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Giurisprudenza

Sospensione del pagamento Iva:
all’esportatore abituale l’esclusiva

Il fornitore non matura il plafond necessario per accedere allo speciale “meccanismo” agevolativo che consente di acquistare beni e/o servizi senza applicazione dell’imposta

Per fruire della sospensione del pagamento dell'Iva, prevista dall’articolo 8, comma 1, lettera c), del Dpr 633/1972, il plafond deve essere alimentato esclusivamente dalle cessioni alle esportazioni contemplate dalle lettere a) e b) del medesimo articolo e il diritto a fruirne, acquistando o importando beni o servizi senza pagamento dell’imposta, va riconosciuto soltanto agli esportatori abituali. Il plafond non va invece calcolato sulle fatturazioni di operazioni di cui alla predetta lettera c) dell’articolo 8 che, pur sempre non imponibili, vengono effettuate dai soggetti fornitori dei predetti esportatori abituali.
È questo, il principio che si ricava dalla sentenza della Cassazione n. 5852 del 24 marzo 2016.

Il giudizio di merito
L’Agenzia delle Entrate rettificava, ai fini Iva, la dichiarazione dell’anno 2003, negando al contribuente il diritto di usufruire del plafond ai fini della sospensione del pagamento dell’imposta sul valore aggiunto.
In particolare, nell’avviso di accertamento si contestava al contribuente il diritto alla maturazione e all’utilizzazione del plafond in quanto non aveva effettuato nessuna cessione all’esportazione di cui all’articolo 8, comma 1, lettere a) e b), bensì soltanto cessioni non imponibili effettuate nei confronti di esportatori abituali a norma della successiva lettera c) del medesimo articolo.

In seguito all’impugnazione del contribuente, la Commissione tributaria provinciale respingeva il ricorso.
Nel giudizio di appello, la Commissione tributaria regionale ribaltava l’esito in favore della parte privata. I giudici ritenevano che nella formazione del plafond fosse giusto far concorrere anche le operazioni di cessione cui alla lettera c), poiché la qualifica di esportatore sarebbe stata comune a tutti gli operatori che compiono le operazioni di esportazioni previste dalle lettere a), b) e c) dell’articolo 8.
L’Agenzia ricorreva in Cassazione affidandosi a un unico motivo.

La pronuncia della Cassazione.
La Cassazione ha respinto il ricorso del contribuente, condannandolo alla refusione delle spese di lite sostenute per il giudizio di legittimità, oltre alle spese prenotate a debito.
Nel ricorso, l’Agenzia ha sostenuto che gli acquisti in sospensione d’imposta sono consentiti soltanto ai soggetti che hanno compiuto le operazioni di esportazione previste dall’articolo 8, comma 1, lettere a) e b) (ossia esportazioni “dirette” fuori dal territorio della Comunità) ovvero dai successivi articoli 8-bis e 9 (operazioni assimilate alle esportazioni), nonché cessioni intracomunitarie di cui al Dl 331/1993, il cui ammontare, rispetto all’anno precedente, sia stato comunque superiore al 10% del volume di affari determinato ai sensi dell’articolo 20 del Dpr Iva e nei limiti dell’ammontare dei corrispettivi di tali cessioni e prestazioni.

I giudici di legittimità, facendo proprie le doglianze dell’Agenzia, hanno chiarito che “Il plafond è alimentato dalle operazioni contemplate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, lett. a) e b) ed il diritto a fruirne, acquistando o importando beni o servizi senza pagamento dell'imposta, va riconosciuto agli esportatori abituali e non già ai loro fornitori che non lo siano”.

Osservazioni
Per evitare di penalizzare dal punto di vista finanziario i contribuenti che effettuano esportazioni e cessioni intracomunitarie piuttosto consistenti rispetto al volume d’affari, i quali, di conseguenza, rischierebbero di rimanere in permanente attesa del rimborso dell’eccedenza d’imposta, il legislatore ha previsto, per tali soggetti, una procedura che prevede la facoltà di acquistare beni e/o servizi senza applicazione dell’imposta. Il “meccanismo”, previsto nella lettera c) del citato articolo 8, consiste nel considerare non imponibili anche le cessioni di beni (tranne i fabbricati e le aree edificabili) e le prestazioni di servizi fatte a soggetti che abbiano compiuto abitualmente cessioni all’esportazione oppure operazioni intracomunitarie, e chiedano al loro fornitore di non applicare l’imposta sull’operazione di acquisto e/o di importazione. La sospensione del pagamento, ai sensi del successivo comma 2, è riconosciuta nei limiti nei limiti delle esportazioni od operazioni assimilate registrate nell’anno solare precedente (plafond fisso) o nei dodici mesi precedenti (plafond mobile), per un ammontare superiore al 10% del complessivo volume d’affari.

Tali norme dispongono per la non imponibilità delle cessioni effettuate nei confronti dell’esportatore abituale e incidono esclusivamente sulla esecutività del debito Iva, permettendone, in sostanza, l’estinzione mediante compensazione con i crediti Iva contratti dall’esportatore durante la sua attività.
Da intendere diversamente è, invece, la non imponibilità prevista per le cessioni alle esportazioni previste dall’articolo 8 lettera a) (cessioni - anche tramite commissionario - di beni che siano trasportati o spediti fuori del territorio comunitario, a cura o in nome del cedente o del suo commissionario) e b) (cessioni a cura o per conto del cessionario, a condizione che questi non sia residente nello Stato e l’invio fuori dalla Comunità avvenga entro novanta giorni dalla consegna). Quest’ ultima ipotesi di non imponibilità non si riflette sull’esecutività del debito come avviene per le operazioni di cui alla lettera c) ma incide, direttamente, sulla sua sussistenza, determinando l’estinzione del debito.
Leggendo le norme in quest’ottica, risulterebbe, dunque, errato riconoscere al mero fornitore del soggetto qualificabile come esportatore abituale, il diritto all’utilizzo del plafond calcolato su operazioni non imponibili fatturate ex articolo, 8 comma 1, lettera c). In sostanza, si tratta di una non imponibilità diversa da quella contemplata dalle lettere a) e b) dell’articolo 8 a cui il legislatore non ha inteso concedere un trattamento agevolato. Tale casistica non è dunque compatibile con la ratio ispiratrice della norma.

In definitiva, l’applicazione della disciplina del plafond, così come desumibile anche dalla interpretazione letterale combinata degli articoli 8 del Dpr 633/1972, e 1 del Dl 746/1983 (che specifica, nel dettaglio, le condizioni per poter utilizzare il plafond) non può che essere fruita dai soggetti che abbiano effettuato cessioni all’esportazione di cui alle sole lettere a) e b) dell’articolo 8, per corrispettivi superiori al 10% del complessivo volume di affari e nei limiti dell’ammontare complessivo dei corrispettivi delle cessioni all’esportazione di cui di cui alle predette lettere, registrate nell’anno solare precedente o nei dodici mesi precedenti.
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