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Giurisprudenza

Sì al pagamento delle accise
anche se l’alcol è stato rubato

La decisione della Cassazione è pienamente in linea con il diritto comunitario e con quanto costantemente ribadito anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea

Con la decisione n. 26419 dello scorso 7 novembre la Corte di cassazione, avallando le tesi dell’amministrazione finanziaria, ha chiarito che il pagamento delle accise è dovuto anche sui prodotti oggetto di furto, restando confinato l’abbuono dell’imposta esclusivamente ai casi in cui gli ammanchi siano da ricondurre a perdite dovute a caso fortuito o forza maggiore o a perdite inerenti alla natura stessa del prodotto. Solo queste ultime eventualità, infatti, a differenza del furto, impediscono effettivamente l’immissione in consumo dei prodotti, giustificando il non pagamento dell’imposta.
 
La controversia che ha portato alla decisione dei giudici di piazza Cavour è insorta tra una società che svolge attività di depositaria autorizzata di alcol e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
La società avanzava all’amministrazione fiscale una domanda di sgravio sugli importi dovuti a titolo di accisa, in ragione del fatto che grandi quantitativi di materiale etilico dalla stessa custodito erano stati oggetto di furto a opera di ignoti. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli rigettava tale domanda sulla considerazione che il furto di merci, non impedendo la concreta immissione in commercio delle stesse, non poteva configurarsi come causa esentiva di quanto dovuto a titolo di accisa.
 
Ne nasceva un contenzioso giudiziario dinanzi alla magistratura tributaria che, in primo grado, con la Commissione tributaria provinciale di Agrigento, accoglieva il ricorso proposto dalla società annullando l’atto impositivo del Fisco con il quale era stato richiesto quasi un milione di euro, di cui oltre 800mila a titolo di accisa. Avverso tale pronuncia, l’Agenzia ricorreva in appello dinanzi la Ctr Sicilia che, con sentenza n. 4600/35/2015, del 4 novembre 2015, continuava a dare ragione alla società, rigettando l’appello del Fisco, sulla base della considerazione che il furto a opera di ignoti legittimasse pienamente il non pagamento dell’accisa.
L’amministrazione fiscale decideva, di ricorrere alla suprema Corte di cassazione per violazione e falsa applicazione dell’articolo 4 del Dlgs 504/1995, nonché dell’articolo 59 della legge 342/2000, in relazione all’articolo 2697 del codice civile, e all’articolo 360 cpc, comma 1, n. 3. L’Agenzia, infatti, censurava la pronuncia della Ctr Sicilia perché, avendo dato ragione alla contribuente e dichiarando estinta l’obbligazione tributaria per il furto subito, aveva finito per equiparare quest’ultimo al caso fortuito o alla forza maggiore o alle perdite inerenti alla natura stessa del prodotto, sole fattispecie, queste, che danno effettivamente il diritto all’abbuono delle accise perché effettivamente (e a differenza di quanto avviene in caso di furto) impediscono la materiale immissione in consumo dei prodotti.
Chiamati a pronunciarsi sulla questione, i giudici di legittimità hanno dato ragione all’amministrazione fiscale, ritenendo il motivo di ricorso delle Dogane manifestamente fondato.
 
I magistrati romani hanno, infatti, chiarito, richiamando una seppur non unanime giurisprudenza sul punto (si vedano, ex multis, pronunce 25990/2013, 25990, 27825/2013, e in senso contrario, 24912/2013) che “in materia di accise, il furto del prodotto ad opera di terzi e senza coinvolgimento nei fatti del soggetto passivo di per sé non esime, ai sensi del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 4, comma 1, come modificato dalla L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 59, dal pagamento dell'imposta”.
Imposta, invece, da cui è possibile affrancarsi “nella sola ipotesi – la cui prova deve essere fornita dall'obbligato – di dispersione o distruzione del prodotto, atteso che solo in questo caso ne resta impedita l'immissione nel consumo, laddove la sottrazione determina soltanto il venir meno della disponibilità del bene da parte del soggetto per effetto dello spossessamento, ma non ne impedisce l'ingresso nel circuito commerciale”.
 
Il citato articolo 4 del Dlg 504/1995, recante Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, prevede, infatti, che l’abbuono dell’imposta è concesso esclusivamente solo qualora il soggetto obbligato provi, tra l’altro in un modo ritenuto soddisfacente dall’amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione dei prodotti che si trovano in regime sospensivo è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. La stessa disposizione prevede poi che per le perdite inerenti alla natura stessa dei prodotti avvenute durante il processo di fabbricazione o di lavorazione l’abbuono è concesso nei limiti dei cali tecnicamente ammissibili determinati dal ministro dell’Economia e delle Finanze con proprio decreto.
 
Infine, i magistrati di piazza Cavour hanno sottolineato come la loro decisione di ritenere dovuto il pagamento delle accise anche in caso di furto della merce sia pienamente in linea con il diritto comunitario e, in particolare con gli articoli 6 e 14 della Direttiva 92/12/Cee a mente dei quali, come costantemente ribadito anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’abbuono dell’accisa non è previsto in caso di svincolo irregolare della merce dal regime di sospensione ma solo in caso di ammanchi, riconducibili alle perdite dovute a caso fortuito o forza maggiore o alle perdite inerenti alla natura stessa del prodotto.
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