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Giurisprudenza

La superficie o il volume d’affari?
La scelta dipende dalla precisione

La Corte di giustizia chiamata a fornire indicazioni sulla preferenza del metodo da adottare per il calcolo del diritto a detrazione Iva nell’ipotesi di locazione di diverse parti di un immobile

locazione parti di una casa
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 17, 19 e 20 della sesta direttiva Iva ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società immobiliare all’amministrazione finanziaria tedesca in ordine alle modalità di calcolo da utilizzare per determinare il diritto alla detrazione dell’Iva dovuta o assolta per i beni e i servizi acquisiti per la costruzione, la manutenzione, l’utilizzo e la conservazione di un immobile ad uso promiscuo, destinato ad effettuare, in parte, operazioni che danno diritto a detrazione e, in parte, operazioni che non conferiscono tale diritto.
Una società immobiliare eseguiva, su un terreno di sua proprietà, dei lavori di demolizione di un vecchio edificio e di costruzione di un immobile residenziale e commerciale. Tale complesso immobiliare è composto da sei unità abitative e commerciali e dieci aree di parcheggio sotterranee. Alcune di tali unità e parcheggi venivano concesse in locazione. Detta società determinava il proprio diritto alla detrazione dell’Iva assolta per i lavori di demolizione e di costruzione applicando un criterio di ripartizione calcolato in base al rapporto tra la cifra d’affari che doveva essere generata dalla locazione delle unità commerciali o dei relativi parcheggi, soggetta a Iva, e quella prodotta dalle altre operazioni di locazione, esenti da Iva.
Con avviso di accertamento, gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria sostenevano che si poteva ricorrere al criterio di ripartizione secondo la cifra d’affari unicamente nel caso in cui non fosse stato possibile utilizzare nessun altro metodo di imputazione economica dei beni e dei servizi ad uso promiscuo. Tutto ciò premesso, la questione è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue, tra le altre, alcune questioni.
 
 
La prima questione  
Con una prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza se l’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva, debba essere interpretato nel senso che, qualora l’immobile sia utilizzato, a valle, per realizzare operazioni che danno diritto a detrazione e, in parte, operazioni che non conferiscono tale diritto, gli Stati membri abbiano l’obbligo di prescrivere che i beni e i servizi utilizzati, a monte, per la costruzione o l’acquisizione di tale immobile siano, in un primo tempo, imputati esclusivamente ad uno di tali tipi di operazioni, affinché, in un secondo momento, venga determinato unicamente il diritto a detrazione derivante da quei beni e servizi in tal modo non imputabili, applicando un criterio di ripartizione fondato sul volume d’affari oppure, a condizione che quest’ultimo metodo garantisca una determinazione più precisa del pro-rata di detrazione, calcolato secondo la superficie. Il giudice del rinvio chiede, inoltre, se la risposta che la Corte vorrà fornire a tale questione si applichi anche ai beni e ai servizi ai quali si sia fatto ricorso per l’utilizzo, la conservazione o la manutenzione di un immobile a uso promiscuo.
La portata del diritto a detrazione varia a seconda dell’utilizzo cui sono destinati i beni e i servizi di cui si tratta. Difatti, mentre per i beni e servizi destinati ad essere utilizzati esclusivamente per realizzare operazioni soggette ad imposta, l’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva prevede che i soggetti passivi sono autorizzati a detrarre la totalità della tassa assolta sulla loro acquisizione o sulla loro fornitura, per i beni e i servizi destinati ad un uso promiscuo, invece, l’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, di tale direttiva sancisce che il diritto a detrazione è limitato al prorata dell’Iva proporzionale all’importo relativo alle operazioni che danno diritto a detrazione realizzate mediante tali beni o tali servizi.
In considerazione di tale differenza nella portata del diritto a detrazione in funzione dell’uso cui sono destinati i beni e i servizi sui quali è stata assolta l’Iva, in linea di principio gli Stati membri devono prevedere che, per determinare l’importo del loro diritto a detrazione, i soggetti passivi sono tenuti, in un primo momento, ad imputare i beni e servizi acquisiti a monte alle diverse operazioni effettuate a valle alla cui realizzazione sono stati destinati. In un secondo momento, spetta alle autorità competenti di tali Stati membri applicare, a tali beni e servizi, il regime di detrazione corrispondente alla loro imputazione, atteso che, per quanto riguarda i beni e i servizi che non sono riconducibili ad un unico tipo di operazione, occorre applicare il regime previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, della citata direttiva.
Per quanto riguarda l’imputazione dei beni e dei servizi acquisiti per l’utilizzo, la conservazione o la manutenzione di un immobile ad uso promiscuo alle diverse operazioni realizzate a valle mediante tale immobile, essa sembra di norma facilmente realizzabile in concreto, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare in merito ai beni e servizi oggetto della causa principale.
Relativamente, inoltre, alla seconda fase, vale a dire quella del calcolo dell’importo della detrazione, va considerato che per quanto riguarda i beni e i servizi imputati sia ad operazioni che danno diritto a detrazione sia ad operazioni che non vi danno diritto, che, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 5, secondo comma, della sesta direttiva, tale importo è calcolato, in linea di principio, sulla base di un prorata determinato, per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo, in conformità dell’articolo 19 di tale direttiva, mediante applicazione di un criterio di ripartizione basato sul volume d’affari.
Premesso ciò, la Corte ha dichiarato che è possibile che gli Stati membri, nell’applicare talune opzioni previste dall’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della citata direttiva, ricorrano ad un metodo di calcolo diverso a condizione, in particolare, che il metodo applicato consenta una più precisa determinazione del diritto a detrazione dell’Iva assolta a monte rispetto a quella derivante dall’applicazione di tale primo metodo. Tale condizione non implica tuttavia che il metodo scelto debba necessariamente essere il più preciso possibile. Pertanto, nel caso di operazioni come quelle oggetto della causa principale, consistenti nella locazione di diverse parti di un immobile, delle quali alcune danno diritto a detrazione ed altre no, spetta al giudice del rinvio verificare se l’applicazione di un metodo di calcolo del diritto a detrazione mediante un criterio di ripartizione fondato sulla superficie possa condurre ad un risultato più preciso di quello derivante dall’applicazione del metodo fondato sul volume d’affari.
Tutto ciò premesso, la Corte Ue conclude che l’articolo 17, paragrafo 5, della direttiva deve essere interpretato nel senso che, qualora un immobile sia utilizzato, a valle, per realizzare alcune operazioni che danno diritto a detrazione ed altre che non vi danno diritto, gli Stati membri non hanno l’obbligo di imporre che i beni e i servizi utilizzati, a monte, per la costruzione, l’acquisizione, l’utilizzo, la conservazione o la manutenzione di tale immobile siano imputati, in un primo momento, a tali diverse operazioni, se una siffatta imputazione sia difficilmente realizzabile, affinché, in un secondo momento, venga determinato unicamente il diritto a detrazione derivante da quei beni e servizi utilizzati sia per talune operazioni che danno diritto a detrazione sia per altre che non vi danno diritto, applicando un criterio di ripartizione fondato sul volume d’affari oppure, a condizione che questo metodo garantisca una determinazione più precisa del prorata di detrazione, in base alla superficie.
 
