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Giurisprudenza

Società non operative: territorialità
in base all’ufficio che emette l’atto

Non è rilevante a chi è stata presentata la richiesta di disapplicazione della norma antielusiva, la Ct competente è quella della direzione regionale che ha risposto all’istanza

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Con due diverse pronunce di rito, la Commissione tributaria provinciale, investita dei ricorsi presentati da enti soggetti alla disciplina delle società non operative avverso il diniego di disapplicazione, ha chiarito come la competenza territoriale della Commissione giudicante debba essere determinata avendo riguardo alla sede della direzione regionale che ha emesso l’atto impugnato.
Tale principio, benché possa apparire di chiara applicazione, era stato, infatti, messo in discussione da alcune Commissioni tributarie provinciali che, benché territorialmente incompetenti a norma dell’articolo 4 del Dlgs. 546/1992, avevano, comunque, affermato la propria competenza a decidere nel merito su analoghe questioni in materia di impugnabilità delle istanze di disapplicazione.
 
La regola fissata dal citato articolo 4, rubricato “competenza per territorio”, prevede che “le Commissioni Tributarie Provinciali sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli Uffici delle Entrate… che hanno sede nella loro circoscrizione”, ossia nel territorio della provincia in cui sono situate le predette sedi.
 
Nel caso di specie, le società avevano presentato i propri ricorsi davanti a una Ctp diversa da quella in cui ha sede la direzione regionale, sostenendo, nei propri atti, l’inapplicabilità di tale norma alla loro situazione, posto che, a loro giudizio, la dizione “Uffici delle Entrate” avrebbe determinato l’esclusione di tale regola processuale in relazione alla competenza territoriale degli atti emessi dalle direzioni regionali, considerate, secondo tale interpretazione, “distinte dagli Uffici delle Entrate”.
 
L’ufficio aveva, tuttavia, eccepito l’erroneità dei presupposti posti alla base di tale interpretazione evidenziando che, accogliendo la tesi delle ricorrenti, l’articolo 4 del Dlgs 546/92 sarebbe risultato, paradossalmente, privo di qualsivoglia cogenza normativa.
Sul punto, infatti, veniva ricordato come la nozione di “Ufficio delle Entrate”, così come originariamente prevista dal legislatore del 1992, oggi risulti priva di contenuto, dal momento che, attualmente, l’Agenzia delle Entrate è articolata, essenzialmente, in direzioni provinciali (e, ulteriormente, in uffici territoriali) e direzioni regionali.
 
Sotto diverso profilo, le contribuenti avevano poi eccepito, a favore della loro tesi, il fatto che l’istanza di disapplicazione in questione fosse stata presentata, ai sensi dell’articolo 1 del Dm 259/1998, alla direzione provinciale competente in ragione del domicilio fiscale delle ricorrenti e come, di conseguenza, anche la competenza territoriale della Commissione giudicante dovesse essere determinata da tale presupposto.
A favore di tale interpretazione, le parti citavano alcune pronunce nelle quali le Commissioni tributarie provinciali adite, benché non competenti secondo la regola dell’articolo 4 del Dlgs 546/92, avevano comunque deciso nel merito della vicenda.
 
Le sentenze
Contrariamente alla tesi offerta dalle ricorrenti, la Ctp, accogliendo in toto le argomentazioni fornite sul punto dall’Amministrazione, ha ricordato come la normativa in questione, rappresentata dall’articolo 30, comma 4-bis, della legge 724/1994, preveda che, in presenza dei presupposti di legge, “la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell’articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
Quest’ultima disposizione stabilisce che “A tal fine il contribuente deve presentare istanza al direttore regionale delle entrate competente per territorio, descrivendo compiutamente l'operazione e indicando le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione”.
 
Orbene, al fine di facilitare la trasmissione di dette richieste di disapplicazione, l’articolo 1 del regolamento attuativo (Dm 259/1998) ha stabilito che tale istanza “è rivolta al direttore regionale delle entrate competente per territorio ed è spedita, a mezzo del servizio postale, in plico raccomandato con avviso di ricevimento, all'ufficio finanziario competente per l'accertamento in ragione del domicilio fiscale del contribuente. Tale ultimo ufficio trasmette al direttore regionale l'istanza, unitamente al proprio parere, entro trenta giorni dalla ricezione della medesima”.
 
Nel caso di specie, quindi, a prescindere dal fatto sollevato dalla contribuente che l’istanza di disapplicazione sia stata presentata alla direzione provinciale per il successivo inoltro, è, infatti, incontestato che il provvedimento impugnato sia stato emesso dalla direzione regionale competente, ex articolo 37-bis Dpr 600/1973, in materia di istanze tese a ottenere la disapplicazione delle disposizioni anti elusive.
 
A parere della Commissione di prime cure, dunque, la regola fissata dall’articolo 4 del Dlgs 546/1992 “prevede un criterio semplice e chiaro che fa riferimento alla sede in cui si trova l’Ufficio da cui proviene l’atto che deve essere impugnato davanti alla corrispondente Commissione Tributaria Provinciale”.
 
Nel caso di specie, trattandosi di atto sottoscritto dal direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate, la Dr, con sede a Trieste, avrebbe dovuto essere, quindi, chiamata in giudizio davanti alla corrispondente Commissione tributaria di Trieste.
 
Per tale motivo, la Ctp adita ha dichiarato la propria incompetenza a favore di detto Collegio, fissando un termine per la riassunzione del processo innanzi al giudice competente su istanza della parte interessata, ai sensi dell’articolo 5, comma 5 del Dlgs 564/92.
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