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Giurisprudenza

Sentenza di revocatoria fallimentare,
l’imposta di registro è proporzionale

Sulla pronuncia che ricostituisce il patrimonio destinato ai creditori, non è applicabile la misura fissa prevista per provvedimenti di annullamento o nullità di un atto

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Il provvedimento giudiziario che statuisce in ordine alla revocatoria fallimentare deve essere assoggettato a imposta di registro in misura proporzionale (articolo 8, comma 1, lett. b), tariffa allegata al Dpr 131/1986).
Questa, in sintesi, la massima desumibile dall’ordinanza della sezione tributaria della Corte di cassazione n. 27960 del 21 dicembre 2011.
 
I fatti di causa
L’Amministrazione finanziaria notificava a una società di capitali e a una società sottoposta a procedura fallimentare, nella loro qualità di coobbligati solidali, un avviso di liquidazione e irrogazione sanzione per il recupero dell’imposta di registro dovuta sulla sentenza pronunciata a seguito di revocatoria fallimentare. A tal proposito, l’ufficio impositore liquidava il tributo applicando l’imposta  proporzionale.
I contribuenti ricorrevano in giudizio chiedendo l’applicazione dell’imposta in misura fissa, risultando vittoriosi sia in Commissione tributaria provinciale che in regionale.
 
Contro la pronuncia della Ctr, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione deducendo quale unico motivo la violazione di legge laddove i giudici d'appello avevano ritenuto applicabile alla fattispecie, l’articolo 8, lettera e) (imposta in misura fissa), della tariffa allegata al Dpr 131/1986 anziché la lettera b) del medesimo articolo (imposta in misura proporzionale).
 
La pronuncia della Cassazione
Il Supremo collegio ha accolto le ragioni dell’Agenzia, cassato la pronuncia della Ctr e rigettato definitivamente il ricorso introduttivo. Ha inoltre condannato i soccombenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
 
Secondo i giudici, infatti, la sentenza che accoglie l’azione revocatoria fallimentare è soggetta ad aliquota proporzionale ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera b), della prima parte della tariffa allegata al Dpr 131/1986, che assoggetta a imposta proporzionale i provvedimenti dell’Autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori.
 
Tale fattispecie si realizza in ipotesi di revocatoria fallimentare ove le connesse restituzioni, producendo l’effetto giuridico del recupero alla procedura esecutiva di beni che ne erano in precedenza assenti, realizzano un trasferimento di ricchezza in favore del fallimento.
 
Al contrario, la lettera e) del medesimo articolo, invocata dai ricorrenti, secondo cui sono soggetti ad imposta fissa i provvedimenti “…che dichiarano la nullità o pronunciano l'annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni, o la risoluzione di un contratto…” è norma speciale e di stretta interpretazione, non applicabile in quanto assolve a una “…funzione meramente restitutoria e di ripristino della situazione patrimoniale anteriore …”.
 
Gli insegnamenti della Corte
La revocatoria fallimentare è regolata dagli articoli 64 - 71 della legge fallimentare. Questo istituto è rivolto a ottenere l’inefficacia degli atti a titolo gratuito compiuti dall’imprenditore nei due anni antecedenti la dichiarazione di fallimento ovvero di ottenere l’inefficacia di tutti gli atti a carattere oneroso, comprese le costituzioni di garanzie o i pagamenti, compiuti dal fallito nell’ultimo anno o negli ultimi due anni precedenti la dichiarazione di fallimento.
 
Ne deriva che i negozi giuridici stipulati dal fallito risultano perfetti in tutti i loro elementi ma, in seguito alla pronuncia che autorizza la revocatoria fallimentare, divengono semplicemente inefficaci nei confronti del fallimento.
Diversa invece è l’ipotesi della nullità o dell’annullabilità degli atti ove il negozio nasce ab origine viziato.
 
In pratica, si tratta di istituti aventi natura giuridica differente, in quanto la sentenza che dichiara la nullità o l’annullamento di taluni atti, incidendo sulla loro validità, ne elimina radicalmente gli effetti ex tunc e, nella quasi totalità dei casi, erga omnes. Al contrario, la pronuncia sulla revocatoria comporta, esclusivamente nei confronti del solo fallimento, l’inefficacia relativa di atti ab origine validi.
 
La pronuncia in esame risulta, quindi, ineccepibile laddove stabilisce che, ai fini della tassazione del registro, è applicabile la lettera b) che interessa tutti quei provvedimenti che, genericamente, dispongono trasferimenti di ricchezza di ogni tipo.
Di contro, è esclusa l’applicabilità della lettera e), in quanto essa si riferisce alle “sole” pronunce che dichiarano l’annullabilità o nullità dell’atto ancorché comportanti una restituzione di somme. Detta disposizione costituisce norma speciale che, in quanto tale, non può essere interpretata estensivamente sino a ricomprendervi il differente istituto giuridico della revocatoria fallimentare.
 
Si sottolinea infine che, secondo gli stessi giudici di legittimità, i principi espressi dalla pronuncia in esame risultano oramai consolidati al patrimonio giurisprudenziale espresso dalla Suprema corte (cfr Cassazione 21160/2005 e Cassazione 18707/2010).
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