La seconda questione 
Con la sua seconda questione, il giudice ‘a quo’ chiede, in sostanza se l’articolo 20 della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che esso osta alla rettifica delle detrazioni dell’Iva operate a titolo dei beni o dei servizi rientranti nell’articolo 17, paragrafo 5, di tale direttiva, a seguito della modifica, intervenuta durante il periodo di rettifica considerato, del criterio di ripartizione dell’Iva utilizzato per il calcolo di tali detrazioni.
Dall’esame del contesto nel quale è collocato l’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della citata direttiva, la Corte Ue ritiene che il criterio di ripartizione e, di conseguenza, il metodo di calcolo dell’importo della detrazione applicata costituiscono elementi presi in considerazione per la determinazione dell’importo delle detrazioni ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva.
Quanto allo scopo perseguito dal meccanismo di rettifica introdotto dalla citata direttiva, quest’ultimo mira, in particolare, ad evitare le inesattezze nel calcolo delle detrazioni Iva. Per quanto attiene ai beni e ai servizi ad uso promiscuo, si può derogare al metodo di determinazione del diritto a detrazione previsto dalla direttiva stessa unicamente per applicare un altro metodo che garantisca un risultato più preciso. Pertanto, procedere alla rettifica delle detrazioni applicando un metodo diverso non può che contribuire a rendere più precise tali detrazioni e, di conseguenza, concorre al conseguimento dello scopo perseguito dal meccanismo di rettifica. Quindi, emerge dall’analisi del contesto dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva e dello scopo perseguito dal meccanismo di rettifica delle detrazioni introdotto da quest’ultima che tale disposizione deve essere interpretata nel senso che essa prevede il caso di una modifica del metodo di calcolo del diritto a detrazione applicabile ai beni e ai servizi ad uso promiscuo.
Tutto ciò premesso, con riferimento alla seconda questione, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 20 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso impone che si proceda alla rettifica delle detrazioni dell’Iva operate a titolo dei beni o dei servizi rientranti nell’articolo 17, paragrafo 5, di tale direttiva successivamente all’adozione, intervenuta durante il periodo di rettifica considerato, di un criterio di ripartizione di tale imposta utilizzato per il calcolo di tali detrazioni in deroga al metodo di determinazione del diritto a detrazione previsto dalla medesima direttiva.
                                                                                                                    
Data della sentenza
9 giugno 2016
Numero della causa
Causa C-332/14
Nome delle parti
  • Wolfgang und Dr. Wilfried Rey Grundstücksgemeinschaft GbR
contro
  • Finanzamt Krefeld
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