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Giurisprudenza

Senza riassunzione nel merito, giudizio "chiuso" cartella "aperta"

L'estinzione dell'intero processo comporta la definitività dell'atto tributario originariamente impugnato

Laddove, a seguito di sentenza di cassazione con rinvio, il giudizio tributario non venga riassunto in sede di merito, l'intero processo si estingue e l'avviso di accertamento originariamente impugnato diventa definitivo, con conseguente possibilità per l'ente impositore di procedere all'iscrizione a ruolo e notificare la cartella di pagamento.
Questa la regola di diritto contenuta nella sentenza n. 226 del 27 aprile 2009, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Roma ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso una cartella ove erano stati eccepiti soltanto vizi riguardanti le fasi del giudizio sull'atto presupposto, divenuto irretrattabile a seguito della mancata riassunzione del processo tributario già instaurato.

La vicenda dalle origini
Il cessato ufficio Imposte dirette di Albano Laziale emetteva un avviso di accertamento relativo a Irpef e Ilor per l'anno d'imposta 1988, che l'interessato impugnava con ricorso rigettato dalla Ctp di Roma.
Il successivo appello del contribuente veniva accolto dalla Ctr con sentenza n. 154/41/98 del 1° dicembre 1998, a sua volta impugnata in sede di legittimità dall'agenzia delle Entrate.
La Suprema corte, con sentenza n. 17018 del 2 dicembre 2002, accoglieva il ricorso della parte pubblica, cassando la sentenza impugnata e rinviando la controversia ad altra sezione della Ctr del Lazio.
Essendo mancata la riassunzione del giudizio di merito, con decreto del 16 febbraio 2006, il presidente della sezione n. 2 del collegio tributario regionale di Roma dichiarava l'estinzione del giudizio originariamente proposto avverso l'atto impositivo.
Nel frattempo, l'ufficio dell'Agenzia, sul presupposto dell'intervenuta definitività della pretesa fiscale, iscriveva a ruolo le somme richieste con l'originario atto di accertamento.

Il giudizio sulla cartella di pagamento e la sentenza della Ctp
La cartella di pagamento, emessa dall'ufficio di Albano Laziale e notificata nel marzo del 2007, con la quale erano stati iscritti a ruolo a titolo definitivo gli importi recati dal predetto avviso di accertamento, veniva impugnata davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma.
In particolare, il contribuente lamentava di non essere stato a conoscenza dell'avvenuto deposito della sentenza della Suprema corte e neppure dell'iscrizione della causa dinanzi la Ctr, affermando che la sentenza della Cassazione era stata notificata a un precedente difensore poi sostituito.

Con la sentenza n. 226 dello scorso 27 aprile, la Ctp di Roma ha peraltro dichiarato il ricorso inammissibile.
In particolare, il collegio tributario capitolino ha rilevato che la cartella impugnata "è stata emessa a seguito di decisione del Giudice tributario di appello che, nel dichiarare estinto il giudizio, ha nella sostanza confermato e reso esecutivo l'accertamento originariamente impugnato".
Inoltre, ha anche specificato che, in sede di impugnazione della cartella da accertamento definitivo per mancata riassunzione del giudizio, non possono dedursi né vizi della pronuncia dell'appello tributario, che "avrebbero esclusivamente potuto proporsi attraverso l'impugnazione della medesima", né questioni circa l'erroneità della notifica, al precedente difensore, della sentenza della Cassazione, che "avrebbe viceversa potuto denunciarsi unicamente attraverso l'impugnazione della decisione di rinvio, perché pronunciata in assenza (involontaria) del contribuente".

Considerazioni
In ordine al giudizio di rinvio a seguito di sentenza di cassazione con rimessione al giudice di merito e alle conseguenze della mancata riassunzione della controversia, si può osservare che la disciplina del giudizio di rinvio, in ambito processuale tributario, è dettata dall'articolo 63 del Dlgs 546/1992, il cui comma 1 stabilisce, tra l'altro, che la riassunzione della causa deve avvenire "entro il termine perentorio di un anno dalla pubblicazione della sentenza" della Corte di cassazione.

Ai sensi del successivo comma 2, se la riassunzione non avviene entro il predetto termine o si avvera successivamente a essa una causa di estinzione del giudizio di rinvio, "l'intero processo si estingue".
Tale effetto estintivo, come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, determina l'annullamento di tutte le sentenze emesse nel corso del processo, non essendo concepibile il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado "essendo questa definitivamente caduta ex art. 393 c.p.c. senza possibilità di reviviscenza a seguito della cassazione della sentenza di secondo grado (Cass. Sez. I, n. 11881/1993)" (cfr Cassazione, sentenza 17372/2002).

Dalla mancata riassunzione, cioè, deriva l'estinzione non solo della fase processuale nella quale è stata emessa la sentenza cassata, bensì dell'intero processo "col conseguente venir meno della decisione di primo grado, poiché le uniche pronunzie che resistono all'estinzione del giudizio di rinvio sono quelle già coperte da giudicato, in quanto non investite da appello o ricorso per cassazione, in base ai principi della formazione progressiva del giudicato (cfr., per tutte, sent. n. 465-83)" (cfr Cassazione, sentenza 5279/1988).

Inoltre, l'estinzione del processo tributario per mancata riassunzione rende definitivo l'atto impugnato e, pertanto, comporta l'esigibilità delle somme richieste con l'atto stesso.
E proprio questa sembra la regola della giurisprudenza cui ha fatto riferimento la Ctp di Roma, anche sulla scorta dell'insegnamento secondo il quale il processo tributario "si configura come un mezzo di impugnazione dell'atto di accertamento, da proporsi entro un determinato termine di decadenza, per cui, estintosi il processo e consumatosi nel contempo il mezzo di impugnazione esperito, l'accertamento acquista il requisito della definitività e, quindi, dell'intangibilità" (cfr Cassazione, sentenza 7828/1986).

È utile altresì rilevare che, con sentenza 3040/2008, la Corte di cassazione ha ritenuto che il ricorso proposto dall'Amministrazione finanziaria avverso la sentenza di merito dichiarativa dell'estinzione del giudizio conseguente alla pronuncia di cassazione con rinvio, qualora oggetto della controversia sia un atto impositivo, è inammissibile "per difetto di interesse".
Nell'occasione, la Suprema corte ha spiegato che "la pronuncia di estinzione del giudizio comporta ex art. 393 c.p.c., il venir meno dell'intero processo ed, in forza dei principi in materia di impugnazione dell'atto tributario la definitività dell'avviso di accertamento e quindi l'integrale accoglimento delle ragioni erariali". Ciò in quanto "la pretesa tributaria vive di forza propria in virtù dell'atto impositivo in cui è stata formalizzata e l'estinzione del processo travolge la sentenza di primo grado, ma non l'atto amministrativo che - come noto - non è un atto processuale bensì l'oggetto dell'impugnazione".
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