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Giurisprudenza

Lo stop dell’attività va da solo.
È norma veramente “speciale”

La misura punitiva accessoria della sospensione è espressamente svincolata dalle disposizioni generali che regolano le sanzioni amministrative in materia tributaria

lucchetto
Il contribuente, che definisce in via agevolata la sanzione principale irrogata per ripetute violazioni delle norme tributarie relative all’emissione dello scontrino fiscale, può vedersi comminare anche la sanzione accessoria della sospensione dell’esercizio dell’attività.
Lo ha affermato la Cassazione, con la sentenza n. 22491 del 2 ottobre.
 
I fatti
A seguito di cinque processi verbali di constatazione redatti dalla Guardia di finanza di Jesolo negli anni dal 1998 al 2001 venivano accertate, a carico di una società in accomandita semplice (esercente l’attività stagionale di trattoria e pizzeria), plurime violazioni delle norme che regolano l’emissione di scontrini e ricevute fiscali. Di conseguenza, l’ufficio di San Donà di Piave disponeva, con provvedimento dell’8 luglio 2002, la sospensione per 15 giorni dell’autorizzazione amministrativa all’esercizio dell’attività (articolo 12, comma 2, Dlgs 471/1997).
Contro il provvedimento, la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Venezia, evidenziando di avere provveduto al pagamento, in via agevolata, delle sanzioni pecuniarie derivanti dai pvc e che tale definizione (articolo 16, comma 3, Dlgs 472/1997) impediva l’irrogazione della sanzione sospensiva accessoria.
L’Agenzia si difendeva controdeducendo che l’articolo 12, comma 2, Dlgs 471/1997, essendo norma speciale rispetto all’articolo 16, comma 3, Dlgs 472/1997, costituiva una deroga al principio di inapplicabilità delle sanzioni accessorie.
 
In entrambi i gradi di merito la società contribuente è risultata parte vittoriosa.
In particolare, la Commissione tributaria regionale del Veneto rigettava l’appello del Fisco e osservava che, comminando entrambe le sanzioni, quella accessoria non avrebbe avuto come presupposto l’irrogazione della sanzione “principale (ma solo la definitività dell’accertamento della violazione), venendo a perdere la complementarietà, caratteristica ontologica delle sanzioni accessorie”.
 
L’Agenzia, quindi, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando (ex articolo 360, comma 3, cpc) l’errata applicazione e violazione degli articoli in questione e ribadendo la specialità dell’articolo 12 sia per la sua collocazione sistematica (nel Dlgs 471/1997, dedicato alla disciplina della violazioni di norme in tema di specifiche imposte) sia per il suo tenore letterale (con particolare riferimento all’inciso “anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie”).
 
La Corte ha accolto il ricorso e ha affermato che l’articolo 12, comma 2, Dlgs 471/1997, “… ha carattere speciale rispetto alla norma generale…” contenuta nell’articolo 16, comma 3, Dlgs 472/1997, “come appare evidente dalla stessa collocazione sistematica delle due norme, con la conseguenza che l’irrogazione di detta sanzione non è impedita dalla definizione agevolata prevista da quest’ultima disposizione”.
 
Osservazioni
La Corte, quindi, ha negato la possibilità di estendere gli effetti della definizione agevolata della sanzione principale a quella accessoria della sospensione.
Ha, dunque, risolto l’apparente contrasto tra le due norme sulla base del principio di specialità (Cassazione, sentenze nn. 2439/2007; 22459, 25468 e 25671 del 2008; 10960, 19626 e 24012 del 2009; 13577, 14469 e 22976 del 2010; 9890/2011; 3216, 21565 e 22976 del 2013), partendo dal dato letterale.
 
In particolare, l’articolo 16, comma 3, Dlgs 472/1997, stabilisce che, nel termine previsto per ricorrere, è possibile definire la violazione con il pagamento di un importo pari a un quarto della sanzione indicata (primo periodo) e che tale definizione agevolata “impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie” (ultimo periodo).
Con riferimento all’articolo 12, comma 2, Dlgs 471/1997 (rubricato “sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto”), i giudici di legittimità hanno evidenziato che la norma dispone (nel testo applicabile ratione temporis) la sospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per un periodo da quindici giorni a due mesi, qualora siano state definitivamente accertate, in tempi diversi, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio.
 
Anche se gli interventi legislativi hanno modificato i presupposti della condotta e la misura della sanzione, la disposizione ha sempre conservato (comma 2) l’inciso secondo cui la sospensione è comminata “anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del decreto legislativo recante i principi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria”.
Sembrerebbe, quindi, che la definizione agevolata produca effetti sulle sanzioni accessorie e, quindi, anche sulla sospensione che è qualificata proprio ex lege “sanzione accessoria”.
Ma così non è.
La Corte, infatti, ha evidenziato che emerge dall’ultima parte del comma 2, dell’articolo 12, Dlgs 471/1997, che la sanzione della sospensione è espressamente svincolata dalle disposizioni contenute nel Dlgs 472/1997 e, quindi, anche dall’articolo 16.
 
Sulla specifica questione relativa al rapporto tra le due norme è intervenuta anche l’Amministrazione finanziaria. In particolare, è stato chiarito che la sanzione della sospensione è speciale e va applicata anche quando il soggetto interessato abbia definito in via agevolata la sanzione principale (circolare n. 23/1999, risoluzione n. 150/2007). È stato altresì precisato che la sospensione va annoverata tra le sanzioni accessorie che non hanno come presupposto indefettibile l’irrogazione della sanzione principale, essendo tale sanzione svincolata dalle sorti della sanzione principale (circolare n. 23/1999).
 
Nella prassi, come nella giurisprudenza, l’interpretazione testuale dell’articolo 12, è risultata, pertanto, l’unica dotata di una coerenza logica e sistematica.
Infine, con l’ultima nota della Corte: assume rilievo la recidività nelle violazioni fiscali, a prescindere dall’essere state o meno definite dal contribuente (Cassazione, sentenza n. 10594/2011), poiché le stesse violazioni costituiscono, nel loro insieme, la fattispecie unica punita con la sanzione della “sospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività”.
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