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Giurisprudenza

Servizi tramite social network:
va individuato l’effettivo gestore

La controversia esaminata riguarda la società responsabile di una piattaforma online e l’Amministrazione tributaria inglese in relazione alla tassazione ai fini Iva delle prestazioni rese

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I giudici unionali hanno esaminato il caso di una società che gestisce una piattaforma di social network su internet, ritenendola soggetto passivo, prestatore di servizi ai sensi dell’articolo 28 della direttiva Iva. Tale inquadramento, in ragione di una presunzione assoluta, è determinato dal fatto che tale soggetto passivo ha la possibilità di definire in modo unilaterale elementi essenziali relativi alla prestazione.

Fatto e questione pregiudiziale
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità dell’articolo 9-bis del regolamento di esecuzione Ue n. 282/2011 sull’Iva ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società che gestisce su internet una piattaforma di social network, all’amministrazione tributaria inglese, in relazione ad alcuni avvisi di accertamento Iva.
Con riferimento alla questione sorta dinanzi alla competente autorità giurisdizionale nazionale il giudice a quo chiede, in sostanza, se l’articolo 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 sia invalido nella misura in cui il Consiglio avrebbe integrato o modificato l’articolo 28 della direttiva Iva, eccedendo così le competenze di esecuzione conferitegli dall’articolo 397 di tale direttiva, in applicazione dell’articolo 291, paragrafo 2, Tfue.

Le valutazioni della Corte Ue
In forza dell’articolo 28 della direttiva Iva, qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio, ma per conto terzi partecipi a una prestazione di servizi, si ritiene che abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale.
Tale disposizione, senza contenere restrizioni quanto al suo ambito di applicazione o alla sua portata e che comprende, quindi, tutte le categorie di servizi, crea la finzione giuridica di due prestazioni di servizi identiche fornite consecutivamente, in forza della quale si ritiene che l’operatore che partecipa a una prestazione, cioè il commissionario, in un primo tempo, abbia ricevuto i servizi in questione dall’operatore per conto del quale agisce, cioè il committente, e, in un secondo tempo, abbia fornito personalmente tali prestazioni a un cliente.

L’articolo 28 della direttiva Iva stabilisce, quindi, che il soggetto passivo che, nell’ambito di una prestazione di servizi, agisce in qualità di intermediario in nome proprio, ma per conto di terzi, si presume essere il prestatore di tali servizi.
Con riferimento all’articolo 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, introdotto dal regolamento di esecuzione n. 1042/2013, risulta che, tenuto conto dell’evoluzione che, nell’ambito della direttiva Iva, caratterizza in particolare l’imposizione dei servizi prestati tramite mezzi elettronici a persone non soggetti passivi, i quali, a decorrere dal 1º gennaio 2015, sono tassabili nello Stato membro in cui il destinatario è stabilito, nel luogo del suo indirizzo permanente o della sua residenza abituale, a prescindere dal luogo di stabilimento del soggetto passivo che presta tali servizi, il Consiglio ha ritenuto necessario specificare chi è il prestatore di servizi ai fini dell’Iva quando tali servizi sono prestati attraverso reti di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale.

In tale contesto, l’articolo 9-bis, su richiamato indica, “ai fini dell’applicazione dell’articolo 28 della direttiva [IVA]” e nel caso in cui i servizi tramite mezzi elettronici sono resi attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale, come un mercato delle applicazioni, in quali condizioni si debba ritenere che il soggetto passivo, che interviene in tale prestazione, agisca in nome proprio, ma per conto del prestatore.
La norma intende così garantire, a decorrere dal 1º gennaio 2015, un’applicazione uniforme della presunzione stabilita all’articolo 28 della direttiva Iva nei confronti di tali soggetti passivi e, in tal modo, del sistema comune dell’imposta, ai servizi di cui all’articolo 9-bis, paragrafo 1, che rientrano nell’ambito di applicazione di tale articolo 28, laddove quest’ultimo ricomprende tutte le categorie di servizi.
Da ciò deriva che le suddette disposizioni rispettano gli obiettivi generali essenziali della direttiva Iva e, in particolare, quelli del suo articolo 28.

