Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

Vecchie sanzioni, nuova disciplina,
convivenza possibile nella prima casa

L’abrogazione di un’imposta o la modifica di una norma non esclude automaticamente che il tributo contestato continui a essere dovuto e non cancella la punibilità della violazione commessa

immagine generica illustrativa

La modifica, in vigore dal 2014, dei parametri ai quali ancorare i presupposti per il riconoscimento dell’agevolazione “prima casa”, con attribuzione di rilevanza alla sola categoria catastale e non più ai parametri previsti dal Dm 2 agosto 1969, non ha inciso retroattivamente. Pur essendo cambiato l’oggetto della dichiarazione, l’infrazione continua a essere costituita dalla dichiarazione mendace e pertanto, dovendosi escludere l’abolitio criminis, il mendacio del contribuente realizzato prima del 2014 continua a essere sanzionabile. Così si è espressa la Corte di cassazione con l’attesa sentenza a sezioni unite n. 13145 del 27 aprile 2022, superando l’orientamento prevalente.

L’esenzione nella direttiva Iva e nel diritto nazionale italiano
In tema di imposta di registro, nella versione anteriore alla novella di cui al Dlgs n. 23/2011, l’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr n. 131/1986 (Tur), collegava l’aliquota agevolata del 3%, oltre che al rispetto delle condizioni di cui alla nota II-bis (come ad esempio la residenza nel Comune, o l’impegno a trasferirvi la residenza entro diciotto mesi), al fatto che l’immobile non fosse “di lusso” secondo i parametri stabiliti dal decreto del ministro dei Lavori pubblici del 2 agosto 1969.
Tra tali parametri l’articolo 7 prevedeva che la “superficie utile complessiva” non superasse i 240 m2, criterio che ha dato luogo a un ampio contenzioso relativo alle modalità di computo.
La Cassazione, da ultimo con l’ordinanza n. 13547/2022, ha ribadito innumerevoli volte che l’articolo 7 introduce una nozione autonoma di superficie utile e che dal computo devono essere esclusi solo gli ambienti tassativamente elencati (balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto macchine), senza che possano rilevare le normative edilizie o igienico-sanitarie in tema di abitabilità.

Nel caso trattato dalle sezioni unite, ad esempio, l’immobile acquistato dalla ricorrente misurava 248,28 m2, già al netto di un box auto e, pertanto, non avrebbe potuto accedere all’agevolazione.
Modificando il requisito del beneficio fiscale, l’articolo 10, comma 5, del Dlgs n. 23/2011 (in vigore dal primo gennaio 2014) ha – con un intervento di semplificazione – collegato l’applicazione dell’aliquota agevolata alla circostanza che l’immobile non rientri nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (non sia, cioè, un immobile signorile, una villa o un castello). Tutti gli altri immobili, a prescindere dalle proprie concrete caratteristiche, possono essere acquistati con le agevolazioni per la prima casa applicando l’imposta di registro in misura ridotta (del 2% e non più del 3%, per effetto dello stesso articolo 10 citato).
Può inoltre verificarsi che, eventualmente per l’esercizio dell’opzione di cui al n. 8-bis dell’articolo 10 del Dpr n. 633/1972, le cessioni di immobili siano soggette a Iva.
In un primo tempo, il legislatore si era disinteressato a tale imposta, per la quale è prevista un’aliquota agevolata del 4% (cfr il numero 21 della Tabella A, Parte II, allegata al Dpr n. 633/72), lasciando inalterato il riferimento (oltre che ai requisiti “prima casa” stabiliti dal Tur) alle caratteristiche di lussuosità previste dal Dm del 1969. Con l’articolo 33 del Dlgs n. 175/2014, si poi è provveduto al riallineamento delle due discipline, Iva e Registro, con la conseguenza che in entrambi i comparti impositivi l’agevolazione dipende dal mero dato catastale.

Vi è da dire che continua a esservi un riferimento al Dm del 1969 nel n. 127-undecies, che include tra le cessioni soggette ad aliquota del 10% quelle di case non “di lusso” secondo i precedenti parametri “qualora non ricorrano le condizioni richiamate nel numero 21)”. Tuttavia, l’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 31/2014, ha suggerito un’interpretazione sistematica del n. 127-undecies secondo cui: a) i fabbricati (catastalmente) di lusso sono sempre soggetti all’aliquota del 22%; b) quelli non di lusso, ma comprati senza agevolazione prima casa, sono soggetti all’aliquota del 10%; c) alla compravendita di quelli non di lusso, e con opzione per l’agevolazione, si applica l’aliquota del 4 per cento.

