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Giurisprudenza

Tarsu: per il Comune un rifiuto che sa di beffa

Diritto dell’ente locale all’assimilazione “urbano-speciale” riconosciuto, ma ricorso respinto perché non autosufficiente a causa della mancata produzione in giudizio della relativa delibera

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I rifiuti speciali – nel caso di specie, rifiuti da imballaggio - sono soggetti a Tarsu solo ove il Comune abbia emanato un regolamento che contenga “le disposizioni necessarie ad ottimizzare le forme di conferimento raccolta e trasporto dei rifiuti primari da imballaggio”, ex articolo 21 del Dlgs 22/1997. Tanto poiché, dopo l’entrata in vigore del citato decreto Ronchi, è venuta meno l’assimilazione ope legis dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani. Grava sul Comune l’onere di produrre la delibera e di evidenziarne il contenuto, così ponendo il giudice di legittimità in condizione di verificare il rispetto delle prescrizioni stabilite nel succitato decreto. Questa la massima che si ricava dalla sentenza della Corte di cassazione n. 18030 del 7 giugno 2006 (depositata il 9 agosto 2006).

Fatto e diritto
A seguito di notifica di cartella esattoriale emessa per il pagamento della Tassa rifiuti urbani per l’anno 1997, la società impugnava la cartella, sostenendo di aver smaltito gli imballaggi del mobilio commerciato avvalendosi di terzi, evidenziando, comunque, di aver vanamente richiesto al Comune di essere esonerata dalla privativa comunale dei rifiuti, ai sensi del Dlgs 22/1997(1), con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto (1° maggio 1997).
Il Comune resisteva sostenendo la legittimità della cartella, sia per la perdurante vigenza dell’articolo 39 della legge n. 146/1994, sia per la intervenuta delibera del Consiglio comunale, del 27 gennaio 1997, di assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, ex articolo 21 del Dlgs 22/1997.

La Commissione regionale, confermando la sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso della società, rigettava l’appello del Comune. Quest’ultimo, quindi, chiedeva la cassazione della pronuncia sulla scorta di tre motivi di ricorso che possono essere così riepilogati:
  • violazione dell'articolo 62 del Dlgs 507/1993, e articolo 39 della legge 146/1994, norma ritenuta, invece, tacitamente abrogata dalla Commissione regionale, per effetto dell'introduzione dell'articolo 7 del Dlgs 22/1997
  • violazione degli articoli 18 (comma 2), 21 (lettera g), e 56, del Dlgs 22/1997, poiché il decreto Ronchi non avrebbe abrogato il regime di assimilazione dei rifiuti speciali, così come previsto nell'articolo 39, commi 1 e 2, della legge 146/1994, ma avrebbe fatto salva (articolo 21, lettera g) la facoltà di assimilazione di cui il Comune si è avvalso con delibera
  • vizio di motivazione della sentenza impugnata, su una presunta volontà del Comune di operare una doppia imposizione.
Quadro normativo(2) e motivi della decisione
L’entrata in vigore dell’articolo 39 della legge 26 febbraio 1994, n. 146, aveva prodotto notevoli mutamenti alla disciplina riguardante i rifiuti speciali e i rifiuti assimilabili. In particolare questa, nell’abrogare l’articolo 60 del Dlgs 507/1993, determinava:
  • l’assimilazione automatica, a ogni effetto, dei rifiuti elencati dal n. 1, punto 1.1.1, lettera a) della deliberazione del 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale, di cui all'articolo 5 del Dpr 10 settembre 1982, n. 915, nonché degli accessori per l'informatica
  • l’eliminazione del potere discrezionale di assimilazione riconosciuto al Comune, in base all’articolo 2, comma 4, n. 1, seconda parte, Dpr 915/82, così come confermato dall’articolo 60 del Dlgs 507/1993.
Tale norma prevedeva, pertanto, l’assimilazione ope legis dei rifiuti speciali (tra i quali rientravano quelli provenienti da attività commerciale), eliminando ogni discrezionalità da parte dell’ente locale in ordine all’assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani.

Con l’entrata in vigore dell'articolo 49 del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22, la tassa di smaltimento è stata sostituita dalla Tariffa per la gestione dei rifiuti. Tanto ha comportato, conseguentemente, la caducazione dell’assimilazione ope legis, così come introdotta dall’articolo 39 della legge 146/1994, e il ripristino del potere di assimilazione dei rifiuti speciali in capo ai Comuni per tutto il periodo transitorio di graduazione della nuova norma.

Per il caso di specie, poiché gli imballaggi provengono da attività commerciale, i rifiuti possono senz’altro rientrare, così come argomentato dai giudici di legittimità, tra quelli speciali, così come specificato nell’articolo 7 del Dlgs 22/1997 e, pertanto, essere assimilati a quelli urbani tramite apposita norma regolamentare da parte dell’ente locale, con assoggettamento all’obbligo di conferimento al servizio pubblico e relativa tassazione.

Secondo la Corte, “condizione imprescindibile per l'applicazione della tassazione per l'anno 1997 della tariffa relativa allo smaltimento degli imballaggi, è la delibera comunale, immediatamente adottata, che ne regolamenti transitoriamente la raccolta sulla base di norme "regolamentari e tecniche", quali quelle dettate, ancora prima dei nuovi criteri di cui al cit. articolo 18 del Decreto Ronchi dalla Delibera del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984”.
Tale regolamentazione deve essere adottata nel rispetto dell’articolo 21 del Dlgs 22/1997, “cioè con specificazione della categoria di appartenenza, delle sinergie dei rifiuti da imballaggio con altre frazioni merceologiche e degli standard minimi richiesti, anche in riferimento ai criteri quantitativi e qualitativi di cui al cit. articolo 18 del Dlgs n. 22/1997
”, e prescinde dallo smaltimento effettuato dal produttore con mezzi propri o di terzi.

La Corte ha concluso, comunque, per il rigetto del ricorso poiché questo era, sul punto, privo di autosufficienza. Infatti, pur avendo dato atto di quanto sopra, ossia della possibilità data al Comune di assimilare i rifiuti urbani a quelli speciali a mezzo di idonea delibera, poiché il ricorrente non ha mai provveduto a riprodurre in ricorso il contenuto della stessa, così come si evince dalla impugnata sentenza, non ha dato ai giudici di legittimità, su tale aspetto, la possibilità di poter verificare la rispondenza della delibera ai criteri di cui agli articoli 21 e 43 del Dlgs 22/1997.

NOTE
1. Il Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22, concerne l’attuazione delle direttive 91/156/Cee sui rifiuti, 91/698/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Ce sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi. Il presente decreto è stato ora abrogato dall'articolo 264, Dlgs 3 aprile 2006, n. 152.

2. Il riferimento è al quadro normativo vigente a tutto il 1997.
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