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Giurisprudenza

In "sintesi", la motivazione regge

Valida la cartella di pagamento con indicazione "essenziale" degli elementi a base della pretesa erariale

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La sentenza n. 39/36/06 del 23 marzo 2006 della Commissione tributaria regionale del Lazio, con articolate argomentazione, ha "salvato" la cosiddetta "motivazione sintetica" della cartella di pagamento(1), emessa ai sensi dell'articolo 36-bis del Dpr n. 600/73, contenente l'indicazione della natura del tributo recuperato, il periodo d'imposta, l'imponibile e l'aliquota applicata.

In particolare, l'iter logico-giuridico adottato da tale decisum si è così sviluppato:

  • il Dm 3/9/1999, n. 321, all'articolo 1, comma 2, statuisce che il ruolo deve contenere "anche l'indicazione sintetica degli elementi sulla base dei quali è stata effettuata l'iscrizione a ruolo"; gli elementi sulla scorta dei quali è stata fatta l'iscrizione a ruolo possono essere indicati in forma sintetica
  • in materia tributaria, mentre evidentemente ampia è l'esigenza di motivazione di un avviso di accertamento con il quale l'Amministrazione finanziaria accerti redditi non dichiarati, ben più limitata è quell'esigenza, nel caso di una cartella esattoriale emessa sulla base di un iscrizione a ruolo conseguente al mero controllo dei dati forniti dallo stesso contribuente. Per cui, quando il semplice raffronto tra i dati della dichiarazione del contribuente e quelli riportati nella cartella consenta di comprendere le ragioni della pretesa tributaria e, quindi, il risultato possa dirsi assicurato con quelle indicazioni, non vi è motivo alcuno per caricare l'Amministrazione di oneri ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti dalla legge, ben potendo l'obbligo di motivazione esaurirsi nelle indicazioni medesime(2)
  • spetta al contribuente verificare l'eventuale impossibilità, sulla scorta di quanto esposto nelle proprie dichiarazioni, di verificare l'esattezza degli addebiti mossi. Il contribuente ha l'onere di provare che si è trovato in estrema difficoltà nel comprendere le motivazioni e l'oggetto della cartella
  • spetta al contribuente demandare al giudice tributario, attraverso la produzione delle dichiarazioni dei redditi esaminate dall'ufficio, la verifica della legittimità della pretesa tributaria sul semplice raffronto tra i dati esposti e i rilievi mossi.

Riflessioni
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 18415 del 16 settembre 2005 e, successivamente, con quella n. 28318 del 21 dicembre 2005, ha affermato che, quando la cartella di pagamento non è stata preceduta da un avviso di accertamento, devono "ritenersi applicabili i principi di ordine generale indicati per ogni provvedimento amministrativo dall'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (espressamente recepiti, per la materia tributaria, dall'art. 7 della legge n. 212/2000), ponendosi una diversa interpretazione in insanabile contrasto con l'art .24 della Costituzione".

La stessa Corte di cassazione ha, quindi, affermato che la cartella esattoriale non può riportare solo i codici del tributo richiesto, lasciando al contribuente l'onere della ricostruzione dell'operato dell'ufficio, attraverso difficili operazioni interpretative di codici e numerazioni (Cassazione, 16 settembre 2005, n. 18415).

Con la sentenza n. 18385 del 16 settembre 2005, la Suprema corte ha sancito che "…l'ente impositore ha sempre l'obbligo di chiarire nella cartella esattoriale, sia pure succintamente, le ragioni - intese come indicazione sia della mera causale che della motivazione vera e propria - dell'iscrizione a ruolo dell'importo preteso, in modo da consentire al contribuente un non eccessivamente difficoltoso esercizio del diritto di difesa "atteso che alla cartella di pagamento devono ritenersi comunque applicabili i principi di ordine generale indicati per ogni provvedimento amministrativo dall'art. 3 della L. 7 agosto 1990, n.. 241, e successivamente recepiti, per la materia tributaria, dall'art. 7 della L. 27 luglio 2000, n. 212, ponendosi una diversa interpretazione della norma in insanabile contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, tanto più quando la cartella non sia stata preceduta da un motivato avviso di accertamento".

Si rammenta che i contenuti obbligatori minimi della cartella esattoriale sono il tributo, il periodo d'imposta, l'imponibile e l'aliquota applicata. Tale motivazione minima fornisce al contribuente i riferimenti precisi degli atti che sono stati verificati e dei dati che esso ha esposto in dichiarazione. La mancanza del citato contenuto minimo costituisce violazione di uno dei principi cardini del diritto tributario e importa la nullità dell'atto. L'assenza della motivazione minima lede il diritto di difesa del cittadino contribuente, il quale, non conoscendo i motivi, nonché le somme su cui grava la pretesa azionata nei propri confronti, ha difficoltà a difendere la propria posizione.

Con la mancata conoscenza dell'aliquota applicata e dell'importo sui cui è determinato il contributo richiesto, viene a mancare la parte essenziale della motivazione che rende chiara e visibile la "corretta formazione della volontà dell'Ufficio tributario" (Cassazione, 17/6/2002, n. 2254).
La cartella esattoriale, emessa ai sensi dell'articolo 36-bis del Dpr 600/1973, deve essere fornita di motivazione adeguata, con l'evidenziazione degli eventuali errori di calcolo o di indebite detrazioni o deduzioni rilevati nella dichiarazione, in modo che il contribuente (e anche il giudice) sia messo in grado di comprendere immediatamente, dalla semplice lettura della cartella esattoriale, la causale della richiesta del fisco (Cassazione, sezione I, sentenza n. 14306 del 20/12/1999).

