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Giurisprudenza

Valida la sottoscrizione dell’appello
senza una specifica delega scritta

Non è necessario mettere nero su bianco il nome del funzionario competente a rappresentare il direttore e allegare una copia di tale procura al ricorso dinanzi alla Ctr

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Nel processo tributario, l’ufficio delle Entrate è rappresentato dal suo direttore. L’eventuale delega ad altra persona competente non necessita di speciale procura. A nulla rileva che la firma apposta dal delegato in calce all’atto sia illeggibile, a meno che non si provi che si tratta di persona estranea all’ufficio o che ci sia un’usurpazione del potere espresso nell’atto.
È quanto sottolinea la Cassazione nella sentenza 1949 del 29 gennaio.
 
La vicenda e il ricorso in Cassazione
Una società impugnava vittoriosamente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cosenza alcuni avvisi di accertamento per Irpeg e Ilor emessi nei suoi confronti per gli anni 1995-1997.
 
Con sentenza 227/2009, la Ctr Calabria dichiarava inammissibile l’appello dell’ufficio, ritenendo che la sottoscrizione dell’impugnazione era apposta da un funzionario diverso dal direttore e che agli atti non risultava allegata copia di una delega o di altro documento che giustificasse detta sottoscrizione in luogo di quella del rappresentante dell’ufficio stesso.
 
Contro la sentenza del giudice di seconde cure l’Agenzia delle Entrate ricorreva in sede di legittimità, affidandosi a un unico motivo incentrato sulla violazione degli articoli 10, 11 e 12 del Dlgs 546/1992, e lamentando che la Ctr aveva erroneamente supposto la necessità di un atto di delega scritto affinché l’appello potesse validamente essere sottoscritto da un funzionario diverso dal direttore dell’ufficio parte del giudizio.

La pronuncia della Suprema corte
La Cassazione, con ordinanza n. 1949, ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza della Commissione regionale e rinviando la controversia al medesimo giudice in diversa composizione per il proseguimento del contenzioso; nell’occasione, ha ribadito l’orientamento di legittimità secondo cui, nel contenzioso tributario, gli articoli 10, 11 e 12 del Dlgs 546/1992 riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate nei cui confronti è proposto il ricorso (si rinvia, al riguardo, alla circolare 27/E del 2010 ove, tenuto conto di tale regola, è stato chiarito che, di conseguenza, le notificazioni degli atti giudiziari e delle sentenze “possono e devono essere effettuate alla struttura territoriale che ha emanato l’atto impugnato o che non ha emanato l’atto richiesto”).
 
In particolare, spiegano i giudici di legittimità, l’ufficio è organicamente rappresentato dal suo direttore “o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale a sostituire il direttore nelle specifiche competenze, senza necessità di speciale procura”.
Riguardo a un atto d’appello tributario (ma la regola vale in generale per tutti gli atti del contenzioso e per gli atti tributari sostanziali), prosegue poi l’ordinanza in commento, la provenienza dell’atto stesso dall’ufficio competente sussiste, anche laddove l’atto rechi in calce la firma illeggibile del funzionario che sottoscrive in luogo del direttore titolare, “finchè non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza di primo grado, dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dall’ufficio e ne esprima la volontà”.

Osservazioni
Non è infrequente che, in sede di contenzioso, il contribuente eccepisca l’invalidità di atti dell’ufficio, affermandone l’illegittimità in quanto sottoscritti da un soggetto, diverso dal direttore della struttura intestataria dell’atto, asseritamente privo dei relativi poteri.
In queste situazioni, l’interessato lamenta di regola la mancanza in atti di una delega da parte del direttore al funzionario che materialmente ha sottoscritto il documento contestato; in alternativa, o anche in aggiunta, viene talvolta eccepito anche il vizio della sottoscrizione quando la stessa è apposta con segni grafici non intelligibili.
 
A fronte di tali eccezioni, che non di rado assumono connotati di mere affermazioni di stile, la posizione della giurisprudenza di legittimità risulta consolidata nel senso ribadito dall’ordinanza in commento, che conferma il principio di diritto già espresso dalla sentenza n. 874/2009. Secondo tale pronuncia, per potersi affermare l’illegittimità di un atto sottoscritto dal delegato del direttore, non basta contestare genericamente tale circostanza ma è necessario che sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio o, comunque, l’usurpazione del potere espresso nell’atto (vedi anche le sentenze della Cassazione 1559/2012, 11020/2012, 15230/2012, 19809/2012 e 23081/2012, tutte favorevoli sul punto all’Agenzia).
 
Meritevoli di richiamo sono poi altre pronunce del giudice di legittimità che hanno chiarito ulteriori aspetti sul tema dei requisiti formali di legittimità degli atti e delle condizioni che consentono di riferirli agli uffici da cui sono emessi.
Tra queste, l’ordinanza n. 21546/2011 – confermativa sul punto della sentenza n. 28036/2009 – ha sancito che la sottoscrizione (nella specie, di un atto di appello) “è validamente apposta quando proviene dal preposto al reparto competente, poiché la delega da parte del direttore può essere legittimamente conferita anche in via generale mediante la preposizione del funzionario ad un settore dell’ufficio con competenze specifiche (Cass. 13908/2008)”.
 
Interessante anche la sentenza n. 2354/2009, per la quale l’esistenza dell’atto amministrativo “non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che, al di là di questi elementi formali… esso sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo”; e infine, l’ordinanza n. 13512/2011, ove si legge che “l’atto amministrativo esiste come tale allorché i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive, salva la facoltà dell’interessato di chiedere al giudice l’accertamento dell’effettiva provenienza dell’atto stesso dal soggetto autorizzato a formarlo”.
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