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Giurisprudenza

Tovagliolo usato, cliente servito. Stop alla percentuale di scarto

Superato il precedente orientamento, secondo cui dal numero delle salviette impiegate va sottratta una parte utilizzata per altri scopi

E’ legittimo l’accertamento analitico-induttivo basato sul numero dei tovaglioli utilizzati, anche senza il riconoscimento di una minima percentuale di scarto, nel caso in cui dalle indagini effettuate sul reddito d’impresa conseguito emergano gravi incongruenze. E’ quanto, in estrema sintesi, ha statuito la Cassazione con la sentenza n. 18475/2009.   L’iter del processo di merito La vicenda trae origine da una verifica dell’ufficio delle Entrate di Bassano del Grappa e dalla successiva attività di accertamento condotta nei confronti di un ristorante, finalizzata al riscontro della corretta applicazione della normativa fiscale. Dalle indagini effettuate, il reddito d’impresa dichiarato dalla ditta verificata è apparso incongruente alla luce dei seguenti elementi:
  • elevato costo sostenuto per il personale
  • ubicazione in pieno centro storico
  • notorietà confermata da una rinomata tradizione culinaria
  • parziale divergenza tra i riscontri contabili e quanto dichiarato dalla parte, in sede di contraddittorio, sull’acquisto delle materie prime e sulla preparazione di primi e secondi piatti.
  Di fronte a questi indizi di evasione, i verificatori hanno proceduto alla ricostruzione indiretta dei ricavi, partendo dal dato oggettivo del numero dei tovaglioli utilizzati nell’anno in questione, nella ragionevole presunzione che a ogni tovagliolo utilizzato corrisponde, in linea di massima, “un coperto” e tenendo conto del prezzo medio di ciascun pasto. L’ufficio non ha riconosciuto alcuna percentuale di scarto sul numero dei tovaglioli utilizzati, alla luce di quanto dichiarato dalla parte in sede di contraddittorio (ad esempio, nessun pasto per dipendenti).   La società ricorreva in Commissione tributaria provinciale, deducendo l’illegittimità dell’accertamento analitico- induttivo e il vizio logico della rideterminazione dei maggiori ricavi operata dall’ufficio, nella parte in cui non contempla un congruo abbattimento dei tovaglioli utilizzati per altri scopi. La Ctp respingeva il ricorso, condividendo pienamente in fatto e in diritto le conclusioni dell’ufficio.   Dello stesso parere era la Commissione tributaria regionale, che riteneva legittimo l’accertamento ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lettera d), Dpr 600/1973 poiché, nel caso in esame, gli elementi posti a fondamento delle riprese effettuate dall’ufficio consistono in riscontri contabili relativi all’acquisto di materie prime, nonché nelle dichiarazioni rese dalla ditta durante il contraddittorio. Il Collegio osservava che gli accertatori hanno evidenziato palesi “incongruenze tra i costi di esercizio, il volume d’affari, la tipologia ed ubicazione dei locali, la parziale divergenza tra i riscontri contabili e quanto dichiarato dalla parte in ordine all’acquisto di materie prime e realizzazione di primi e secondi piatti”. In buona sostanza, la Ctr confermava che gli elementi riscontrati dall’ufficio erano sintomatici di un comportamento antieconomico. Circa il mancato riconoscimento di una percentuale di scarto sul numero di tovaglioli utilizzati, la Commissione regionale, pur ammettendo l’ipotesi del mancato utilizzo di alcuni tovaglioli, concludeva che, nel caso in esame, si sarebbe trattato di una minima percentuale ininfluente sul risultato finale.   Il ricorso per Cassazione Avverso tale sentenza la società proponeva ricorso per Cassazione, denunciando sia la violazione dell’articolo 39, comma 1, lettera d), Dpr 600/1973, sia quella dell’articolo 54, comma 2, Dpr 633/1972, nonché il difetto di omessa e insufficiente motivazione e, da ultimo, la violazione dell’articolo 115 c.p.c., nella parte in cui la Ctr ha ritenuto di non accogliere la doglianza della contribuente sulla necessità di riconoscere una percentuale di scarto. L’Amministrazione finanziaria ribadiva come il mancato riconoscimento di tale percentuale fosse dipeso dalle dichiarazioni raccolte in sede di contraddittorio.   La Cassazione ha respinto il ricorso della società. In ordine alla violazione dell’articolo 39, comma 1, lettera d), del Dpr 600/1973, poiché ad avviso della ricorrente l’accertamento è in sostanza basato sul solo numero dei “tovaglioli lavati”, la Suprema corte ha evidenziato che lo stesso accertamento è stato, invece, fondato su una molteplicità di elementi. In particolare, la Corte ha condiviso le precedenti osservazioni della Ctr secondo cui “…in un recente arresto giurisprudenziale (Cass., sez. trib., 9/2/01 n. 1821) è stato ritenuto legittimo l’accertamento ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d) del DPR 600/73 anche solo in presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia che il contribuente non spieghi in alcun modo, o che giustifichi in maniera non convincente”. Circa il mancato riconoscimento di una percentuale di scarto, ad avviso della Corte, “la censura è irrilevante avendo la CTR rigettato il motivo di impugnazione non solo in quanto lo scarto non sarebbe stato provato, ma anche in quanto non plausibile …si tratterebbe in ogni caso di percentuali minime”.   Osservazioni Con la sentenza in esame, la Cassazione ha ancora una volta confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (cfr Cassazione, sentenze nn. 27656/2008, 3585/2009, 4170/2009, 20857/2007, 26919/2006, 9884/2002) secondo cui è corretto l’utilizzo dell’accertamento analitico-induttivo, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile sulla base di una serie di elementi.   La sentenza in commento risulta, tuttavia, di particolare interesse, poiché supera la precedente linea giurisprudenziale, secondo cui al numero dei tovaglioli usati occorre ragionevolmente sottrarre una percentuale di tovaglioli utilizzati per altri scopi, (cfr Cassazione, sentenze nn. 9884/2002, 12440/2007, 12438/2007, 14871/2008). Questa volta la Corte, verificata la sussistenza dei presupposti per l’utilizzo dell’accertamento analitico-induttivo, non solo ha confermato la validità del “tovagliometro”, secondo cui a ogni tovagliolo corrisponde ragionevolmente un cliente, ma è andata oltre approvando la ricostruzione operata dall’ufficio, nonostante al numero dei tovaglioli utilizzati non sia stata sottratta alcuna percentuale di scarto.
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