Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

In una società a ristretta base azionaria nessun socio può dire che non sapeva

Accertamento Irpef per maggiori redditi di partecipazione

_2388.jpg
L'accertamento per relationem, che fa riferimento ad atti non allegati, è legittimo purché gli atti siano conosciuti o conoscibili dal contribuente. La Cassazione conferma l'operato dell'ufficio Entrate di Agropoli in una lite da oltre 4,5 milioni con un contribuente socio al 62,5% di due Srl attive nel settore della produzione olearia. In caso di società a ristretta base azionaria, spetta al contribuente dimostrare che gli utili non sono stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti; relativamente all'aliquota applicata, è sufficiente l'indicazione di quella minima e massima.

La vicenda prende il via dagli accertamenti compiuti a carico delle due società per maggiori utili non contabilizzati e si concretizza in un avviso di accertamento a un socio, al quale l'Agenzia contesta un maggior reddito netto ai fini dell'Irpef, presumendo che, trattandosi di società di capitali a ristretta base azionaria, i maggiori redditi fossero stati distribuiti ai soci (nel caso specifico tre).

Il socio, il cui ricorso era già stato respinto in primo e in secondo grado, si è rivolto alla Cassazione, sostenendo l'illegittimità dell'accertamento e contestando in particolare la motivazione per relationem, che era alla base dell'atto, il riferimento cioè in un provvedimento amministrativo (l'accertamento al socio) a un altro provvedimento (l'accertamento alle società). Inoltre, il contribuente contestava la mancata indicazione dell'aliquota applicata - in quanto nell'accertamento erano riportante soltanto le aliquote minime e massime - e la presunzione da parte dell'Amministrazione fiscale di distribuzione ai soci dei maggiori redditi delle società.

La Corte di cassazione, che ha dato ragione all'agenzia delle Entrate su tutti i fronti, ha respinto il ricorso, sottolineando la legittimità dell'accertamento per relationem, in quanto il contribuente di certo conosceva o poteva conoscere gli atti di accertamento relativi alle società di cui era socio, che tra l'altro erano già definitivi per mancata impugnazione.
Inoltre, per quanto riguarda la mancata indicazione dell'aliquota applicata, la Corte si è pronunciata in modo diametralmente opposto rispetto a una precedente sentenza. È vero che l'avviso di accertamento a fini Irpef - che indica soltanto l'aliquota minima e massima e non quella intermedia - viola il principio di precisione e di chiarezza delle "indicazioni" che è alla base dell'articolo 42 del Dpr 600/73, tuttavia "l'aliquota applicata era comunque desumibile dal contribuente in forza degli elementi in suo possesso", tenendo anche conto del rinvio alla tabella di legge per la progressione intermedia.

Infine la Corte, confermando la consolidata giurisprudenza in materia, ha sostenuto che "in ipotesi di società di capitali a ristretta base azionaria, in caso di accertamento di utili non contabilizzati, opera la presunzione di attribuzione 'pro quota' ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria che dimostri che i maggiori ricavi siano stati accantonati o reinvestiti".
Prova che il contribuente non ha mai fornito.
URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/societa-ristretta-base-azionaria-nessun-socio-puo-dire-che-non