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Giurisprudenza

Sport dilettantistico: per l’esonero
non rileva l’iscrizione al Coni

A sfavore la gestione di un bar, localizzato all’interno dello stadio comunale, esercitata dal circolo, che non rientra tra le finalità istituzionali e deve considerarsi attività di natura commerciale

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L'esenzione d'imposta, prevista dall'articolo 148 del Tuir in favore delle associazioni sportive dilettantistiche, dipende non solo dall'elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall'effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro. L’onere probatorio, che incombe sempre sull’ente, non può ritenersi soddisfatto dal dato dell'affiliazione al Coni, essendo invece rilevante che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell'atto costitutivo o nello statuto, la cui redazione è obbligatoria.
Questi sono i principi espressi dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 10980 del 9 giugno 2020.

I fatti
Con avviso d’accertamento, redatto a seguito di processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle entrate contestava, a una società sportiva dilettantistica, la mancata redazione dell’atto costitutivo e dello statuto, nonché l’omessa comunicazione, al competente ufficio dell’Agenzia, dell’opzione di aderire al regime speciale: requisiti necessari per poter usufruire del regime agevolato di tassazione previsto dalla legge n. 398/1990. Inoltre, nel corso dei controlli, i verificatori avevano rilevato la presenza di un bar gestito dalla società sportiva, localizzato all’interno dello stadio comunale, i cui corrispettivi non erano stati dichiarati avendo la società omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi.

Avverso l’atto impositivo la società proponeva ricorso, accolto parzialmente dai giudici di primo grado, con sentenza confermata in appello. Qui, il giudice di merito ha riconosciuto la sussistenza del diritto ai benefici fiscali perché la società, con riferimento al periodo d’imposta accertato, aveva effettivamente svolto la propria attività nel settore dilettantistico partecipando al campionato organizzato dalla Figc-Lega dilettanti.
L’ufficio finanziario ha, quindi, impugnato la decisione della Ctr, lamentando violazione delle disposizioni previste in materia di regime agevolativo in favore delle società sportive dilettantistiche, sia dal punto di vista formale che sostanziale. A tal fine è irrilevante la circostanza della partecipazione dell’ente al campionato dilettantistico, non sussistendo alcuna relazione tra l'attività sportiva effettivamente svolta e l'applicazione del regime fiscale agevolato, avente natura meramente opzionale.
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato tale motivo di ricorso e ha cassato, in via definitiva, la sentenza di secondo grado impugnata, con conseguente rigetto dell’originario ricorso proposto dalla società.

La decisione
Il tema al centro della controversia attiene allo speciale regime fiscale previsto dalla legge n. 398/1991, in favore di particolari categorie di enti non commerciali associativi, tra cui associazioni e società sportive dilettantistiche senza fini di lucro.
In ragione di tale regime opzionale gli enti, che nel corso del periodo d’imposta precedente hanno conseguito proventi derivanti da attività commerciale per un importo non superiore a 400mila euro, determinano in via forfettaria il reddito imponibile e l’Iva e godono di semplificazioni in termini di adempimenti contabili e dichiarativi, nonché di certificazione dei corrispettivi.
Inoltre l’articolo 148 (già 111) del Tuir prevede la “decommercializzazione” ai fini Ires delle attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, verso il pagamento di corrispettivi specifici, “nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali (…)”.

Il quadro è completato dalle disposizioni contenute nell’articolo 90 della legge n. 289/2002 il quale, al comma 18, dispone che le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro, che vogliono godere dei benefici fiscali, devono essere costituite con “atto scritto” contenente i seguenti dati e informazioni:

  1. la denominazione
  2. l'oggetto sociale con riferimento all'organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l'attività didattica
  3. l'attribuzione della rappresentanza legale dell'associazione
  4. l'assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette
  5. le norme sull'ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell'elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative per le quali si applicano le disposizioni del codice civile
  6. l'obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari
  7. le modalità di scioglimento dell'associazione
  8. l'obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni.

Sul tema, la Corte di cassazione ha chiarito che, ai fini della fruizione del regime agevolativo, lo statuto e l’atto costitutivo delle associazioni sportive dilettantistiche devono essere integrati con le clausole statutarie previste dall’articolo 111, comma 4-quinques (ora articolo 148, comma 8) del Tuir, confermando, seppur indirettamente, l’obbligatorietà della redazione dei documenti societari quali requisiti essenziali per accedere al regime.
Secondo l’orientamento costante del Collegio di legittimità, infatti, “l'esenzione d'imposta prevista dall'art. 148 del d.P.R. n. 917 del 1986 in favore delle associazioni non lucrative (nella specie, un'associazione sportiva dilettantistica), dipende non solo dall'elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall'effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, dell'affiliazione al CONI, essendo invece rilevante che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell'atto costitutivo o nello statuto.”

Anche la mancata comunicazione all’Agenzia delle entrate dell’opzione per il regime di cui alla legge n. 398/1991 costituisce una violazione sostanziale ai fini dell’accesso al regime agevolativo, a prescindere dall’avvenuta comunicazione alla Siae.
Sul punto, la circolare n. 18/2018 ha chiarito che, al contrario, la mancata presentazione della comunicazione alla Siae non comporta la decadenza dal regime agevolativo in esame, in presenza di comportamento concludente del contribuente e di regolare comunicazione all’Agenzia delle entrate dell’opzione, che ha natura costitutiva ai fini della fruibilità dello stesso regime.

Per quanto attiene, infine, all’aspetto della qualificazione dell'attività di gestione di un bar-ristoro da parte di un ente non lucrativo, la Corte ha sempre affermato che, in linea di principio, detta attività può essere qualificata come "non commerciale" ai fini dell'imposta sul valore aggiunto e di quella sui redditi solo in caso sia strumentale rispetto ai fini istituzionali dell'ente e sia svolta solo in favore degli associati. Tuttavia la gestione di un bar esercitata da un circolo culturale, anche se effettuata ai propri associati, non rientra in alcun modo tra le finalità istituzionali del circolo e deve, dunque, ritenersi ai fini del trattamento tributario, attività di natura commerciale (così Cassazione nn. 15474/2018 e 21406/2012).

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