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Giurisprudenza

Spese di consulenza, per la deducibilità
al contribuente la prova dell'inerenza

Non è sufficiente documentare l'esistenza e la natura del costo, nonché i relativi fatti giustificativi, ma è necessario dimostrare la sua concreta destinazione alla produzione

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La Corte di cassazione ha stabilito che, ai fini della deducibilità, dal reddito d’impresa, delle spese di consulenza per la partecipazione a gare d’appalto, il contribuente non può limitarsi a fornire i relativi documenti di spesa oppure a dimostrare la contabilizzazione dei costi, ma deve almeno precisare la tipologia di gare d'appalto cui si riferiscono le consulenze ricevute e provare che le gare sono attinenti all’oggetto sociale. Questi i contenuti dell'ordinanza n. 12380 depositata l'11 maggio scorso.

La vicenda
Una spa siciliana impugnava l'avviso di accertamento con cui le veniva attribuito un maggior reddito imponibile, rispetto al dichiarato, ai fini Irpeg ed Irap, nonché un maggior volume d'affari ai fini Iva, sulla base del recupero a tassazione di alcuni costi dedotti.
La Ctp di Catania, investita in prima battuta della controversia, accoglieva il ricorso, annullando l'atto impositivo.
L'ufficio, allora, instaurava il processo di seconde cure e la Ctr della Sicilia accoglieva parzialmente l'appello, dichiarando fondato il recupero a tassazione di uno dei costi e confermando, invece, l'annullamento della ripresa a tassazione quanto alle spese legali e per l'attività professionale del  commercialista.

Il ricorso di legittimità
L'Amministrazione finanziaria, quindi, proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi di diritto, sul primo dei quali è opportuno, in questa sede, soffermare la nostra attenzione.
L'ufficio, infatti, deduceva la violazione e/o la falsa applicazione dell'articolo 109 Tuir, dell'articolo 21 Dpr 633/1972 e degli articoli 2697 e 2727, in rapporto all'articolo 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile.
In sostanza, la tesi erariale era che la Ctr siciliana avesse errato laddove aveva confermato l'annullamento della ripresa a tassazione dei costi per spese legali e di commercialista sulla sola base della produzione delle fatture emesse dai professionisti, senza alcuna verifica del requisito dell'inerenza dei suddetti costi e del fatto che l'onere della prova gravasse sul contribuente.

La decisione
La Cassazione, nell'accogliere il ricorso della parte pubblica, premette che, nel caso di specie, il contribuente aveva prodotto in causa le fatture emesse da un legale e dal commercialista, e la Ctr della Sicilia, sulla sola base della produzione documentale, aveva ritenuto il costo deducibile, dandone, evidentemente, per implicita l'inerenza.

Il requisito dell'inerenza
Tuttavia, anche nell'accezione più ampia del concetto di inerenza, cioè come riferita all'attività di impresa in generale e non ai ricavi, la stessa Cassazione ha affermato che l'onere di provare e documentare non solo l'imponibile maturato, e dunque l'esistenza e la natura del costo, nonché i relativi fatti giustificativi, ma anche la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto d'impresa, grava sul contribuente (Cassazione n. 30366/2019).
Dunque, se può ritenersi che, nel caso di specie, la società abbia provato l'esistenza e la natura del costo, nonché il suo importo, occorre soffermarsi sulla prova della correlazione con l'attività di impresa.
In questo senso - rileva la Cassazione - il difensore della società affermava che la fatture erano state da lui emesse per attività svolte in favore di Alfa per attività di impresa, precisando che si trattava di consulenze per la possibile partecipazione a gare d'appalto.
In sostanza, l'avvocato e il commercialista avrebbero visionato della documentazione per valutare la partecipazione della società a gare d'appalto: da qui, la descrizione dell'attività, presente in fattura, come “consulenza per gare d'appalto”.

L'onere della prova gravante sul contribuente
Ebbene, sul punto, la Suprema corte osserva come la Ctr non abbia compiuto alcuna valutazione esplicita.
E' pur vero che la stessa Cassazione ha stabilito che quando si tratta di costi che hanno chiaro rapporto con l'attività di impresa l'assolvimento dell'onere della prova a carico del contribuente può ritenersi semplificato in quanto, a fronte degli elementi di fatto addotti dal contribuente, l'Amministrazione finanziaria può contestarne soltanto la carenza o insufficienza ovvero addurre l'esistenza di circostanze di fatto idonee, in concreto, ad inficiare gli stessi (Cassazione, n. 33504/2018).
Tuttavia, gli stessi giudici di legittimità, hanno anche affermato, in un caso simile a quello di specie, il principio per cui, in tema di imposte sui redditi e con riguardo ai reddito di impresa, la semplice produzione di documenti di spesa (si trattava di "note spese" liquidate da una società ai propri dipendenti) non prova, di per sé, la sussistenza del requisito della inerenza all'attività di impresa.
A tal riguardo, infatti, perché un costo possa essere incluso tra le componenti negative del reddito, non solo è necessario che ne sia certa l'esistenza, ma occorre altresì che ne sia comprovata l'inerenza, vale a dire che si tratti di spesa che si riferisce ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa. Per provare tale ultimo requisito, non è sufficiente, poi, che la spesa sia stata dall'imprenditore riconosciuta e contabilizzata, atteso che una spesa può essere correttamente inserita nella contabilità aziendale solo se esiste una documentazione di supporto, dalla quale possa ricavarsi, oltre che l'importo, la ragione della stessa (Cassazione n. 11241/2017).

Conclusioni
Alla luce dei principi giurisprudenziali di riferimento, che orientano in un senso preciso la prova del requisito dell'inerenza, la società contribuente avrebbe, allora, dovuto provare quanto meno a quale tipologia di gare d'appalto si riferivano le consulenze ricevute, e quindi le fatture, in particolare se erano attinenti con l'oggetto sociale.
In teoria, infatti, il costo in questione avrebbe potuto riferirsi a gare d'appalto in settori completamente diversi da quelli dell'attività dell'impresa.
Il contribuente, in definitiva, il quale non aveva mai avuto cura di specificare in che modo i costi in questione fossero inerenti all'attività di impresa, aveva l'onere di precisare questo aspetto.

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