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Giurisprudenza

Sulle successioni sì a riduzione
d’imposta, ma a patto che…

I giudici chiamati a pronunziarsi su una questione pregiudiziale incentrata sulla compatibilità tra le disposizioni del diritto comunitario e la normativa fiscale tedesca in tema di eredità

successioni testamentarie
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 63, paragrafo 1, e dell’articolo 65 TFUE ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone un contribuente all’amministrazione finanziaria tedesca in merito al rifiuto di quest’ultima di concedere al primo il beneficio di una riduzione dell’imposta sulle successioni alla quale è assoggettata l’eredità di sua madre.

I protagonisti della controversia
Tale contribuente residente in Germania è l’unico erede di sua madre, deceduta nel 2007 in questo stesso Stato membro, in cui si trovava il luogo della sua ultima residenza. Il patrimonio ereditario della madre era costituito, in sostanza, dalla quota detenuta da quest’ultima nell’eredità della figlia, deceduta in Austria, paese in cui risiedeva anche la madre fino al decesso della figlia. Poiché la devoluzione dell’eredità della figlia era stata compiuta in Austria solo dopo la morte della madre, la relativa imposta di successione è stata versata dall’erede. Nella denuncia di successione relativa alla morte della madre, l’erede iscriveva l’imposta di successione da lui assolta in Austria tra i passivi dell’eredità e, dall’altra, chiedeva una riduzione dell’imposta di successione sulla base della disciplina tedesca sull’imposta sulle successioni. L’amministrazione finanziaria tedesca deduceva l’imposta di successione assolta in Austria a titolo di passivo ereditario, ma rifiutava di concedere la riduzione dell’imposta richiesta.

La questione pregiudiziale
La vicenda approdava dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte UE la seguente questione, con cui domanda, in sostanza, se l’articolo 63, paragrafo 1, e l’articolo 65 TFUE ostino a una normativa di uno Stato membro, che prevede, in caso di successione a favore di persone rientranti in una determinata classe d’imposta, una riduzione dell’imposta sulle successioni laddove l’eredità contenga un patrimonio che, nei dieci anni ad essa precedenti, è già stato oggetto di trasmissione ereditaria, a condizione che per quest’ultima sia stata riscossa l’imposta sulle successioni in tale Stato membro.
 
Le valutazioni della Corte di giustizia
La successione in esame contiene un patrimonio derivante da una precedente successione intervenuta tra la sorella e la madre dell’erede in Austria dove era allora ubicato tale patrimonio e dove queste risiedevano alla data del decesso della sorella. Tale elemento transfrontaliero è la ragione per la quale non è stata concessa all’erede la riduzione dell’imposta sulle successioni. Poiché la predetta situazione non può essere considerata una situazione puramente interna, la successione configura un’operazione rientrante nella nozione di movimenti di capitali ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE.
Occorre, pertanto, esaminare se la disciplina interna applicabile al caso di specie, costituisca una restrizione ai movimenti di capitali ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE e, in caso affermativo, se una siffatta restrizione sia giustificata.
La Corte ha già dichiarato che una normativa di uno Stato membro, che fa dipendere l’applicazione di un vantaggio fiscale in materia di successioni, quale una deduzione sulla base imponibile, dal luogo di residenza del ‘de cuius’ o del beneficiario o dal luogo dei beni compresi nella successione, costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE quando questa fa sì che le successioni che coinvolgono non residenti o che comprendono beni situati in un altro Stato membro sono soggette a un onere fiscale maggiore di quello gravante sulle successioni che coinvolgono soltanto residenti o che comprendono unicamente beni situati nello Stato membro di imposizione e, pertanto, ha quale effetto la diminuzione del valore dell’eredità.

La normativa fiscale della Germania
Nel caso di specie, l’articolo 27 delle legge tedesca sull’imposta sulle successioni dispone che una riduzione dell’imposta sulle successioni è concessa per l’acquisizione, mortis causa, di un patrimonio, laddove tale patrimonio, nei dieci anni precedenti detta acquisizione, sia già stato oggetto di acquisizione ereditaria da parte di persone rientranti nella medesima classe di imposta e laddove per tale acquisizione anteriore sia stata riscossa l’imposta sulle successioni in Germania. Poiché tale imposta è riscossa, quando il de cuius, alla data del decesso, o l’acquirente, alla data del fatto generatore dell’imposta, hanno il proprio domicilio o la propria residenza sul territorio nazionale o quando i beni devoluti configurano un ‘patrimonio interno’, la concessione della riduzione dell’imposta sulle successioni presuppone che il patrimonio in questione si trovasse in Germania al momento della precedente successione o, se era situato all’estero, che almeno una delle parti interessate da tale successione risiedesse in Germania.
Tale normativa fa dunque dipendere il beneficio della riduzione dell’imposta sulle successioni dal luogo dei beni compresi nell’eredità al momento della precedente successione e dal luogo di residenza del defunto o del beneficiario all’epoca di tale precedente successione.
Da ciò deriva che un’eredità comprendente beni che erano situati in un altro Stato membro in occasione della precedente successione, in cui nessuna delle parti interessate risiedeva in Germania, è soggetta a un’imposta sulle successioni più elevata rispetto a quella riscossa in caso di successione comprendente soltanto beni ubicati in Germania al tempo di una precedente successione o comprendente beni situati in un altro Stato membro in occasione di una precedente successione di cui almeno una delle parti interessate risiedeva in Germania. Pertanto, tale normativa ha come effetto di diminuire il valore dell’eredità.

