La vicenda
- la dichiarazione annuale non era omessa ma regolarmente presentata
- la contabilità non poteva essere inattendibile poiché la vigilanza dell’Ufficio italiano cambi sull’attività di commercio dell’oro rappresenta una garanzia del corretto operato del soggetto
- i flussi finanziari sui conti del socio, per acquisire oggettiva validità, avrebbero dovuto essere supportati da altri elementi.
La Commissione aggiunge infine un altro punto importante, e cioè che la responsabilità per le irregolarità rilevate dal Fisco avrebbe dovuto essere imputata non al contribuente ma, semmai, al commercialista, tenutario delle scritture contabili.
La decisione della Cassazione
Al riguardo è stato deciso che, poiché l’obbligo della denuncia dei redditi incombe personalmente sul contribuente, nel caso in cui non sia presentata legittimamente, l’Amministrazione procede ad accertamento induttivo dei redditi ex articolo 39, Dpr 600/1973, senza che assumano rilievo le omissioni (anche di carattere penale) del commercialista cui non sia stato conferito l’incarico di presentare la dichiarazione sottoscritta dal contribuente né sia stato conferito un potere di rappresentanza nella dichiarazione in base all’articolo 8, comma 3, del Dpr 600/1973 (sentenza 17021/2002).
In relazione a quest’ultimo profilo, si ricorda come la Suprema corte (cfr sentenze 1198/2004 e 17579/2003) abbia sottolineato l’importanza di un accertamento in ordine all’esistenza di un’azione cosciente e volontaria ovvero commessa con dolo o quanto meno con colpa (nel rispetto del principio di colpevolezza).
Alla luce di ciò, si è reputato difficile imputare al contribuente la violazione di una regola di condotta nel caso in cui egli si rivolga a un consulente qualificato (commercialista iscritto all’Albo) mettendo a sua disposizione tutta la documentazione occorrente per il corretto adempimento degli obblighi fiscali. In simili casi, la mancanza di volontarietà (e di colpa) escluderebbe la responsabilità del contribuente; quella del professionista, invece, dovrebbe conseguire all’applicazione dell’articolo 10 del Dlgs 472/1997 (autore mediato).
Più di recente, tuttavia, in relazione alle gravi violazioni della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’omessa tenuta delle scritture obbligatorie, il giudice di legittimità, con ordinanze 1472/2010 e 12473/2010, ha ritenuto che “il contribuente... non può considerarsi esente da colpa per il solo fatto di avere incaricato un professionista delle relative adempienze, dovendo egli altresì allegare e dimostrare, al fine di escludere ogni profilo di negligenza, di avere svolto atti diretti a controllare la loro effettiva esecuzione, prova nel concreto superabile soltanto a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento”.
Sul punto occorre però sottolineare che, rispetto all’originario impianto del sistema sanzionatorio tributario (Dlgs 472/1997) - che prevedeva una rigorosa applicazione del principio, di derivazione penalistica, della personalizzazione della sanzione -, l’articolo 7 del Dl 269/2003 (riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie), in vigore dal 2 ottobre 2003, ha fortemente mitigato tale impostazione, prevedendo esplicitamente la responsabilità esclusiva della persona giuridica per la sanzione amministrativa, allorché questa sia relativa al rapporto fiscale della stessa persona giuridica (cfr anche Cassazione 22890/2006).
Ma non basta. Questa breve quanto pregnante pronuncia contiene un altro aspetto interessante, e cioè quello legato ai flussi finanziari e al controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria nel caso di monitoraggio da parte della Consob e dell’Uic.
Ma neppure è stata “azzeccata” dal secondo giudicante la questione dell’onere della prova vigente in materia di indagini finanziarie (accertamenti bancari), di cui agli articoli 51, comma 2, n. 2), Dpr 633/1972 (per l’Iva) e 32, comma 1, n. 2), Dpr 600/1973 (per le imposte sui redditi). Infatti, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità (vedi sentenza 4589/2009 e ordinanza 23873/2010), nel processo tributario, nel caso in cui l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, è onere del contribuente, a carico del quale si determina un’inversione dell’onere della prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili a operazioni imponibili, mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti.