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Giurisprudenza

La verifica prolungata “a sorpresa”
non può rendere l’atto nullo

La Corte di legittimità ha sottolineato che, nel caso alla sua attenzione, il tipo di comunicazione omessa non poteva pregiudicare l’esigenza di tutela del contribuente verificato

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La mera irregolarità dell’atto impositivo, derivante dall’inosservanza degli obblighi informativi e partecipativi prescritti dallo Statuto del contribuente, non può determinarne l’invalidità. Tale sanzione, a fronte del mero disagio arrecato dalla più lunga permanenza dei verificatori, sarebbe sproporzionata (Cassazione, sentenza n. 1301 del 22 gennaio 2020)   

Nella controversia in esame la suprema Corte ha respinto il ricorso presentato del contribuente avverso un provvedimento impositivo, lamentando la violazione degli obblighi informativi e partecipativi prescritti dallo Statuto del contribuente (articolo 12, legge n. 212/2000).

Detta norma prevede, tra l’altro, che “tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente. Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche. Su richiesta del contribuente, l'esame dei documenti  amministrativi  e contabili può essere effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta.”

La Corte di legittimità ha preso la sua decisione sulla base del seguente iter interpretativo.

Partendo dal fatto che il contribuente lamentava la mancata comunicazione preventiva delle ragioni che giustificavano la verifica con ispezione presso lo studio professionale, la Cassazione ha precisato, invece, che dagli atti risultava come l’autorizzazione all’accesso fosse stata notificata su parere conforme della Procura della Repubblica e che l’attività ispettiva fosse stata motivata come verifica sostanziale a carattere generale.

Risultava, pertanto, assolto il dovere prescritto dal menzionato articolo 12, risultando l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria all’ispezione.

Inoltre, ha continuato la Corte, il rispetto degli obblighi informativi non deve pregiudicare l’esercizio dell’attività ispettiva e di indagine successiva, come è stata nel caso in esame, la sottoposizione di questionari ai clienti del professionista, dovendosi trovare un equilibrio tra le contrapposte esigenze di tutela del contribuente e del proseguimento dell’attività ispettiva.

Sul punto, la Cassazione si è già espressa nel senso che, in tema di diritti e  garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’inosservanza dell’articolo 12, commi 1 e 3 della legge n. 212/2000, funzionali ad assicurare una equilibrata composizione delle diverse esigenze delle parti nello svolgimento della verifica, garantisce da una parte la necessaria efficacia dell’attività ispettiva e assicura d’altra parte la tutela dei diritti del contribuente sia come persona sia come soggetto economico.

Ciò può determinare la nullità del provvedimento impositivo solo laddove i verbalizzanti abbiano eseguito un accesso nei locali dell’impresa in difetto delle esigenze di ricerca e rilevazione in loco e non anche nell’ipotesi di verifica condotta in luoghi diversi.

In più, l’inosservanza degli obblighi informativi determina la nullità degli atti della procedura solo laddove l’effetto invalidante sia espressamente previsto ex lege. Negli altri casi, invece, occorre valutare, in coerenza altresì con la giurisprudenza comunitaria che impone di verificare se la prescrizione normativa si riferisca a una formalità o circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l’atto è preordinato, se la violazione si traduca in una mera irregolarità dell’atto o della procedura, ovvero se detta violazione sia idonea a determinare l’invalidità dello stesso.

Così, nel caso in esame, è da escludersi che l’imprecisa indicazione fornita al contribuente circa l’estensione temporale della verifica comporti l’automatica invalidità dell’atto, ancor più tenuto conto del fatto che l’atto impositivo era fondato sulla documentazione offerta dal contribuente.

Infine, il termine di permanenza degli operatori dell’amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente riveste natura ordinatoria, in assenza di una diversa ed espressa disposizione che lo dichiari perentorio o che stabilisca la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso.
La nullità di tali atti non può, inoltre, ricavarsi dalla ratio delle disposizioni in materia, risultando sproporzionata la sanzione della nullità a fronte del mero disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’amministrazione.

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