Inoltre, con riferimento al primo comma dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, la società ritiene, da un lato, che il legislatore unionale non abbia inteso disciplinare, all’articolo 28 della direttiva Iva, la questione di stabilire in quali casi un soggetto passivo che partecipi a una prestazione di servizi agisca in nome proprio, ma per conto terzi, situazione a cui il Consiglio non può ovviare mediante un atto di esecuzione, salvo eccedere le proprie competenze.
Dall’altro lato, secondo la società, la presunzione stabilita nel primo comma di tale articolo 9-bis, paragrafo 1, si applicherebbe a prescindere dalla realtà contrattuale e commerciale, in violazione della giurisprudenza della Corte, e modificherebbe radicalmente la responsabilità del commissionario nel settore dell’Iva.

A tal proposito, la Corte rileva che, in forza della norma in questione, il soggetto passivo che interviene in una prestazione di servizi prestati tramite mezzi elettronici attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale quale un mercato delle applicazioni “si presume (...) che agisca in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi, a meno che tale prestatore sia esplicitamente designato, da detto soggetto passivo, quale prestatore e ciò risulti dagli accordi contrattuali tra le parti”.
Orbene, non risulta affatto dalla direttiva Iva che il legislatore dell’Unione abbia rinunciato a garantire, un’applicazione uniforme delle condizioni previste all’articolo 28, in particolare quella secondo cui, per poter essere considerato prestatore di un servizio, il soggetto passivo che partecipi alla prestazione debba agire in nome proprio, ma per conto di terzi. Ciò vale a maggior ragione in quanto tale circostanza riveste un’importanza cruciale per l’attuazione della presunzione stabilita dall’articolo 28 e, di conseguenza, per l’applicazione uniforme del sistema comune Iva.

Per quanto attiene più specificamente, la questione se l’articolo 9-bis, paragrafo 1, primo comma, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, integri o modifichi il contenuto dell’articolo 28 della direttiva Iva, si deve rilevare, in primo luogo, che la circostanza che tale norma riguardi, solo alcuni dei servizi di cui all’articolo 28 e, quindi, alcuni casi specifici, non impedisce di considerare la disposizione come una mera precisazione del contenuto dell’articolo 28.
In secondo luogo, nella parte in cui l’articolo 9-bis, paragrafo 1, primo comma, prevede che il soggetto passivo che interviene nella prestazione tramite mezzi elettronici “si presume (...) agisca, in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi”, tale disposizione si limita a precisare i casi in cui si ritiene soddisfatta la condizione relativa all’ambito di applicazione ratione personae dell’articolo 28 della direttiva Iva, necessaria all’applicazione della presunzione di cui a quest’ultimo articolo, senza integrarne o modificarne il contenuto.

In particolare, la presunzione prevista si inserisce pienamente nella logica sottesa all’articolo 28. Infatti, già prima dell’adozione dell’articolo 9-bis, l’articolo 28 della direttiva Iva mirava a trasferire la responsabilità per le prestazioni di servizi in cui interviene un soggetto passivo che agisce in nome proprio ma per conto di terzi.
Di conseguenza, la presunzione contenuta all’articolo 9-bis non modifica la natura di quella stabilita all’articolo 28 della direttiva, ma si limita, integrandola pienamente, a concretizzarla nel contesto specifico dei servizi prestati tramite mezzi elettronici attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale quale un mercato delle applicazioni.