La decisione delle sezioni unite: l’esclusione dell’abolitio criminis.
La sentenza delle sezioni unite qui commentata ha affermato, ribaltando un orientamento consolidato, che le disposizioni che identificano le case “di lusso” in base alla sola categoria catastale non hanno determinato un fenomeno di “abolitio criminis”, e che le sanzioni irrogate in relazione agli atti anteriori al 2014 rimangono efficaci.
Secondo l’orientamento invalso nella Corte suprema (vedi articolo “Benefici prima casa: la categoria rileva solo per gli atti dal 2014”), il nuovo regime che attribuisce efficacia alla sola categoria catastale trova applicazione ai trasferimenti immobiliari successivi al 1° gennaio 2014, ma determinerebbe il venir meno delle sanzioni (pari al 30% della differenza tra l’imposta ordinaria e quella “agevolata”, come prevede il quarto comma della nota II-bis citata) in quanto dovrebbe applicarsi il principio del favor rei di cui all’articolo 3 del Dlgs n. 472/97 “salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile”.
La non sanzionabilità della condotta, secondo questo orientamento, deriva dal fatto che la novella del 2011 (efficace dal 2014) fa dipendere l’esistenza dell’agevolazione da fatti diversi da quelli originariamente previsti: non si potrebbe sanzionare il contribuente per aver reso una dichiarazione mendace soltanto all’epoca dei fatti, quando oggi il mendacio non potrebbe più realizzarsi, in quanto caduto su un elemento (caratteristiche non di lusso dell’immobile) espunto dalla fattispecie agevolativa.
Le pronunce che hanno seguito questo orientamento hanno, pertanto, confermato la liquidazione dell’imposta in misura ordinaria (e, quindi, il recupero della differenza rispetto all’imposta agevolata applicata), ma annullato le sanzioni.

Le sezioni unite hanno invece accolto la soluzione opposta, suggerita da un orientamento minoritario.
Tale soluzione, innanzitutto, è stata ritenuta coerente con il principio secondo cui l’abrogazione di un’imposta (o la modifica di una disciplina) non esclude che tale imposta continui a essere dovuta, così come continuino a essere dovute le sanzioni (vedi articolo “L’abolizione dell’imposta non cancella l’illecito”).
Le sezioni unite hanno rilevato, in maniera ineccepibile, che il comportamento sanzionato dal legislatore in tema di prima casa, sia prima che dopo le novelle del 2011 e 2014, è il mendacio circa i presupposti per l’agevolazione, cioè nel caso di specie circa le caratteristiche dell’immobile. Ciò che è mutato dal 2014 non è allora l’oggetto della dichiarazione, cioè le caratteristiche non di lusso dell’immobile, ma i presupposti dell’agevolazione cioè, appunto, i parametri per stabilire quando un immobile è o non è di lusso. È per questo motivo che, piuttosto che sul fenomeno del favor rei, che ha riguardo alla sostituzione di una norma sanzionatoria con una che preveda un trattamento meno afflittivo, occorre indagare sulla configurabilità di un’abolitio criminis.
Al fine di verificare se il mendacio sia davvero divenuto irrilevante, come sostiene una parte della giurisprudenza, la motivazione richiama una serie di note sentenze delle sezioni unite penali e ricorda che il fenomeno della successione di norme penali nel tempo (o, viceversa, della continuità tra le fattispecie) deve essere valutato in astratto, alla luce del criterio di coincidenza strutturale e non in concreto.
L’orientamento “sconfessato” utilizza proprio questo metro di giudizio, perché ritiene tuttora dovute le sanzioni del 30% quando il comportamento del contribuente sarebbe punibile sia secondo la vecchia norma (ad esempio, immobile di 250 m2), sia secondo la nuova (ad esempio, immobile signorile).
Inoltre, tale indirizzo viola il principio di legalità perché, in presenza di una norma transitoria espressa, non è possibile che il giudice applichi una disposizione (quella precedentemente vigente) all’imposta e un’altra (quella attualmente vigente) alla sanzione.

Per concludere, si può osservare che la sentenza in commento ha trattato espressamente la questione dell’efficacia temporale del Dlgs n. 175/2014, dato che il caso sottoposto all’attenzione della Corte era relativo a un immobile acquistato con Iva agevolata del 4 per cento. Tuttavia, le considerazioni sugli effetti temporali della novella che ha attribuito rilievo alla sola categoria catastale possono senz’altro estendersi anche al Dlgs n. 23/2011, che ha riformato la disciplina in tema di imposta di registro. Del resto, è stata proprio tale riforma a costituire il “modello” per la riforma ai fini Iva, non a caso, l’articolo 33 del Dlgs n. 175/2014 è rubricato “allineamento definizione prima casa IVA – registro”.

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/vecchie-sanzioni-nuova-disciplina-convivenza-possibile-nella-prima