Non è ammessa la detrazione dell'Iva sull'acquisto di un capannone ad uso commerciale se l'imprenditore non fornisce la prova dell'inerenza dell'acquisto all'esercizio dell'impresa.
Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza n. 7465 del 27 marzo 2009.
La vicenda
La controversia trae origine dall'impugnazione di un avviso di accertamento, con il quale l'agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione l'Iva risultante dalle fatture di acquisto di un capannone a uso commerciale, il quale era stato venduto a una società, esercente il commercio all'ingrosso "di cuscinetti e accessori e di qualsiasi altro articolo affine o similare", per poi essere destinato a finalità non inerenti l'esercizio d'impresa.
La Ctp respingeva il ricorso della società, con decisione che veniva confermata dalla Commissione tributaria di secondo grado.
I giudici di appello rilevavano innanzitutto che l'istituto della detrazione Iva si applica solo in presenza di uno stretto rapporto di inerenza e di strumentalità del bene acquistato con lo svolgimento dell'attività produttiva. In questo caso, invece, l'acquisto del capannone non presentava alcun collegamento con l'attività "di commercio di cuscinetti e articoli industriali", dal momento che era stato immediatamente ceduto in affitto a terzi.
Contro la sentenza di secondo grado, la società contribuente ricorre per cassazione, lamentando che la Ctr avrebbe violato il principio di neutralità dell'imposta, garantito dall'articolo 19 del Dpr n. 633/1972, secondo il quale gli imprenditori hanno diritto alla detrazione per intero dell'imposta gravante sulle spese sostenute nell'esercizio della propria attività, senza che sia rilevante il mancato utilizzo del bene nell'attività medesima.
La sentenza
I giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso presentato dal contribuente, osservando che il primo comma del richiamato articolo 19, consentendo al compratore di portare in detrazione l'Iva addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore, quando si tratti di acquisto effettuato nell'esercizio d'impresa, richiede oltre alla qualità d'imprenditore dell'acquirente, l'inerenza del bene acquistato all'attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene stesso rispetto a detta specifica attività. In più, lascia la dimostrazione di detta inerenza o strumentalità a carico del soggetto che ha acquistato il bene, senza alcuna eccezione per il caso di acquisto effettuato da una società commerciale (cfr Cassazione, sentenze 4517/2000, 7418/2001, 3518/2006 e 16730/2007).
È stato, inoltre, osservato che il chiaro tenore letterale del citato articolo "non è superabile invocando esigenze di coerenza del sistema, in relazione a quanto stabilisce l'art. 4, secondo comma, dello stesso Dpr 633/1972, ove reputa "in ogni caso" effettuate nell'esercizio dell'impresa le cessioni di beni sociali, dato che il diverso trattamento dell'atto di acquisto con la necessità della suddetta prova, trova giustificazione nella potenziale riconducibilità di esso ai fini extrasociali".
In altre parole, mentre le cessioni di beni da parte di società commerciali sono da considerare "in ogni caso", cioè senza eccezioni, effettuate nell'esercizio d'impresa, analoga regola non opera con riguardo agli acquisti, in quanto l'inerenza non può essere presunta in virtù della semplice qualità d'imprenditore costituito sotto forma di società, ma occorre accertare che le operazioni medesime siano effettivamente compiute nell'esercizio d'impresa.
Né, ha aggiunto la Corte, "può fondatamente invocarsi il principio della "neutralità" dell'Iva, posto che la compensabilità della tassazione fra operazioni attive e passive, rispondendo alla logica dello spostamento del complessivo prelievo tributario sul "fruitore finale", postula che quelle operazioni siano gli anelli della catena economica che porta il bene ad un consumatore diverso e, quindi, non è invocabile dall'imprenditore che assuma al di fuori dell'esercizio d'impresa la veste di consumatore del bene acquistato" (cfr Cassazione, sentenza 4517/2000).
Insomma, non conforta la tesi della ricorrente neppure il canone della "neutralità" dell'Iva (che prevede l'obbligo di versare l'imposta per l'operatore che incassa e la possibilità di recuperare l'Iva per l'operatore che la paga), posto che requisito per la detraibilità dell'imposta assolta sugli acquisti effettuati dall'imprenditore è proprio l'inerenza delle operazioni passive all'attività imprenditoriale.
Alla luce delle considerazioni sopra espresse, la Corte ha ritenuto che la società acquirente, in mancanza di prova circa l'inerenza dell'acquisto del capannone a uso commerciale all'esercizio dell'impresa, non avrebbe potuto detrarre l'Iva addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore. Ciò anche in considerazione del fatto che la società aveva ceduto a terzi in affitto il predetto immobile, dimostrando maggiormente "la rispondenza dell'acquisto medesimo soltanto a fini estranei all'oggetto sociale".
Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)