Il confronto con la normativa comunitaria
Ne consegue che tale disciplina configura una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE. Per quanto riguarda un’eventuale giustificazione fondata sull’articolo 65 del TFUE, occorre considerare che, ai sensi del paragrafo 1, lettera a), di tale articolo, l’articolo 63 TFUE “non pregiudica il diritto degli Stati membri (...) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale”. Tale disposizione dell’articolo 65 TFUE, poiché costituisce una deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, deve essere oggetto di un’interpretazione restrittiva. Bisogna distinguere le disparità di trattamento consentite ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE dalle discriminazioni arbitrarie vietate in base all’articolo 65, paragrafo 3, TFUE. A tal riguardo, emerge dalla giurisprudenza della Corte UE che, affinché una normativa tributaria nazionale che, ai fini del calcolo dell’imposta sulle successioni o sulle donazioni, opera una distinzione tra i residenti e i non residenti o tra i beni situati sul territorio nazionale e quelli ubicati al di fuori di detto territorio possa essere considerata compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la disparità di trattamento riguardi situazioni che non siano oggettivamente comparabili o che essa sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Con riferimento alla comparabilità delle situazioni in questione, è pacifico che la disciplina in esame pone sul medesimo piano, ai fini dell’imposta sulle successioni, le persone rientranti nella stessa classe di imposta e residenti sul territorio nazionale che acquisiscono mortis causa un’eredità comprendente beni che, nei dieci anni precedenti la successione, sono già stati oggetto di una successione i cui beneficiari rientravano nella medesima classe d’imposta, a prescindere dalla situazione di tali beni o dal luogo di residenza delle parti da questa interessate al momento di tale precedente successione.

Il motivo imperativo di interesse generale
La disparità di trattamento operata dalla normativa in esame riguarda situazioni che sono oggettivamente comparabili. Bisogna pertanto, analizzare se una tale normativa possa essere oggettivamente giustificata da un motivo imperativo di interesse generale, quale la necessità di preservare la coerenza del sistema fiscale richiamata dal giudice del rinvio ed invocata dal governo tedesco. A tal proposito, la Corte UE ha già riconosciuto che la necessità di preservare la coerenza di un sistema fiscale può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato. Tuttavia, affinché una simile giustificazione possa essere accolta, è necessario che sia accertata l’esistenza di un nesso diretto tra l’agevolazione fiscale in questione e la compensazione di tale agevolazione con un determinato prelievo fiscale, dovendosi valutare il carattere diretto di tale nesso con riguardo all’obiettivo della normativa di cui si tratta

Il nesso diretto tra agevolazione e prelievo fiscale
La mancata concessione della riduzione di detta imposta nel caso di una precedente acquisizione soggetta ad imposizione esclusivamente all’estero sarebbe oggettivamente connessa al fatto che la Repubblica federale di Germania non ha potuto gravare tale acquisizione e riscuotere i tributi corrispondenti. Sulla base di tali elementi risulta  che, prevedendo che possono beneficiare della riduzione dell’imposta sulle successioni soltanto le persone che ricevono mortis causa un’eredità per la quale è stata riscossa tale imposta in Germania in occasione di una precedente successione, la configurazione di detta agevolazione fiscale riflette una logica simmetrica. Tale logica verrebbe meno se tale agevolazione fiscale fosse estesa anche a eredi di un patrimonio che non ha determinato la riscossione dell’imposta sulle successioni in tale Stato membro.
Da ciò deriva che, in tale regime di esenzione dall’imposta sulle successioni, sussiste un nesso diretto tra detta agevolazione fiscale e il prelievo precedente.
Certamente, la Corte ha dichiarato, in controversie che non rientrano nell’ambito delle imposte sulle successioni, che manca un legame diretto quando si tratta, in particolare, di imposte distinte o del trattamento fiscale di soggetti passivi diversi.
Inoltre, è necessario, affinché una siffatta restrizione sia giustificata, che questa sia adeguata e proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito. Nel caso di specie, la riduzione dell’imposta sulle successioni limitata a situazioni in cui detto patrimonio ha comportato un’imposizione in Germania appare proporzionata. Pertanto, la restrizione ai movimenti di capitali derivante da tale normativa è giustificata dalla necessità di preservare la coerenza del sistema fiscale.
 
Le conclusioni della Corte di giustizia
Tutto ciò premesso, la Corte UE perviene alla conclusione che l’articolo 63, paragrafo 1, e l’articolo 65 TFUE non ostano a una normativa di uno Stato membro, che, in caso di acquisizione mortis causa da parte di persone rientranti in una determinata classe d’imposta, prevede una riduzione dell’imposta sulle successioni laddove l’eredità contenga un patrimonio che, nei dieci anni precedenti, è già stato oggetto di acquisizione ereditaria, a condizione che per quest’ultima sia stata riscossa l’imposta sulle successioni in tale Stato membro.
 
 
Data della sentenza
30 giugno 2016
Numero della causa
Causa C-123/15
Nome delle parti
  • Max-Heinz Feilen
contro
  • Finanzamt Fulda
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