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Giurisprudenza

Solo al coltivatore i vantaggi
sull’acquisto del fondo agricolo

In tema di bonus relativi all’imposizione e creditizia, la norma presuppone, comunque, il rispetto di condizioni oggettive, necessarie al riordino della piccola proprietà contadina

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Decade dalle agevolazioni fiscali per la piccola proprietà contadina, stabilite dalla legge 604/1954, il contribuente che, dopo l’acquisto, non prova di aver diligentemente agito, in tempo utile, per acquisire la disponibilità del fondo, specie se lo stesso risulta affittato a un terzo. A chiarirlo la Corte suprema, con la sentenza n. 3821 del 16 febbraio 2018.
 
Il fatto
Il contenzioso origina dall’impugnazione di un avviso di liquidazione, emesso per il recupero di una maggiora imposta, ai fini del registro, non ricorrendo, relativamente a un atto di compravendita di un fondo agricolo, i presupposti per le agevolazioni fiscali di cui alla legge 604/1954.
A tal fine occorre ricordare che, per usufruire dell’agevolazione tributaria in questione, gli acquirenti di un fondo devono dimostrare di coltivarlo direttamente; il che, a dire dell’ufficio, non si sarebbe verificato, poiché i contribuenti non avevano iniziato la coltivazione del fondo e lo stesso risultava concesso in affitto, come comprovato dalla denuncia presentata dall’affittuario.
Di qui, l’emissione dell’avviso per il recupero della maggiore imposta, poi impugnato innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cremona.
 
Nello specifico, i ricorrenti lamentano di essersi immediatamente adoperati per ottenere la liberazione del terreno da coltivare. Argomentazioni che trovano anche l’avallo della Commissione che accoglie il ricorso, affermando che la denuncia di affitto sarebbe stata presentata al solo scopo di regolarizzare il versamento dell’imposta e sarebbe stata altresì estranea agli intendimenti dei ricorrenti e dello stesso affittuario.
 
Contro tale pronuncia propone appello l’Agenzia delle entrate lamentando la violazione dell’articolo 7, legge 604/1954, poiché i contribuenti, non solo non hanno mai iniziato la coltivazione diretta dei fondi, in quanto gravati da un contratto d’affitto prorogato ai sensi della legge 203/1982, ma hanno concesso in affitto il medesimo terreno per un’altra annata agricola.
 
L’appello dell’Amministrazione viene accolto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia. Quindi, i contribuenti propongono ricorso per Cassazione, lamentando, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 7, legge 604/1954, in quanto tale norma non comprenderebbe, quale condizione necessaria per ottenere l’agevolazione, la materiale disponibilità del fondo al momento della stipula dell’atto di acquisto. Inoltre, il ritardo nell’inizio della diretta coltivazione non poteva loro imputarsi in quanto avevano tempestivamente esercitato l’azione per ottenere la liberazione del terreno da coltivare.
 
Decisione e osservazioni
I giudici rigettano le doglianze del ricorrente, ritenendo fondata la decisione dei giudici di merito che hanno fatto corretta applicazione dell’articolo 7, legge 604/1954, secondo cui “Decade dalle agevolazioni tributarie l’acquirente, il permutante o l’enfiteuta il quale, prima che siano trascorsi cinque anni dagli acquisti fatti a norma della presente legge, aliena volontariamente il fondo o i diritti parziali su di esso acquistati, ovvero cessa dal coltivarlo direttamente. Inoltre, secondo l’art. 2 della stessa legge, osserva la Corte”.
Muovendo dal dato normativo, la Corte ricorda che in tema di agevolazioni tributarie relative all’imposizione indiretta e creditizia, la norma presuppone, comunque, il rispetto di condizioni oggettive, necessarie al fine di promuovere il riordino della piccola proprietà contadina, come la coltivazione diretta del fondo.
 
Il contribuente dopo l’acquisto del fondo, per non decadere dall’agevolazione fiscale, deve, quanto meno, porre in essere un’attività univocamente diretta a coltivare il fondo. Tale attività dovrà essere improntata alla massima diligenza (cfr Cassazione, 1927/2001) e dovrà essere altresì diretta a non ingenerare equivoci nell’Amministrazione e ad acquisire un idoneo materiale probatorio diretto a dimostrare detta diligenza.
Questo, a giudizio della Corte, non è avvenuto, posto che la “denuncia, pur se proveniente non dai ricorrenti ma dall’affittuario è frutto di una condotta negligente dei primi dato che tale denuncia è avvenuta dopo l’atto di acquisto e dunque essi ben avrebbero potuto prevederne gli effetti negativi invitando l’affittuario a chiarire meglio la sua situazione agli uffici competenti e facendo immediatamente anche loro altrettanto”.
 
L’esigenza di una condotta diligente è stata confermata in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità (cfr Cassazione, 984/2017), secondo cui, “il contribuente il quale non adempia l’obbligo di produrre all’Ufficio il certificato definitivo attestante la sua qualifica di imprenditore agricolo professionale entro il termine decadenziale di tre anni dalla registrazione dell’atto, non perde il diritto ai benefici ove provi di aver diligentemente agito per conseguire la certificazione in tempo utile senza riuscire nello scopo per colpa degli uffici competenti, e detta diligenza, che deve essere adeguata alle circostanze concrete, richiede al contribuente non solo di formulare tempestivamente l’istanza ma anche di seguirne l’“iter”, fornendo la documentazione mancante eventualmente richiesta dall’ufficio”.
 
Peraltro, come correttamente rilevato dalla Ctr, la tesi attorea circa l’erronea presentazione di denuncia del contratto di affitto da parte dell’affittuario, in luogo della comunicazione della rinuncia anticipata alla conduzione del fondo, non sarebbe suffragata da alcun elemento probatorio; a ciò, si aggiunga la considerazione che le norme che riconoscono esenzioni o agevolazioni tributarie non sono suscettibili di applicazione analogica a causa del loro carattere eccezionale.
Peraltro, conclude la Corte, il contribuente che abbia acquistato un fondo agricolo non decade dalle agevolazioni fiscali unicamente se la mancata coltivazione del fondo agricolo derivi da fatti obiettivi sopravvenuti non riconducibili all’acquirente sotto un profilo soggettivo; di contro, l’assenza, di un comportamento diligente, come quello tenuto dai ricorrenti, che non si sono attivati per ottenere la liberazione del fondo da coltivare, ha come conseguenza la decadenza dal beneficio e il recupero della maggiore imposta.
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