione della causa.

La sentenza
Con sentenza n. 457 dell’11 gennaio 2008, la Suprema corte ha concluso per l’infondatezza di tale motivo di gravame.
Nell’occasione, i giudici di piazza Cavour hanno ricordato il principio, già accolto nella propria precedente sentenza 9104/2001, secondo il quale, nel contenzioso tributario, la notificazione dell’istanza di discussione della causa in pubblica udienza effettuata direttamente al contribuente presso la sua residenza, anziché al procuratore costituito e nel domicilio eletto presso il suo studio, è rituale.
A tale affermazione, il giudice di nomofilachia è pervenuto in base alla considerazione che "sulla norma codicistica ex articolo 170 cpc, comma 1, secondo cui dopo la costituzione in giudizio tutte le comunicazioni o notificazioni si fanno al procuratore costituito, prevale la speciale disposizione dell’articolo 17 del Dlgs 546/92, ai sensi della quale le comunicazioni o notificazioni vanno fatte direttamente alla parte, non quindi al suo difensore".

Considerazioni
La pronuncia in esame ha fornito un contributo interpretativo in tema di comunicazioni e notificazioni di atti del processo tributario, la cui regolamentazione è contenuta negli articoli 16 e 17 del Dlgs 546/1992.
In particolare, mentre l’articolo 16 detta le regole generali riguardanti tale materia, l’articolo 17 reca disposizioni speciali circa il luogo in cui le attività in questione devono essere effettuate.
Per quanto di interesse, si osserva che il comma 1 dell’articolo 17 stabilisce che "Le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio".
A parere della giurisprudenza, la circostanza che detto articolo "… innanzitutto fa salva la consegna a mani proprie comporta che la stessa rappresenta la modalità di comunicazione e notificazione di atti e provvedimenti alla quale si può sempre ricorrere" (Cassazione, sentenze 18269/2004 e 15687/2002).

In proposito, e a scanso di equivoci, è opportuno precisare - come, peraltro, puntualizzato dalla Corte di cassazione con la sentenza 4274/2002 - che il citato articolo 17 fa sempre salva non già la sola “notifica a mani proprie” (quella cioè di cui all’articolo 138 del Cpc) ma, piuttosto, e come risulta testualmente dalla norma, la “consegna a mani proprie”.
A tale ultima espressione, infatti, la Corte di cassazione attribuisce un significato ampio, che ricomprende "tutte le forme di notifica previste dagli artt. 138, 140 del codice di procedura civile e la notifica a mezzo del servizio postale, a seguito delle quali l’atto venga comunque consegnato a mani proprie del destinatario" (si veda la sentenza 10474/2003).
Con la conseguenza, recita la pronuncia 4274/2002, che "quando la notifica avviene in tale ultimo modo, la stessa deve considerarsi rituale anche in presenza di una elezione di domicilio (v. Cassazione, sentenza n. 12791/2001; Cassazione, sentenza n. 14916/2000)".

In conclusione, la sentenza 457/2008 in commento, sul solco di un consolidato orientamento del giudice di legittimità, ha inteso riaffermare il principio per cui la comunicazione o la notificazione di atti del processo tributario, che avvenga mediante “consegna a mani proprie” della parte, deve sempre ritenersi valida, a prescindere dalla concreta modalità procedimentale utilizzata nello specifico caso e anche quando sia stata effettuata una elezione di domicilio.

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