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Giurisprudenza

Successioni ante riforma:
titoli esteri senza agevolazione

Inoltre, secondo i giudici toscani, la norma esclude chiaramente che il valore dell'azienda che concorre a formare il patrimonio caduto in eredità possa essere inferiore a zero

immagine di titoli di Stato tedeschi
La Ctr di Firenze, con la sentenza n. 1197 depositata il 18 giugno 2018, ha deciso che la modifica, intercorsa nel 2014, che ha riguardato l'articolo 12 del Testo unico sulle successioni, rappresenta una nuova disposizione e non una modifica interpretativa: di conseguenza, tra le voci patrimoniali esenti non potevano figurare i titoli del debito di altri Paesi, anche se comunitari.

Il fatto e il processo
La vicenda prende le mosse da un avviso di liquidazione per imposta di successione, notificato ad alcuni contribuenti fiorentini.
Gli eredi lamentavano, avanti alla Commissione tributaria provinciale di Firenze, essenzialmente due circostanze:
  • che l'Agenzia delle entrate non avesse riconosciuto, nel passivo ereditario, un'ingente somma a titolo di debiti della società agricola di cui il de cuius era socio al 99 per cento
  • che l'ufficio avesse ritenuto non esenti - contrariamente alla prospettazione di parte ricorrente - i titoli di Stato tedeschi Brd, in quanto all'epoca l'agevolazione era limitata ai titoli di Stato italiani, nonostante l'analogia, delle due tipologie di titoli ai fini delle imposte dirette, circa la tassazione degli stessi, fissata al 12,5 per cento.
Di contrario avviso si mostrava l'ufficio, che difendeva l'avviso di liquidazione notificato, non solo alla luce della normativa di riferimento, ma anche sulla base della giurisprudenza della suprema Corte.

I giudici di primo grado respingevano il ricorso e la vertenza, a seguito di appello dei contribuenti, giungeva avanti ai giudici regionali toscani.

Il deliberato della Ctr di Firenze
I giudici regionali, nel respingere l'appello dei contribuenti, osservano che l'articolo 16, comma 1, lettera b), Dlgs 346/1990 dispone che "per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, non quotati in borsa, né negoziati al mercato ristretto, nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell'ente o della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all'ente o alla società al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h) e i) dell'art. 12".

La lettura della norma esclude chiaramente - a parere della Ctr di Firenze - che il valore della società che concorre a formare il patrimonio caduto in successione possa essere inferiore a zero, proprio perché l'azienda costituisce un cespite patrimoniale che concorre a determinare la base imponibile dell'imposta sulle successioni (in questo senso, vedasi anche il principio chiaramente espresso da Cassazione 8662/2011).

L'esenzione dei titoli di debito
Passando allo scrutinio della seconda ragione di doglianza degli appellanti, circa la pretesa esenzione dei titoli di debito del tesoro tedeschi Brd, i giudici regionali chiariscono che, in base alle norme vigenti, l'esclusione di questi titoli dal patrimonio esente è dovuta.
Difatti, l'articolo 12 del Tus elenca in modo tassativo e non esemplificativo le voci esenti: tra queste, osserva la Ctr, non figuravano i titoli del debito di altri Paesi, anche se comunitari.
Il legislatore, infatti, proprio in adeguamento alla normativa comunitaria, ha modificato il contenuto della norma del Tus appena richiamata solo nel 2014: detto novum non ha rappresentato una modifica interpretativa, ma una nuova disposizione.

In definitiva - conclude la Commissione toscana - nessun significato può avere, ai fini processuali, il fatto che, sotto il profilo reddituale, i titoli Brd scontino la stessa aliquota del 12,5% dei titoli italiani, né può aver rilievo alcuno il fatto, peraltro allegato ma non provato dai contribuenti, che sulla assimilazione ai titoli di Stato italiani avesse dato assicurazioni il venditore degli stessi.

Osservazioni conclusive
Il Dl 66/2014, modificando l'articolo 12 del Tus, ha stabilito che non concorrono a formare l'attivo ereditario i titoli del debito pubblico, ivi compresi i "corrispondenti titoli del debito pubblico emessi dagli Stati appartenenti all'Unione europea e dagli Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo".
Pertanto, è solo dal 2014 che l'esenzione riguarda - per quanto ci occupa - i titoli di debito pubblico tedeschi.

Invero, alcune risalenti prospettazioni, seppur minoritarie, tentavano di sostenere, conformemente all'interpretazione proposta dai contribuenti nel caso in questione, l'esenzione dei titoli del debito esteri, sulla scorta dell'analogia del prelievo impositivo ai fini delle imposte dirette (12,5%) e, dunque, in ultima analisi, alla luce di esigenze di parità del trattamento tributario.
Purtuttavia, appare prevalente il principio, dettato dall'articolo 11 delle preleggi, secondo cui la legge non dispone che per l'avvenire.
Il principio di irretroattività, nel diritto tributario, par d'uopo ricordare, è stato ulteriormente ribadito da parte dell'articolo 3 della legge 212/2000 (Statuto del contribuente), il quale dispone che, escluse le norme interpretative autentiche, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo.
Orbene, non vi sarebbe ragione, mancando una espressa indicazione del legislatore in tal senso, applicare retroattivamente la norma introdotta nel 2014, venendo altrimenti meno la coerenza del sistema tributario, per come disegnato dalla legge.
 
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