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Giurisprudenza

Unico affidato al professionista:
ne va verificato l’effettivo invio

Per escludere ogni profilo di negligenza, bisogna provare di aver controllato l’operato del consulente o di essere stato vittima di un comportamento fraudolento da parte sua

L’affidamento a un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione dei redditi alla competente Agenzia delle Entrate non esonera il soggetto tenuto alla relativa presentazione dal vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto. È infatti preciso obbligo del contribuente quello di far sì che la dichiarazione sia correttamente e fedelmente compilata e tempestivamente presentata.
Questo, in sintesi, il principio di diritto ribadito dalla Cassazione nell’ordinanza n. 11832 del 9 giugno 2016.
 
La vicenda processuale
La vertenza in questione trae origine dall’impugnazione dell’avviso di accertamento con il quale l’ufficio contestava, al titolare di una ditta individuale di lavori di meccanica generale, l’omessa presentazione della dichiarazione ai fini Iva, Irap, Irpef e relative addizionali per l’anno d’imposta 2005, irrogando altresì le conseguenti sanzioni amministrative.
Il contribuente asseriva, in particolare, di non essere tenuto a pagare – in forza degli articoli 5 e 6 del Dlgs 472/1997 – le sanzioni irrogate dall’ufficio impositore, in quanto, nel caso specifico, l’inosservanza degli adempimenti fiscali era esclusivamente imputabile alla condotta dolosa del consulente fiscale, nei cui confronti era stata sporta querela per l’ipotizzato reato di appropriazione indebita aggravata dall’abuso di prestazione d’opera (articoli 646 e 61 n. 11 cp).
 
Costituendosi in giudizio, l’ufficio confermava la correttezza del proprio operato, rilevando la sussistenza di un concorso colposo del contribuente, che aveva negligentemente trascurato di vigilare sull’operato del professionista, omettendo di richiedere la ricevuta di trasmissione della dichiarazione e i rendiconti in tempo utile per sanare eventuali inadempimenti.
 
La Ctp interpellata, in parziale accoglimento del ricorso, riconosceva l’applicabilità, al caso in questione, della causa di non punibilità secondo l’articolo 6, comma 3, del Dlgs 472/1997 (a norma del quale il contribuente non è punibile “quando dimostri che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi”), ritenendo che le violazioni contestate fossero esclusivamente ascrivibili alla condotta del consulente fiscale cui il contribuente si era affidato.
 
L’ufficio proponeva ricorso in appello avverso tale sentenza di primo grado, che tuttavia veniva integralmente confermata, in quanto giudicata corretta e ben argomentata.
Peraltro, la Ctr, nel ribadire che, in questo caso, l’inosservanza degli adempimenti fiscali era dipesa unicamente dal comportamento del commercialista, rilevava come la non ricorrenza dell’esimente di cui all’articolo 6, comma 3, del Dlgs 472/1997 – norma esclusivamente riferita alle violazioni che si sostanziano nel mancato pagamento del tributo – non impedisse di considerare comunque la condotta del contribuente incolpevole ai sensi dell’articolo 5 dello stesso decreto 472 (recante il principio di colpevolezza, in virtù del quale “…ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa”).
 
L’ufficio ricorreva, quindi, per la cassazione di detta sentenza con unico motivo, lamentando la violazione dell’articolo 5 del Dlgs 472/1997 e dei principi generali in materia di colpa e di omissione, per avere la Ctr escluso ogni negligenza in capo al contribuente.
 
La decisione della suprema Corte
Con la pronuncia in commento, i giudici di legittimità accolgono le doglianze dell’Agenzia delle Entrate, richiamandosi al proprio consolidato orientamento in materia di sanzioni amministrative conseguenti alla violazione di norme tributarie, secondo il quale “L’art. 5 del D. Lgs. n. 472/1997 richiede la consapevolezza del contribuente in ordine al comportamento sanzionato, condotta che non deve essere necessariamente dolosa, sanzionando la legge anche la mera negligenza…” ravvisabile, nella fattispecie in oggetto, nell’omissione di qualsiasi controllo del contribuente sulla effettiva esecuzione da parte del professionista incaricato dei prescritti adempimenti fiscali (cfr Cassazione, 22890/2006).
 
In capo al contribuente, invero, le norme tributarie pongono l’obbligo di presentare tempestivamente la dichiarazione, di redigerla in modo fedele e di effettuare i conseguenti versamenti d’imposta. Quindi, nell’ipotesi in cui lo stesso si rivolga a un intermediario abilitato per la compilazione e la trasmissione – ovvero per la sola trasmissione – telematica del modello dichiarativo, è suo preciso obbligo quello di far sì che esso sia correttamente compilato e puntualmente presentato nei termini di legge.
Ne consegue che “il contribuente a cui venga contestata la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi e l’omessa tenuta delle scritture obbligatorie non può considerarsi esente da colpa per il solo fatto di aver incaricato un professionista dei relativi adempimenti, dovendo egli altresì allegare e dimostrare, al fine di escludere ogni profilo di negligenza, di avere svolto atti diretti a controllare la loro effettiva esecuzione, prova nel concreto superabile soltanto a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento” (cfr Cassazione, 12472/2010 e 27712/2013).
 
Pertanto, alla luce dei principi sopra richiamati, non può che ravvisarsi la responsabilità per colpa – sotto il profilo della condotta negligente – del contribuente che, nel caso di specie, non ha fornito alcuna prova di essersi interessato e aver controllato l’operato del professionista incaricato né tantomeno di essere stato vittima di un comportamento fraudolento da parte di quest’ultimo. Del resto, accanto alla delineata culpa in vigilando, è ravvisabile a carico della parte anche una culpa in eligendo atteso che, come emerso dalle risultanze processuali, il consulente incaricato non era neppure iscritto all’Ordine dei dottori commercialisti.
 
Pare opportuno precisare, da ultimo, che il principio di diritto enunciato dalla sentenza in commento trova applicazione anche in sede penale, avendo la suprema Corte ripetutamente affermato che l’affidamento a un professionista dell’incarico di predisporre e inviare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il reato di omessa dichiarazione di cui all’articolo 5 del Dl 74/2000 (cfr, tra le altre, Cassazione, 16958/2012).
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