In tale caso, precisano gli eurogiudici, scatta l’obbligo di rettifica della detrazione Iva (inizialmente operata) in quanto mutano gli elementi iniziali presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazione.
Il fatto e le questioni pregiudiziali
Una società slovena era ammessa al concordato preventivo che veniva omologato dall’Autorità giudiziaria prevedendo che la stessa società fosse tenuta al pagamento dei suoi debiti solo nella misura del 44% del loro importo ed entro un termine di nove anni.
Ciò, ad avviso dell’Autorità giudiziaria, costituiva il presupposto per procedere a una rettifica delle detrazioni dell’Iva relative agli acquisti dai fornitori soddisfatti parzialmente.
Ne scaturiva un contenzioso nell’ambito del quale il giudice sloveno poneva le seguenti questioni pregiudiziali:
- se la riduzione delle obbligazioni, ai sensi di un concordato preventivo omologato, debba essere considerata come un mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della detrazione dell’Iva a monte, ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva Iva, oppure come una situazione diversa, in cui la detrazione è inferiore o superiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto, ai sensi dell’articolo 184 della stessa direttiva
- se la riduzione delle obbligazioni ai sensi di un concordato omologato con decreto passato in giudicato di cui al procedimento principale debba essere considerata come un mancato pagamento (parziale), ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, primo comma, direttiva Iva
- se lo Stato membro, tenendo conto dei requisiti di chiarezza e di certezza delle situazioni giuridiche imposti dal legislatore dell’Unione e dalla disposizione dell’articolo 186, direttiva Iva, al fine di esigere una rettifica della detrazione nel caso di mancato pagamento totale o parziale, (come consente l’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma), debba disciplinare specificamente, nella normativa nazionale, le ipotesi di mancato pagamento, ovvero includervi il concordato omologato passato in giudicato, qualora esso rientri nel concetto di operazione non pagata.
Per risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte, i giudici dell’Unione richiamano i principi che governano il meccanismo della rettifica della detrazione il cui scopo è quello di aumentare la precisione delle detrazioni, così da assicurare la neutralità dell’Iva. Tale obiettivo di neutralità fiscale – nell’accezione di un imposta destinata a gravare sul consumatore finale e non, quindi, sugli operatori economici – obbliga alla rettifica della detrazione operata inizialmente dall’operatore economico quando risulta, successivamente, che la stessa è inferiore o superiore a quella a cui il soggetto passivo ha diritto ovvero quando, successivamente alla dichiarazione dell’Iva, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della suddetta detrazione.
Il calcolo della rettifica deve far sì che l’importo delle detrazioni, infine eseguite, corrisponda a quello che il soggetto passivo avrebbe avuto diritto di operare se il mutamento avvenuto fosse stato considerato inizialmente.
Ciò posto, evidenzia la Corte, è pacifico che l’omologazione definitiva di un concordato ha ridotto le obbligazioni di un acquirente nei confronti dei suoi fornitori. Di conseguenza, una tale omologazione ha ridotto anche le somme pagate dalla società ai suoi fornitori a titolo di Iva e, in tal modo, ha modificato gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni.
Ne deriva, secondo la Corte, che la riduzione delle obbligazioni di un debitore, risultante dall’omologazione definitiva di un concordato, costituisce un mutamento degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, circostanza questa che determina l’obbligo di rettifica della detrazione iniziale, ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 1 della direttiva Iva.
Nel suddetto presupposto, gli eurogiudici chiariscono, di conseguenza, che la decisione di omologazione del concordato, comportando una riduzione definitiva delle obbligazioni del debitore nei confronti dei suoi creditori, costituisce una ipotesi di rettifica della detrazione diversa da quella prevista per le “operazione totalmente o parzialmente non pagata”. Fattispecie, quest’ultima, in relazione alla quale sussiste la mera “facoltà” ( e non l’obbligo) da parte di uno Stato membro di esigere la rettifica della detrazione.
In proposito, ricorda la Corte, in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, spetta a ciascuno Stato membro (articolo 185, paragrafo 2, direttiva Iva) la scelta di determinare se la situazione di non pagamento del prezzo di acquisto attribuisca diritto alla riduzione della base imponibile nell’importo dovuto, alle condizioni che esso stabilisce, o se siffatta riduzione non sia ammessa in questa situazione.
La facoltà che la direttiva lascia agli Stati membri, in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, si fonda sull’assunto che, in presenza di alcune circostanze, e in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro interessato, il mancato pagamento del corrispettivo può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio.
Ciò posto, in linea di principio, la sentenza in commento pone in capo al giudice nazionale l’onere di stabilire se, dopo l’omologazione definitiva di un concordato, secondo il diritto nazionale applicabile, l’acquirente resti debitore del prezzo convenuto e se il venditore, o il fornitore, sia sempre titolare del credito che può far valere in giudizio. Ove, per contro, il giudice dovesse constatare che le obbligazioni del debitore sono state ridotte in modo che la parte corrispondente dei crediti dei fornitori di quest’ultimo è divenuta definitivamente irrecuperabile, non è possibile derogare all’obbligo di rettifica della detrazione previsto dall’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva.
Tuttavia, evidenzia la Corte, la decisione di omologazione del concordato sembra comportare una riduzione definitiva delle obbligazioni del debitore nei confronti dei suoi creditori e, pertanto, ne deriverebbe un obbligo di rettifica della detrazione per mutamento degli elementi presi inizialmente in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni.
Infine, la Corte si preoccupa di chiarire che, nelle fattispecie di operazioni totalmente o parzialmente non pagate (cui non riconduce la fattispecie di concordato preventivo), in relazione alle quali la direttiva lascia agli Stati membri la facoltà di esigere la rettifica della detrazione inizialmente operata, la circostanza che il legislatore nazionale non preveda espressamente un obbligo di rettifica, ma si limiti a non includere queste fattispecie nell’elenco delle deroghe all’obbligo di rettifica, non significa che lo Stato membro non si sia avvalso della facoltà di prevedere, in tali ipotesi, l’obbligo di rettifica della detrazione.
Questa impostazione, ad avviso degli eurogiudici, non impedisce ai soggetti passivi di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro ed è, pertanto, conforme al principio secondo cui spetta agli Stati membri scegliere la tecnica normativa che appaia loro più idonea per esercitare la facoltà prevista dalla direttiva Iva.
Data della sentenza
22 febbraio 2018
Numero della causa
C‑396/16
Nome delle parti
- T-2
- Repubblica di Slovenia