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Giurisprudenza

Stop al “giudicato riflesso”
se il proprio ricorso è respinto

Questo anche nel caso in cui la sentenza “personale” di segno negativo abbia carattere meramente processuale (inammissibilità per tardiva impugnazione dell’avviso di liquidazione)

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In tema di solidarietà tributaria, la possibilità, per il coobbligato d’imposta, di usufruire della sentenza, passata in giudicato, emessa in una controversia tra l’amministrazione e altro condebitore incontra l’ostacolo dell’eventuale presenza, nei confronti del coobbligato stesso, di un diverso e contrario pronunciamento.
Il principio è stato espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 5725 del 23 marzo 2016.
 
L’iter processuale di merito
La vicenda giudiziaria trae origine da un atto di compravendita stipulato il 30 settembre 2003, con il quale veniva venduto un appezzamento di terreno per un valore dichiarato pari a 7.700 euro.
L’Agenzia delle Entrate provvedeva alla notifica di un avviso di accertamento, a seguito del quale rettificava il valore del suindicato cespite immobiliare a 29.900 euro.
A seguito di ricorso presentato dall’acquirente, la Commissione tributaria provinciale di Viterbo, con sentenza passata in giudicato in quanto non impugnata, statuiva l’annullamento dell’avviso di liquidazione.
 
La parte venditrice, che non aveva impugnato il predetto atto impositivo, proponeva, per converso, ricorso avverso la cartella di pagamento notificatale, al fine di avvalersi del giudicato favorevole dell’acquirente coobbligato solidale.
Il ricorso veniva rigettato dall’adita Ctp di Viterbo, così come non veniva accolto il successivo appello proposto dalla parte alienante sulla base del fatto che quest’ultima aveva provveduto all’impugnativa dell’originario avviso di liquidazione oltre il termine legale dei sessanta giorni decorrenti dalla sua notifica.
 
Avverso la sentenza della Ctr del Lazio, il soggetto venditore ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando due motivi di impugnativa.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con apposito controricorso.
Con il primo motivo di ricorso, la parte lamentava la nullità della sentenza di secondo grado per violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 del codice di procedura civile in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3), cpc, in quanto la Ctr aveva ritenuto valida la pronunzia di prime cure sebbene sottoscritta dal solo relatore a causa del decesso del presidente e impedimento del giudice anziano.
Con il secondo motivo, censurava la nullità della sentenza di Ctr per violazione e falsa applicazione dell’articolo 1306, comma 2, del codice civile, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3), cpc, per non avere, i giudici di appello, ritenuto di estendere il giudicato favorevole ottenuto dall’acquirente coobbligato solidale, in quanto la ricorrente/venditrice aveva tardivamente impugnato l’avviso di liquidazione oltre il termine di sessanta giorni.
 
La decisione
La Cassazione, con la sentenza n. 5725 del 23 marzo 2016, ha respinto il ricorso.
I giudici di legittimità, affrontando il primo motivo proposto dalla parte, lo hanno rigettato, in quanto l’eccepita nullità della sentenza sottoscritta dal solo relatore (per morte del presidente e impedimento del giudice anziano) ai sensi del combinato disposto degli articoli 132, 118, 276 cpc e 119 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile non si può qualificare come insanabile.
Viene richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale recepito dalla sentenza delle sezioni unite 11021/2014, in base al quale “La Sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale priva di una delle due sottoscrizioni (del presidente del collegio ovvero del relatore) è affetta da nullità sanabile ai sensi dell’articolo 161, primo comma, cpc (cfr “La nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione”) trattandosi di sottoscrizione insufficiente e non mancante, la cui sola ricorrenza comporta la non riconducibilità dell’atto al giudice, mentre una diversa interpretazione, che accomuni le due ipotesi con applicazione dell’articolo 161, secondo comma, cpc deve ritenersi lesiva del principi del giusto processo e della ragionevole durata”.
 
In ordine alla seconda doglianza esposta da parte ricorrente e legata alla possibilità di avvalersi del giudicato favorevole del coobbligato solidale, è stata ritenuta altrettanto infondata.
In primo luogo, la Cassazione riferisce di un principio stabilito in similare controversia tra l’Amministrazione finanziaria e un condebitore solidale afferente l’estensione del giudicato ai sensi dell’articolo 1306 cc e contenuto nella sentenza 14814/2011, secondo cui, in tema di solidarietà tributaria, la possibilità, per il coobbligato di utilizzare il giudicato favorevole emesso in un differente contenzioso instaurato dall’altro coobbligato, agisce, è vero, quale conseguenza della unicità del correlato avviso di liquidazione, ma incontra il limite della formazione di un giudicato contrario, sul medesimo punto.
Pertanto, il coobbligato non può richiamare, a proprio beneficio, la differente e successiva pronuncia emessa nei confronti di altro debitore solidale rimasto non inerte ma che abbia, a sua volta, instaurato la controversia conclusasi (in senso per lui negativo) con sentenza avente il requisito dell’autosufficiente efficacia nei suoi confronti (cfr senso conforme sentenza 134/2003 e ordinanza 276/2013).
 
Nel caso in esame, la Cassazione ha ritenuto che la Ctr aveva legittimamente ritenuto inammissibile l’appello della parte venditrice in quanto:
  • la stessa aveva tardivamente impugnato il prodromico avviso di liquidazione e, di conseguenza, le era preclusa la possibilità di usufruire del giudicato favorevole emesso nei confronti del coobbligato solidale
  • si era in presenza di un giudicato diretto pronunciato nei loro riguardi non assumendo alcuna rilevanza la natura sostanzialmente processuale della sentenza stessa (cfr Cassazione, 18025/2004).
Considerazioni conclusive
In tema di solidarietà tributaria, la possibilità, per il coobbligato d’imposta, di usufruire, ai sensi del più volte richiamato articolo 1306 cc, della sentenza – passata in giudicato – emessa in una controversia tra l’Amministrazione finanziaria e altro condebitore (giudicato riflesso) incontra l’ostacolo dell’eventuale presenza, nei confronti del coobbligato stesso, di un diverso e contrario pronunciamento.
In conclusione, anche la sentenza avente un carattere meramente processuale (come, nella fattispecie de qua, quella emessa dalla Ctr del Lazio che ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello per i motivi infra esposti) rappresenta un limite alla concreta applicazione del predetto principio del giudicato riflesso.
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