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Giurisprudenza

Somme importanti ai collaboratori:
l’impresa familiare non evita l’Irap

Non spetta il rimborso del tributo all’agente di commercio che, come rilevato dai modelli di dichiarazione presentati, corrisponde compensi significativi ai suoi “aiutanti”

I compensi corrisposti in maniera continuativa ai collaboratori sono un elemento rilevante ai fini dell’assoggettamento a Irap dell’impresa familiare, in quanto apportano all’attività di impresa una ricchezza ulteriore rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare.
Queste le conclusioni cui è giunta la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 16742 del 6 luglio 2017.
 
Il fatto
La controversia trae origine dal diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate alle istanze di rimborso Irap relative agli anni dal 2001 al 2004 presentate da un contribuente esercente l’attività di agente di commercio.
Il ricorso del contribuente avverso il diniego summenzionato era stato accolto sia dalla Commissione tributaria provinciale che da quella regionale.
 
Avverso la sentenza dei giudici d’appello l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione delle disposizioni in tema di Irap.
La Corte di cassazione, ritenendo fondato il motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, ha deciso per la cassazione della sentenza con rinvio alla Ctr in diversa composizione.
 
La decisione
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denunciava violazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 2 e 3 del Dlgs 446/1997, con riferimento alla parte in cui la sentenza ha escluso la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione nei confronti del contribuente esercente l’attività di agente di commercio che, nei periodi d’imposta oggetto di istanza di rimborso, si era avvalso del lavoro altrui a opera di collaboratori dell’impresa familiare.
 
Il tema del contendere attiene, ancora una volta, la questione dell’autonoma organizzazione quale presupposto dell’Irap previsto dall’articolo 2 del Dlgs 446/1997.
È oramai orientamento consolidato che il requisito dell’autonoma organizzazione ricorra quando il contribuente, in qualità di diretto responsabile della struttura organizzativa, impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione o si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Sulla base di tali principi, i giudici di legittimità hanno ritenuto erroneo quanto contenuto nella sentenza impugnata, secondo cui sarebbe da escludere la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione dell’attività svolta dal contribuente sul presupposto che questi corrispondesse a terzi, in maniera occasionale, compensi di non rilevante entità.
 
Nel caso di specie invece, contrariamente a quanto rilevato dai giudici di merito, il contribuente aveva corrisposto quote per collaboratori facenti parte dell’impresa familiare di valore consistente, come rilevato dai modelli di dichiarazione presentati per i periodi d’imposta oggetto della richiesta di rimborso.
Alla luce dei fatti in causa, le conclusioni della Ctr appaiono in contrasto con i principi affermati dalla stessa Corte di cassazione, in ultimo con l’ordinanza 12616/2017, in quanto i compensi corrisposti in maniera continuativa ai familiari hanno fatto acquisire all’attività di impresa “quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare”.
 
Se ne deduce, pertanto, che la collaborazione continuativa dei familiari all’attività d’impresa deve essere valutata come sintomatica della sussistenza del relativo presupposto impositivo.
Da qui l’accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.
 
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