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Giurisprudenza

Sulle penalità per mancato rispetto
del periodo di fedeltà, c’è l’Iva

A parere degli eurogiudici, il pagamento degli importi pattuiti avviene comunque nell’ambito di un rapporto giuridico caratterizzato da uno scambio di reciproche prestazioni

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La Corte di giustizia Ue ha sentenziato che, gli importi versati dai clienti all’operatore telefonico portoghese, per inosservanza del periodo minimo di impegno contrattuale, al quale erano legati vantaggi economici, costituiscono la retribuzione di una prestazione di servizi a titolo oneroso e scontano l’Iva (Corte Ue dell’11 giugno 2020, Causa C-43/19)

La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame riguarda l’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), nonché degli articoli 9, 24, 72 e 73 della direttiva Iva 2006/112/Ce ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società all’amministrazione tributaria portoghese in ordine all’autoliquidazione dell’Iva.
La società svolge prestazioni di servizi nel settore delle comunicazioni elettroniche, della telefonia fissa e dell’accesso wi-fi.
Nell’ambito della sua attività, stipula con i propri clienti contratti di fornitura di servizi, alcuni dei quali prevedono clausole promozionali speciali soggette a condizioni di fedeltà, per un periodo minimo predeterminato (il “periodo di fedeltà”).
Sulla base di queste clausole, i clienti si impegnano a mantenere un rapporto contrattuale con la società e a utilizzare i beni e i servizi forniti da quest’ultima durante tale periodo, in cambio di condizioni commerciali vantaggiose, in particolare, per quanto attiene al prezzo da pagare per i servizi pattuiti.
L’inosservanza da parte dei clienti del periodo di fedeltà, per motivi a essi imputabili, comporta il pagamento degli importi previsti dai contratti.
La società ha prima provveduto all’autoliquidazione dell’Iva sulla base degli importi percepiti per l’inosservanza del periodo di fedeltà. Successivamente, ha proposto un ricorso amministrativo contro l’atto di autoliquidazione di tale imposta, in quanto la società ha ritenuto che gli importi non fossero soggetti a Iva.

Tanto premesso, la controversia è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue alcune questioni, con cui chiede, sostanzialmente, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva Iva debba essere interpretato nel senso che occorre considerare che gli importi percepiti da un operatore economico in caso di risoluzione anticipata, per motivi propri al cliente, di un contratto di prestazione di servizi che preveda il rispetto di un periodo di fedeltà in cambio della concessione di condizioni commerciali vantaggiose, costituiscano la retribuzione di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso.

Le valutazioni della Corte Ue
Una prestazione di servizi viene effettuata “a titolo oneroso”, ai sensi del citato articolo 2 della Direttiva, solo quando tra il prestatore e il destinatario intercorre un rapporto giuridico nel quale avviene uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo del servizio fornito al destinatario. Ciò si verifica quando sussiste un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto.
Nel caso all’attenzione della Corte Ue, in base alle indicazioni fornite dal giudice del rinvio, gli importi sono calcolati secondo una formula definita contrattualmente, nel rispetto di condizioni previste nel diritto nazionale.
Da tali indicazioni emerge che gli importi non possono superare i costi sostenuti dal prestatore di servizi nell’ambito della gestione degli stessi e devono essere proporzionali al vantaggio attribuito al cliente che, in quanto tale, è stato identificato e calcolato nel contratto concluso con il prestatore.
Pertanto, tali importi non corrispondono automaticamente al valore delle prestazioni in scadenza alla data della risoluzione del contratto, né agli importi che il prestatore avrebbe percepito nel restante periodo di fedeltà se non si fosse verificata la risoluzione.
Nell’ipotesi in esame, il controvalore dell’importo pagato dal cliente alla società è costituito dal diritto del cliente di beneficiare dell’esecuzione, da parte dell’operatore, degli obblighi derivanti dal contratto di prestazione di servizi, anche se il cliente non intende o non può avvalersi di tale diritto per un motivo a esso imputabile.
Infatti, la società pone il cliente in condizione di usufruire della prestazione di servizi, e la cessazione di detta prestazione non è a essa ascrivibile.

Da una parte, la società si impegna a fornire ai propri clienti le prestazioni di servizi stabilite nei contratti, alle condizioni riportate negli stessi, dall’altra, i clienti si impegnano a pagare le mensilità pattuite e, se del caso, gli importi dovuti, qualora i contratti vengano risolti prima della scadenza del periodo di fedeltà, per motivi a essi imputabili.
In questo contesto, gli importi in argomento corrispondono al recupero di una parte dei costi associati alla prestazione dei servizi che l’operatore ha fornito e che i clienti si sono impegnati a rimborsare in caso di risoluzione.
Pertanto, per quanto attiene alla realtà economica, che costituisce un criterio fondamentale per l’applicazione del sistema comune dell’Iva, l’importo dovuto in caso di risoluzione anticipata del contratto mira a garantire all’operatore una remunerazione contrattuale minima della prestazione effettuata.
Di conseguenza, qualora i clienti non rispettino il periodo di fedeltà, la prestazione di servizi deve essere considerata realizzata, poiché gli stessi clienti sono stati posti in condizione di beneficiare di tali servizi.
Inoltre, sia il servizio da fornire sia il corrispettivo del diritto di beneficiare di tale servizio sono determinati al momento della conclusione del contratto tra la società e i propri clienti.
In particolare, il corrispettivo del servizio versato dal cliente non è né gratuito e aleatorio, né incerto, risultando determinato secondo criteri ben definiti, che precisano sia le mensilità sia le modalità di calcolo dell’importo per risoluzione anticipata.

La Corte Ue osserva, altresì, che nonostante il calcolo dell’importo sia disciplinato da disposizioni legislative e regolamentari, risulta pacifico che il pagamento dello stesso importo avviene nell’ambito di un rapporto giuridico caratterizzato da uno scambio di reciproche prestazioni tra il prestatore di servizi e il suo cliente e che, in tale ambito, il pagamento costituisce un obbligo contrattuale a carico di quest’ultimo.

Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che occorre considerare che gli importi percepiti da un operatore economico in caso di risoluzione anticipata, per motivi propri del cliente, di un contratto di prestazione di servizi che preveda il rispetto di un periodo di fedeltà, in cambio della concessione di condizioni commerciali vantaggiose costituiscano la retribuzione di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso, quindi imponibili Iva.


Data sentenza
11 giugno 2020

Numero della causa
C-43/19

Nome delle parti
Vodafone Portugal – Comunicações Pessoais SA
contro
Autoridade Tributária e Aduaneira

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