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Giurisprudenza

Spese indeducibili senza fattura
e senza alcuna traccia di pagamento

Non basta desumere la realtà dell’operazione solo dal fatto che i beni “incriminati” sono stati rinvenuti, circostanza che non era fra le prove acquisite precedentemente

calcolatrice
Con ordinanza n. 6837 del 19 marzo, la Cassazione, accogliendo il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, ha stabilito che non può essere dedotto un costo, né detratta la relativa Iva, qualora a carico della ditta fornitrice non siano rinvenute la fattura e alcuna registrazione contabile comprovante l’operazione; ulteriore indizio sintomatico dell’inesistenza della transazione era l’inesistenza di un rapporto bancario capace di dimostrare l’effettivo incasso delle somme trasferite mediante bonifico.
 
La vicenda processuale
La Ctr di Catanzaro respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate, confermando così una decisione della Ctp di Cosenza che aveva annullato un avviso di accertamento e connessa cartella (per la precisione si trattava di due ricorsi poi riuniti) per Irpeg e Iva relative all’anno di imposta 2001. Tali atti impositivi rinvenivano la loro fonte in un pvc della Guardia di finanza, con il quale erano state contestate indebite detrazioni, in relazione a operazioni ritenute inesistenti.
 
In particolare la Ctr, dopo aver puntualizzato che spetta all’ufficio, anche attraverso elementi indiziari, confutare la veridicità oggettiva e soggettiva delle fatture, ha motivato ritenendo che “nel caso concreto siffatti indizi non potevano considerarsi integrati dalla mancata registrazione delle fatture e dei pagamenti da parte della società fornitrice laddove ... sono stati rinvenuti i beni oggetto della fatturazione de qua”.
 
L’Agenzia proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Con il secondo motivo (che è stato l’unico a essere trattato dall’ordinanza, con conseguente assorbimento del primo), l’Agenzia lamentava l’insufficiente od omessa motivazione su fatto controverso decisivo, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 5, del cpc, per aver il giudice di merito fatto una superficiale valutazione delle risultanze presuntive emerse dal pvc a supporto della non genuinità delle operazioni sottostanti. Tali risultanze indiziarie consistevano:
 
  • nel fatto che dal controllo effettuato a carico della ditta fornitrice non era stata rinvenuta alcuna fattura né alcuna registrazione contabile relativa all’operazione di vendita della merce
  • nella totale assenza di un rapporto bancario che avrebbe dovuto dimostrare l’effettivo incasso delle somme trasferite alla predetta ditta con bonifico.
 
Inoltre, il giudice di secondo grado avrebbe desunto la prova della realtà delle operazioni nella circostanza che fossero “stati rinvenuti i beni oggetto della fatturazione”, circostanza della quale non vi era traccia alcuna nelle fonti di prova acquisite nei due gradi di merito.
 
La pronuncia della Cassazione e ulteriori osservazioni
La Suprema corte, con l’ordinanza in commento, emessa ai sensi dell’articolo 375 cpc, ha accolto il ricorso dell’Agenzia per manifesta fondatezza.
Infatti, la Ctr non ha tenuto conto degli elementi indiziari forniti dall’Agenzia e delle conseguenze logiche che da questi potevano trarsi, limitandosi, con motivazione scarna e apodittica, a ritenere “insussistenti gli elementi di prova”.
 
Nella fattispecie concreta, parte ricorrente ha evidenziato una pluralità di elementi di fatto non adeguatamente e specificamente considerati dal giudice del merito (risultanti dalle indagini espletata dalla Guardia di Finanza e riepilogati nel Pvc) che costituiscono senz’altro idonei indici sintomatici di una possibile decisione ingiusta, siccome capaci di generare una difettosa ricostruzione del fatto dedotto in giudizio.
In altri termini, secondo la Cassazione, la Ctr non avrebbe adeguatamente e analiticamente argomentato sulle circostanze fornite dall’Agenzia, essendosi limitata, con valutazione complessiva e non analitica, a considerare non sufficiente il quadro indiziario fornito dall’Amministrazione finanziaria.
 
Il Supremo collegio non ha quindi operato una valutazione sulla giustizia, in termini di stretto diritto, della decisione di appello, ma ha dato atto dell’esistenza di indici sintomatici di una possibile decisione ingiusta, per aver omesso la Ctr qualsiasi valutazione sulle conseguenze logiche che potevano desumersi dagli elementi forniti, con inevitabili ripercussioni sulla motivazione della sentenza. Tali valutazioni saranno ora da approfondire a cura della Ctr, cui la causa è ritornata a seguito di rinvio operato dall’ordinanza de qua.
 
In ultimo, il provvedimento decisorio in commento si segnala più per le implicazioni di tipo processualistico (in particolare si sofferma sul vizio di omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, di cui all’articolo 360, comma 1, n. 5, cpc) che per quelle di natura sostanziale, riguardanti la fattispecie dell’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (con tutte le conseguenze e le differenze del caso a seconda della tipologia di imposte – dirette o Iva – e del tipo di inesistenza, oggettiva o soggettiva).
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