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Giurisprudenza

La voluntary è una pace con il Fisco,
l’euroritenuta no: niente rimborso

Quanto pagato dal contribuente nell’ambito della collaborazione volontaria non ha il carattere obbligatorio delle imposte sui redditi e quindi non c’è violazione del divieto di doppia imposizione

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Il diniego di rimborso dell'euroritenuta applicata su conti correnti esteri non viola alcun divieto di doppia imposizione, anche se vi è stata adesione alla procedura di voluntary disclosure. È quanto stabilito dalla Commissione tributaria provinciale di Modena con la sentenza 248/02/2021 del 4 maggio 2021.
La pronuncia di merito in esame va, quindi, ad aggiungersi alle altre favorevoli all'amministrazione (vedi articolo “L’adesione alla voluntary disclosure non prevede rimborso dell’"Euroritenuta”), mentre non risultano ancora emesse sentenze di legittimità sull'argomento.

I fatti di causa
Con apposita istanza presentata all'Agenzia delle entrate, un contribuente richiedeva il rimborso delle euroritenute subite su due conti correnti esteri: uno in Svizzera e uno in Liechtenstein. La richiesta di rimborso era motivata sul presupposto che egli, avendo aderito alla procedura di collaborazione volontaria, avrebbe subito una doppia imposizione sui redditi regolarizzati attraverso la predetta procedura.
Trascorsi i 90 giorni per la formazione del "silenzio-rifiuto", il contribuente presentava ricorso, che rientrava nella procedura di reclamo di cui all'articolo 17-bis del Dlgs n. 546/1992. La direzione provinciale delle entrate di Modena notificava diniego di mediazione.

Il contribuente, quindi, si costituiva in giudizio presso la Commissione tributaria provinciale di Modena. Nel ricorso, nel quale era presente un unico motivo, veniva compiuta una disamina dell'articolo 10 comma 2 del Dlgs n. 84/2005 e del suo rapporto con l'articolo 165 del Tuir (Dpr n. 917/1986). Veniva, inoltre, illustrato il meccanismo dell'euroritenuta ed evidenziate le ragioni per cui  si riteneva di aver diritto al rimborso della stessa. Il ricorrente esponeva, poi, la giurisprudenza di merito ad egli favorevole.

Nelle controdeduzioni trasmesse alla Ctp, la direzione provinciale delle entrate di Modena evidenziava che l'articolo 5-quater del Dl n. 167/1990, che regolamenta la procedura di voluntary, rinvia alle norme in materia di accertamento con adesione, conseguentemente, alla voluntary si applicano gli stessi principi di intangibilità e di immodificabilità previsti per il caso di adesione.
I predetti principi sono previsti sia dalle norme, in particolare l'articolo 2, comma 3 del Dlgs n. 218/1997, sia dal consolidato orientamento della Corte di cassazione. La Dp di Modena evidenziava, in particolare, le ordinanze nn. 13478/2020, 18925/2018 e la sentenza n. 13129/2018.
Veniva poi citata la giurisprudenza di merito favorevole all'Amministrazione, vale a dire le sentenze della Ctr Lombardia nn. 1690 e 209 del 2020 e 4260 e 3786 del 2019, della Ctp di Milano nn. 421/2020 e 5236/2018, della Ctp di Brescia n. 358/2018, della Ctp di Como n. 33/2018 e della Ctp di Mantova n. 12/2018.

L'esito del giudizio
Con la sentenza 248/02/2021 in commento, la Commissione tributaria provinciale di Modena ha stabilito, in particolare, che “Esiste normativa assimilazione tra la voluntary e l'accertamento con adesione. La apposizione di distinzioni [...] non trova concorde questa CT [...] La tematica della 'doppia imposizione' non può dunque trovare alcuna rilevanza nel caso di specie [...] Quanto liquidato da Ufficio e pagato dal contribuente in ambito voluntary non assume perciò il carattere dalla coercività ed obiettiva determinabilità proprio delle imposte sui redditi, la CT non vi ravvisa dunque alcuna violazione del convenzionale principio internazionale della doppia imposizione".
I giudici provinciali, quindi, hanno rigettato il ricorso del contribuente e condannato lo stesso al pagamento delle spese di lite.

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