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Giurisprudenza

In solido chi non ricorre paga. Poi eventualmente recupera

Finché non interviene una sentenza favorevole all’altro coobbligato, deve adempiere alle pretese dell’ufficio

La Ctp di Firenze, con la sentenza n. 123/14/09, del 14 ottobre 2009, ha respinto il ricorso di un contribuente che si opponeva a una cartella di pagamento emessa a seguito della mancata impugnazione di un avviso di rettifica e liquidazione relativo a un atto di compravendita di unità immobiliari ubicate nel comune di Firenze. In particolare, l'avviso veniva impugnato solo dalla parte acquirente, ma non dalla ricorrente (parte venditrice), a carico della quale, essendo divenuto definitivo l'atto di accertamento, cominciava la relativa fase di riscossione. Questa, pertanto, non potendo più opporsi all'atto di accertamento, divenuto ormai definitivo, impugnava la cartella di pagamento, conseguente a tale definitività.
Il contribuente non contestava il titolo, ma piuttosto la legittimità della procedura di riscossione, ritenendo che, essendo stato impugnato l'avviso di accertamento dalla parte acquirente, non si poteva richiedere al cedente la somma oggetto di accertamento a titolo definitivo.
Nella sostanza, affermava che il mancato ricorso di una delle parti non varrebbe, comunque, a determinare la definitività del rapporto tributario e quindi la relativa fase riscossoria.

Le norme, però, consentono espressamente di eseguire l'iscrizione a ruolo a titolo definitivo quando il pregiudiziale avviso di accertamento notificato non è stato impugnato (articoli 14 e 25 del Dpr 602/1973) e dispongono, con riferimento all'imposta di registro, che sono solidalmente obbligati al pagamento dell'imposta le parti contraenti (articolo 57 del Dpr 131/1986), considerato che, ai sensi dell'articolo 1306 del codice civile, anche in caso di solidarietà tributaria, al coobbligato che non ha impugnato l'atto impositivo è comunque consentito di opporre all'Amministrazione finanziaria la sentenza favorevole passata in giudicato ottenuta da altro condebitore (il ricorrente).

Alla luce di tali considerazioni, quindi, laddove intervenga una sentenza passata in giudicato del processo radicato dall'altro condebitore, anche la parte che non ha tempestivamente impugnato l'avviso potrebbe eccepire la sopravvenuta esistenza del giudicato fra l'altro debitore in solido e il creditore.

La tesi del contribuente, però, pur corretta nella premessa (possibilità da parte del coobbligato che non ha impugnato l'avviso di eccepire poi la sopravvenuta esistenza del giudicato), era, nel caso di specie, evidentemente errata nella conclusione.
Infatti, seppur è consentito al coobbligato che non ha impugnato l'atto di opporre all'Amministrazione finanziaria la sentenza favorevole, passata in giudicato, ottenuta da altro condebitore, non si può non evidenziare come la regola stabilita all'articolo 1306 del codice civile, comporta però anche la conseguenza che il medesimo contribuente, finché non intervenga una sentenza favorevole all'altro coobbligato, deve comunque pagare tutti i tributi pretesi dall'ufficio con l'atto non impugnato, ferma restando la possibilità di formulare un'autonoma domanda di rimborso di quanto indebitamente versato, una volta che, a seguito del giudizio promosso dal condebitore, le pretese si rivelino poi effettivamente non dovute.
Questa è la sola procedura consentita dalla legge.
La censura al sistema di riscossione, in caso di mancata impugnazione dell'atto presupposto, non può dunque essere utilizzata per sottrarsi alle regole di solidarietà tributaria tipiche dell'imposta di registro.
Come del resto efficacemente spiegato dalla Corte suprema (sentenza 12050/2001) "per tutte le riprese non impugnate, essendo l'accertamento divenuto definitivo, le corrispondenti imposte, in applicazione dell'art. 14 del medesimo D.P.R., dovevano essere iscritte a ruolo nell'intero ammontare, insieme ai relativi accessori. Ciò posto, sussiste il denunciato vizio di violazione di legge, nella considerazione che l'art. 15 del D.P.R. n. 602/1973, mentre poteva trovare doverosa e legittima applicazione per le imposte relative alle riprese non definitive, in quanto impugnate, invece, non poteva e non può dare regolamentazione alla diversa ipotesi, quale quella in esame, in cui l'iscrizione a ruolo è avvenuta a titolo definitivo, perché effettuato sulla base di accertamenti non impugnati nel prescritto termine decadenziale. Tale fattispecie, infatti, andava pacificamente ricondotta alla previsione del precedente art. 14, alla cui stregua, l'operato dell'ufficio, che aveva iscritto nei ruoli e per l'intero ammontare, le imposte liquidate in base alle riprese accertate, e divenute definitive per mancata impugnazione, era a ritenersi legittimo".

Tale conclusione è stata confermata anche dalla Ctp di Firenze, la quale ha affermato che "il principio poi sollevato dalla parte, principio di solidarietà tra condebitori sul rapporto impositivo plurisoggettivo, appare al Collegio Giudicante pretestuoso ... l'omessa impugnazione dell'atto di accertamento rende incontestabile ed esigibile la pretesa del fisco nei confronti dei ricorrenti ...".
Laddove, pertanto, uno dei contribuenti non abbia impugnato nei termini l'avviso, si conferma a pieno titolo il diritto dell'Amministrazione all'iscrizione a titolo definitivo a carico di uno solo dei coobbligati.
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