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Giurisprudenza

Sulla exit tax, il modello europeo
non consente l’esigibilità immediata

Gli eurogiudici si sono soffermati sulla compatibilità del regime tributario spagnolo con la libertà di stabilimento sancita e contenuta nel diritto comunitario

exit tax
La vicenda trae origine dal ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione europea contro la Spagna. Oggetto del ricorso la normativa tributaria spagnola relativa all’imposta sulle società, in base alla quale, in caso di trasferimento della residenza o degli attivi di una società stabilita in Spagna in un altro Stato membro, o in caso di cessazione delle attività di una stabile organizzazione in Spagna, di una società non residente, le plusvalenze non ancora realizzate erano comunque assoggettate ad imposizione nell’esercizio fiscale nel corso del quale si realizzava il trasferimento o la cessazione dell’attività in Spagna.
Secondo la Commissione europea la predetta normativa tributaria spagnola comportava una restrizione, non proporzionata e non giustificata, della liberta di stabilimento. Ciò, in quanto determinava una disparità di trattamento fiscale tra chi continuava a risiedere nel territorio spagnolo e chi si trasferiva ovvero cessava l’attività.
 
La pronuncia della Corte
Con la sentenza in commento la Corte ha accolto solo in parte, le argomentazioni della Commissione ricorrente. Secondo i giudici europei, nella misura in cui la normativa nazionale spagnola prevede l’immediata imposizione delle plusvalenze in occasione del trasferimento della residenza o degli attivi di una società stabilita in Spagna verso un altro Stato membro, comporta una restrizione alla libertà di stabilimento. Ad avviso della Corte, in questi casi, una società è finanziariamente penalizzata rispetto a una società simile che effettua tale trasferimento sul territorio spagnolo, le cui plusvalenze derivanti da siffatte operazioni sono incluse nella base imponibile dell’imposta sulle società soltanto nel momento in cui vengono effettivamente realizzate. Tale disparità di trattamento è tale da dissuadere una società dal trasferire le proprie attività sul territorio spagnolo verso un altro Stato membro.
A giudizio della Corte, invece, non vi è una disparità di trattamento, nella misura in cui la normativa nazionale spagnola prevede l’assoggettamento a imposta delle plusvalenze non realizzate sugli attivi destinati a una stabile organizzazione che cessa le sue attività in Spagna. Tale imposizione, infatti, non consegue a un trasferimento in un altro Stato membro della residenza o degli attivi di una società residente sul territorio spagnolo, ma semplicemente ad una cessazione delle sue attività. La sentenza consolida ulteriormente il primato della liberta europea di stabilimento ed il conseguente divieto di misure nazionali che ne vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio (Cfr. sentenza 5 ottobre 2004, C-442/02).

La nozione di libertà di stabilimento
La libertà di stabilimento - secondo la giurisprudenza dell’Unione - comprende, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nel territorio dell’Unione, il diritto di svolgere la loro attività in altri Stati membri mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (Cfr. sentenze: 23 ottobre 2008, C-157/07; 25 febbraio 2010, C-337/08) ed è applicabile ai trasferimenti di attivi di una società verso un altro Stato membro, a prescindere dalla questione se la società di cui trattasi trasferisca la propria sede statutaria e la propria direzione effettiva al di fuori del territorio di uno Stato membro o se trasferisca attivi di una stabile organizzazione ubicata nel territorio di uno Stato membro verso un altro Stato membro (cfr. sentenze: 29 novembre 2011, C-371/10; 6 settembre 2012, C-38/10). Nell’esame della questione posta, la Corte ha preso in considerazione la circostanza che obiettivo del regime spagnolo è quello di salvaguardare l’esercizio della competenza tributaria nazionale. Tuttavia, la Corte ha ritenuto tale regime non proporzionato all’obiettivo perseguito.
Al riguardo, i giudici europei rammentano il proprio orientamento circa la soluzione che riesca a conciliare potere impositivo nazionale e libertà di Stabilimento senza far perdere allo Stato della fonte il proprio potere d’imposizione: differire l’esercizio del potere impositivo al momento del realizzo nel nuovo Stato di residenza.
Ciò, ribadendo che una normativa nazionale che offra, alla società che trasferisce la residenza o sede della propria direzione effettiva in un altro Stato membro, la scelta tra, da un lato, il pagamento immediato dell’imposta e, dall’altro, il pagamento differito di tale imposta, se del caso maggiorato di interessi, costituirebbe una misura meno lesiva per la libertà di stabilimento rispetto alle misure previste dalla normativa tributaria spagnola.
 
Le conclusioni degli eurogiudici
Secondo la Corte, invece, la possibilità di ottenere dilazioni di pagamento - che in base alla normativa spagnola è soggetta a diverse condizioni e può essere disposta, in casi di difficile situazione economica e finanziaria del contribuente - non può essere considerata una alternativa alla tassazione immediata della plusvalenza latente. Evidenzia, infine, la Corte, che gli attuali meccanismi di mutua assistenza tra le autorità degli Stati membri nonché la direttiva 2008/55/CE del 2008 (oggi sostituita dalla Direttiva 2010/24/UE) sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da imposte sono sufficienti a permettere allo Stato di origine di eseguire un controllo della veridicità delle dichiarazioni delle società che scegliessero il pagamento differito dell’imposta nonché di riscuotere efficacemente il predetto debito d’imposta nello Stato membro di trasferimento.
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