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Giurisprudenza

Validi, se riferibili all’ufficio,
gli atti firmati dagli incaricati

Irrilevante la nomina dirigenziale del delegante o delegato, a meno che non venga provata l’estraneità del sottoscrittore alla struttura o l’usurpazione dei relativi poteri

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Con la sentenza n. 37 del 17 marzo 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 8, comma 24, del decreto legge 16/2012, il quale prevedeva che le Agenzie fiscali “sono autorizzate ad espletare procedure concorsuali da completare entro il 31 dicembre 2013 (prorogato al 31 dicembre 2014 dall’articolo 1, comma 14, del Dl 150/2013, e successivamente al 31 dicembre 2015 dall’articolo 1, comma 8, del Dl 192/2014) per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti…” e che, nelle more dell’espletamento di dette procedure, “salvi gli incarichi già affidati, potranno attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso”.
Inoltre, con riferimento agli atti sottoscritti da personale incaricato di funzioni dirigenziali, la Consulta ha precisato che la questione relativa alla validità degli incarichi non si riflette sulla funzionalità dell’Agenzia delle Entrate né sulla idoneità degli atti emessi a esprimere la volontà all’esterno dell’Amministrazione finanziaria, considerato che, ai fini della validità dell’atto, è sufficiente che lo stesso provenga e sia riferibile all’ufficio che lo ha emanato.
 
La Corte costituzionale ha, infatti, sostenuto che “considerando le regole organizzative interne dell’Agenzia delle entrate e la possibilità di ricorrere all’istituto della delega, anche a funzionari, per l’adozione di atti a competenza dirigenziale − come affermato dalla giurisprudenza tributaria di legittimità sulla provenienza dell’atto dall’ufficio e sulla sua idoneità ad esprimerne all’esterno la volontà (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione tributaria civile, sentenze 9 gennaio 2014, n. 220; 10 luglio 2013, n. 17044; 10 agosto 2010, n. 18515; sezione sesta civile − T, 11 ottobre 2012, n. 17400) – la funzionalità delle Agenzie non è condizionata dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalla disposizione censurata…”.
In base alle sentenze della giurisprudenza di legittimità richiamate, concernenti rispettivamente un diniego di condono e alcuni avvisi di accertamento, è possibile sostenere che, ai fini della validità degli atti sottoscritti da personale incaricato di funzioni dirigenziali, non rileva la circostanza che la persona fisica che abbia sottoscritto l’atto o che abbia delegato la relativa firma sia o meno un dirigente.
 
Proprio su tale questione appare opportuno riportare alcuni stralci delle predette sentenze; in particolare:
  • con la sentenza 220/2014, la Cassazione – pronunciandosi in ordine all’asserito vizio di “illegittimità del diniego (di condono, ndr), in quanto sottoscritto, non dal direttore dell'Agenzia centrale (ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 67, comma 1, parte prima) ma da direttore di Agenzia locale, peraltro asseritamente carente di qualifica dirigenziale” – ha chiarito che “la provenienza dell'atto dall'ufficio e la sua idoneità ad esprimerne la volontà si presume, finché non venga provata la non appartenenza del sottoscrittore all'ufficio o, comunque, l'usurpazione dei relativi poteri (cfr Cass. 874/09)
  • con la sentenza 18515/2010, la Corte suprema – rigettando l’eccezione del contribuente secondo il quale “ai fini della valida sottoscrizione dell’atto impositivo non sarebbe sufficiente la qualifica di direttore dell’ufficio occorrendo altresì la qualifica dirigenziale” – ha chiarito che “il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, si limita a prevedere che… gli accertamenti… sono sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, senza richiedere assolutamente che il capo dell’ufficio debba rivestire la qualifica dirigenziale”. Tale disposizione normativa, infatti, individua “nel capo dell’ufficio, per il solo fatto di essere stato nominato tale, l’agente capace di manifestare la volontà della Amministrazione Finanziaria, negli atti a rilevanza esterna e di produrre gli effetti giuridici imputabili alla determinazione della sua volontà nella sfera giuridica dei contribuenti. Con la conseguenza che compete al titolare dell’ufficio, quale organo deputato a svolgerne le funzioni fondamentali, ovvero ad un impiegato della carriera direttiva da lui delegato nell’esercizio dei poteri organizzativi dell’Ufficio, la funzione di sottoscrivere gli avvisi, con i quali sono portati a conoscenza dei contribuenti gli accertamenti, indipendentemente dal ruolo dirigenziale eventualmente ricoperto, la cui appartenenza esaurisce i propri effetti nell’ambito del rapporto di servizio con l’Amministrazione
  • con la sentenza 17044/2013, la Cassazione ha confermato l’orientamento espresso dalla citata sentenza 18515/2010, nella misura in cui ha precisato che “l’atto impositivo può essere sottoscritto anche da ‘impiegato della carriera direttiva... delegato’ dal ‘capo dell’ufficio’(il quale, per Cass., trib., 10 agosto 2010 n. 18515, non deve affatto ‘rivestire la qualifica dirigenziale’)”.
Pertanto, ai fini della validità dell’atto, ciò che interessa è soltanto la riferibilità dello stesso all’ufficio, ossia all’organo titolare del potere nel cui esercizio è stato adottato.
Non rileva, invece, la qualifica dirigenziale del sottoscrittore dell’atto o del delegante, in quanto, come precisato dalla Cassazione nella sentenza 18515/2010, la questione relativa all’accesso legittimo alla dirigenza si pone su un piano diverso – che “esaurisce i propri effetti nell’ambito del rapporto di servizio con l’Amministrazione” – rispetto a quella concernente la legittimazione alla sottoscrizione degli atti.
Quanto detto appare, peraltro, conforme all’esigenza avvertita dalla stessa Corte costituzionale, nella richiamata sentenza 37/2015, di assicurare la funzionalità dell’Agenzia delle Entrate, nonché ai principi della conservazione degli atti giuridici e della continuità dell’azione amministrativa.
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