Inoltre, aggiungendo l’inciso “a meno che tale prestatore sia esplicitamente designato, da detto soggetto passivo, quale prestatore e ciò risulti dagli accordi contrattuali tra le parti”, il primo comma dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, consente di confutare tale presunzione, tenendo conto della realtà contrattuale dei rapporti tra gli intervenienti nella catena di operazioni economiche.
Gli accordi contrattuali riflettono, in linea di principio, la realtà economica e commerciale delle operazioni, la cui valutazione costituisce un criterio fondamentale per l’applicazione del sistema comune Iva, in modo che le clausole contrattuali rilevanti costituiscono un elemento da prendere in considerazione quando occorre identificare il prestatore e il destinatario nell’ambito di un’operazione di “prestazione di servizi” ai sensi delle disposizioni della direttiva Iva.

Per questo motivo la Corte ha già dichiarato che la condizione relativa al fatto che il soggetto passivo debba agire in nome proprio, ma per conto di terzi, di cui all’articolo 28 della direttiva, deve essere verificata, in particolare, alla luce delle relazioni contrattuali tra le parti.
Da ciò deriva che la presunzione secondo cui il soggetto passivo agisce in nome proprio, ma per conto del prestatore dei servizi, può essere confutata se emerge dagli accordi contrattuali tra le parti, che quest’ultimo è esplicitamente designato quale prestatore di servizi. Il Consiglio si è limitato a precisare il contenuto normativo stabilito dall’articolo 28 della direttiva Iva, come interpretato dalla Corte, al fine di garantire condizioni uniformi di attuazione di tale disposizione.

Inoltre, il secondo comma dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, prevede che “al fine di considerare il prestatore di servizi prestati tramite mezzi elettronici esplicitamente designato dal soggetto passivo quale prestatore di tali servizi” devono essere soddisfatte due condizioni.
Da un lato, la fattura emessa o resa disponibile da ciascun soggetto passivo che interviene nella prestazione dei servizi prestati tramite mezzi elettronici deve identificare i servizi elettronici e il relativo prestatore.
Dall’altro, la nota di pagamento o la ricevuta emessa o resa disponibile per il destinatario deve identificare i servizi prestati attraverso mezzi elettronici e il relativo prestatore.

Tale disposizione è in stretta relazione con il primo comma dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, e si inserisce nella medesima logica di quest’ultimo, indicando, in modo più dettagliato, le condizioni, riferite alla fatturazione, in base alle quali il fornitore di servizi tramite mezzi elettronici è esplicitamente designato dal soggetto passivo quale prestatore di tali servizi.
Pertanto, il secondo comma dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, si limita a esporre gli elementi che consentono di valutare in modo concreto, alla luce della necessità di prendere in considerazione la realtà economica e commerciale delle operazioni, le situazioni e le condizioni in cui la presunzione, che risulta dal primo comma di tale disposizione conformemente a quella stabilita dall’articolo 28 della direttiva Iva, può essere confutata.
Pertanto, nella misura in cui fa riferimento agli elementi di prova che consentono di confutare la presunzione di cui al primo comma, la cui valutazione concreta spetta alle autorità tributarie e ai giudici degli Stati membri, non si può ritenere che il secondo comma dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, in quanto tale e tenuto conto delle constatazioni di cui ai punti da 71 a 74 della sentenza in esame, integri o modifichi il quadro normativo stabilito dall’articolo 28 della direttiva Iva.

