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Giurisprudenza

Senza scontrino, negozio chiuso. Anche se c'è definizione agevolata

Legittimo il provvedimento di sospensione dell'attività, perché la norma generale non esclude quella speciale

lucchetto
La definizione agevolata, prevista dall'articolo 16, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo 472/1997, non osta all'applicazione della sanzione accessoria della chiusura dell'esercizio commerciale (articolo 12, comma 2, Dlgs 471/1997), irrogata a seguito di più contestazioni - accertate nell'arco di un determinato periodo di tempo - relative alla mancata emissione dello scontrino fiscale, trattandosi, quest'ultima di una norma speciale rispetto alla prima.

In questi termini si è pronunciata la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 19626 dell'11 settembre, ha consolidato un orientamento già fatto proprio dai giudici di legittimità e riconfermato, appena cinque mesi addietro, nella pronuncia n. 10960 del 13 maggio.

Anche in questo caso la vicenda ha origine dalla notifica di un provvedimento con il quale il direttore di un ufficio finanziario, ai sensi dell'articolo 12 del Dlgs 471/1997, dispone la sospensione dell'attività di rivendita di generi alimentari al dettaglio, per un periodo di quindici giorni.

Tale provvedimento viene impugnato, con successo, dal titolare dell'attività commerciale innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Caserta, mentre, il susseguente appello proposto dall'ufficio finanziario viene respinto dalla Commissione di secondo grado, nella considerazione che il richiamato articolo 16 del Dlgs 472/1997, laddove afferma che se il trasgressore definisce la controversia con il pagamento di un importo non inferiore a un quarto dei minimi edittali, esclude l'irrogazione di sanzioni accessorie, intendendosi per tale anche quella della sospensione dell'attività.

L'Amministrazione finanziaria propone ricorso per cassazione, eccependo essenzialmente la violazione di legge e cioè l'errata applicazione degli articoli 12 del Dlgs 471/1997 e 16 del Dlgs 472/1997.
La Cassazione accoglie le doglianze dell'Erario richiamando una sua precedente sentenza, la n. 2439 del 2007, nella quale ebbe a dire che "…in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 12, comma 2, il quale prevede la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio ovvero dell'esercizio dell'attività medesima nel caso in cui siano state accertate nel corso di un quinquennio tre distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale, ha carattere speciale rispetto alla norma generale contenuta nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 16, comma 3, con la conseguenza che l'irrogazione di detta sanzione non è impedita dalla definizione agevolata prevista da quest'ultima disposizione".

Osservazioni
La sentenza in esame offre lo spunto per svolgere alcune brevi riflessioni sulla natura della disposizione contenuta nell'articolo 12, comma 2 - laddove dispone la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima, per un periodo da tre giorni a un mese, "Qualora siano state contestate ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale, compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 472 del 1997…" - in rapporto all'articolo 16, comma 3, del Dlgs 472/1997, dove si legge testualmente che "la definizione agevolata impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie".
Innanzitutto, si osserva come la Cassazione richiami una sua precedente pronuncia del 2007 quasi "dimenticando" di citare la sentenza n. 10960 dello scorso maggio 2009, nella quale aveva espresso lo stesso principio giuridico.

Di contro, meraviglia invece la circostanza che i giudici di merito, nella specie quelli delle Commissioni tributarie campane, ma non solo, continuino ancora oggi a ignorare un orientamento oramai consolidato nella giurisprudenza di legittimità - in linea peraltro con il chiarimento fornito dall'agenzia delle Entrate con la risoluzione 150/2007 - a favore di una interpretazione, certamente pro contribuente, ma non conforme ai principi ermeneutici del diritto tributario.

Infatti, se per ipotesi, si dovesse ritenere corretta l'interpretazione che vuole la prevalenza della definizione agevolata sulla sanzione accessoria "della chiusura dell'esercizio", si dovrebbe per assurdo affermare che quest'ultima disposizione normativa non troverebbe mai applicazione.
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