Le informazioni sul debito, contenute nella cartella esattoriale, mirano ad assicurare al debitore il consapevole esercizio del diritto di difesa, anche in ossequio alle disposizioni previste dalla legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), i cui articoli 6 e 7 garantiscono al contribuente la possibilità di avere esatta conoscenza degli atti a lui destinati e di essere in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, per potere efficacemente contestarne l'an e il quantum. Questi deve poter verificare l'esattezza dell'operato dell'ufficio allo scopo di comprendere il fondamento della maggiore pretesa; pertanto, una cartella esattoriale priva di motivazione rende illegittima l'iscrizione a ruolo (Cassazione 20/12/1999, n. 14306).

Diviene irrilevante che il contribuente, nonostante la mancanza di motivazione dell'atto, abbia, comunque, argomentato nel merito, ma solo dal punto di vista generale, senza un'appropriata e adeguata difesa di merito, senza avere, cioè, la possibilità di conoscere l'iter, o meglio, il calcolo di come si è giunti all'imposta richiesta (Cassazione, 1/3/1999, n. 1697).
Con la mancata conoscenza dell'aliquota applicata e dell'importo, sui cui è determinata l'imposta richiesta, viene a mancare la parte essenziale della motivazione che rende chiara e visibile la "corretta formazione della volontà dell'Ufficio tributario" (Cassazione, 17/6/2002, n. 2254), in ossequio a quanto statuisce l'articolo 42 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600.

Invero, non sono difese di merito, ma difese di principio, di carattere preliminare, rispetto a una sostanza della controversia che l'immotivata rettifica lascia nel vago, poiché la difesa è fondata sui dati meramente supposti e non reali. Da ciò discende la consequenziale affermazione che l'esercizio del diritto di difesa non costituisce sanatoria del vizio di omessa motivazione dell'atto impugnato. E' il caso di evidenziare che la motivazione dell'atto deve considerarsi "sostanza" dell'atto stesso e non può che essere contestuale e integrante a esso (Cassazione, 21/4/2001, n. 5924).

NOTE
1. E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 25 del Dpr 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), sollevata in riferimento agli articoli 3, 24, 25 e 97 della Costituzione, con riguardo all'asserito difetto di previsione legislativa dell'obbligo di motivazione della cartella di pagamento, emessa ai sensi dell'art. 36-bis del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, considerato che l'obbligo di motivazione degli atti amministrativi è ora in via generale imposto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), a seguito del quale il Dm 14 luglio 1992 ha espressamente previsto, nel modello di cartella di pagamento emessa ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973, un'apposita sezione destinata a contenere la sintetica descrizione degli eventuali errori commessi dal contribuente nella determinazione dell'imposta, cosicché la mancanza di motivazione della cartella di pagamento impugnata nel giudizio a quo non può ascriversi a vizio di legittimità costituzionale della norma ma solo, eventualmente, a vizio del predetto atto (Corte costituzionale, 21 aprile 2000, ordinanza n. 117).

2. In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, anche per la cartella di pagamento vale il principio generale secondo cui l'obbligo motivazionale dell'accertamento può ritenersi adempiuto solo se il contribuente sia stato messo in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, quali la puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della dedotta posizione creditoria e l'indicazione dei fatti che, sia pur astrattamente, la giustifichino: ciò tanto più quando, come nella fattispecie, la cartella (afferente, peraltro, a ruolo suppletivo) costituisca il primo e unico atto impositivo portato a conoscenza del contribuente (Cassazione, sezione V, sentenza n. 17947 del 6/9/2004).
Nella cartella di pagamento della Tarsu, il Comune ha l'obbligo di chiarire (sia pure succintamente) le ragioni (intese come indicazione sia della mera causale che della motivazione vera e propria) dell'iscrizione nel ruolo (nella specie suppletivo), per consentire al contribuente di verificare se sussistono i presupposti per tale iscrizione e di difendersi in giudizio (Cassazione, sezione V, sentenza n. 15638 del 12/8/2004).
Qualora la liquidazione delle imposte, ai sensi dell'art. 36-bis del DPR 29/09/1973, n. 600 (conseguente, nella fattispecie, alla dichiarazione integrativa presentata in base alla legge 30/12/1991, n. 413) non si sovrapponga alla dichiarazione del contribuente, ma si risolva in una rettifica dei risultati della dichiarazione stessa, che comporti una pretesa ulteriore da parte dell'amministrazione finanziaria, si è in presenza di un'attività impositiva vera e propria, per definizione rientrante in quella di accertamento, sicché la cartella esattoriale che rechi la pretesa fiscale non solo va notificata nel termine previsto a pena di decadenza per la notifica dell'avviso di accertamento, ma deve essere anche motivata come il suddetto avviso, ossia deve contenere tutte le indicazioni idonee a consentire al contribuente di apprestare un'efficace difesa (Cassazione, sezione V, sentenza n. 14414 dell'8/7/2005).

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