Infine, il terzo comma dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, prevede che “ai fini di tale paragrafo, a un soggetto passivo che, in relazione ad una prestazione di servizi prestati tramite mezzi elettronici, autorizzi l’addebito al destinatario o la prestazione dei servizi ovvero stabilisca i termini e le condizioni generali della prestazione non è consentito designare esplicitamente un’altra persona quale prestatore di tali servizi”.
Da tale norma risulta, quindi, che, quando il soggetto passivo si trovi in una delle tre ipotesi previste dalla disposizione, la presunzione di cui al primo comma non può essere confutata e diviene quindi assoluta.
In altri termini, nel caso di servizi prestati tramite mezzi elettronici attraverso una rete di telecomunicazione, un’interfaccia o un portale quale un mercato delle applicazioni, si presume che un soggetto passivo che interviene in tale prestazione agisca sempre in nome proprio, ma per conto del prestatore di tali servizi e, di conseguenza, è ritenuto essere esso stesso il prestatore di tali servizi, quando autorizzi l’addebito al destinatario o la prestazione di tali medesimi servizi ovvero stabilisca i termini e le condizioni generali di tale prestazione
Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dalla società, nell’adozione del terzo comma dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, di tale regolamento di esecuzione, si è tenuto conto della realtà economica e commerciale delle operazioni, nel contesto specifico della prestazione in questione, come richiesto dall’articolo 28 della direttiva.
Infatti, quando un soggetto passivo, che interviene nell’ambito delle prestazione in esame sfruttando, ad esempio, una piattaforma di social network on line, ha la facoltà di autorizzare il servizio, o la fatturazione di quest’ultimo o, ancora, di fissare le condizioni generali della prestazione, tale soggetto passivo ha la possibilità di definire, in modo unilaterale, elementi essenziali relativi all’operazione, vale a dire la sua realizzazione e il momento in cui essa avrà luogo, o le condizioni in base alle quali il corrispettivo sarà esigibile, o ancora le norme che formano il quadro generale della prestazione. In tali circostanze, e tenuto conto della realtà economica e commerciale che esse rispecchiano, il soggetto passivo deve essere considerato il prestatore di servizi, ai sensi dell’articolo 28 della direttiva Iva.
Risulta, quindi, chiaramente conforme all’articolo 28 della direttiva Iva il fatto che, nelle ipotesi elencate al terzo comma dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, il soggetto passivo interessato non possa sottrarsi alla presunzione stabilita dall’articolo 28, designando contrattualmente un altro soggetto passivo come prestatore dei servizi. Quest’ultima disposizione non può infatti consentire clausole contrattuali che non riflettano la realtà economica e commerciale.

Il fatto che le circostanze previste al terzo comma non siano menzionate all’articolo 28 della direttiva non può inficiare la suddetta analisi.
In effetti, è sufficiente rilevare che, elencando espressamente tali ipotesi, la disposizione non modifica il contenuto normativo dell’articolo 28, ma si limita, al contrario, a concretizzare l’applicazione di quest’ultimo per il caso specifico dei servizi di cui all’articolo 9-bis, paragrafo 1, di tale regolamento di esecuzione.
Analogamente, non può essere valorizzato l’argomento dedotto dalla società per cui sarebbe contrario all’articolo 28 della direttiva Iva trattare il soggetto passivo menzionato come prestatore di servizi laddove il cliente finale è a conoscenza dell’esistenza del mandato tra il committente e il commissionario, nonché dell’identità del committente.

A tal proposito, se è vero che l’applicabilità dell’articolo 28 dipende dall’esistenza di un mandato in esecuzione del quale il commissionario interviene, per conto del committente, nella prestazione di servizi, tuttavia, anche supponendo che, nonostante la complessità delle catene di operazioni che può caratterizzare la fornitura dei servizi tramite mezzi elettronici, il cliente finale sia, in alcuni casi, in grado di venire a conoscenza dell’esistenza del mandato e dell’identità del committente, tali circostanze non sono di per sé sufficienti a escludere che il soggetto passivo, che interviene nella prestazione di servizi, agisca in nome proprio, ma per conto di terzi, ai sensi dell’articolo 28. Infatti, sono soprattutto i poteri di cui dispone tale soggetto passivo nell’ambito della prestazione nella quale interviene a rilevare.
Nelle suddette ipotesi, al pari dei primi due commi dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, non si può considerare che il terzo comma della stessa disposizione integri o modifichi l’articolo 28 della direttiva Iva.

Le conclusioni della Corte UE
Pertanto, dall’esame della questione sollevata la Corte ritiene non emerga alcun elemento idoneo a inficiare la validità dell’articolo 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, alla luce degli articoli 28 e 397 della direttiva Iva nonché dell’articolo 291, paragrafo 2, Tfue.                                                                                                                              


Data sentenza
28 febbraio 2023

Numero sentenza
C-695/2020

Nome delle parti
Fenix International Ltd
contro
Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

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