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Giurisprudenza
L’uso di società finta a fini propri
Se l’amministratore di fatto utilizza uti dominus – come se ne fosse il detentore – le risorse di una società di capitali, artificiosamente costituita, si realizza un caso di interposizione fittizia. Di conseguenza il reddito formalmente prodotto dalla società e le relative imposte sono traslate in capo all’interponente. È il primo tra i principi enunciati Cassazione, con la sentenza n. 1358/2023
La regolare contabilità societaria
è un elemento compatibile con la frode
Il giudice di appello ha erroneamente dato valore alla correttezza dei registri che, invece, anche in base al costante orientamento di legittimità, sono facilmente falsificabili
In presenza di dichiarazione d’intento ideologicamente falsa, il contribuente cedente deve dimostrare l’assenza di un proprio coinvolgimento nell’attività fraudolenta. Respinta la tesi dei primi due gradi del giudizio secondo cui l’ufficio non aveva dimostrato che la società era consapevole della falsità delle lettere d’intento (Cassazione ordinanza n. 594/2023)
Una grave irregolarità delle scritture
chiama l’accertamento induttivo puro
Secondo la Cassazione nel caso in esame non c’era una parziale incongruenza della documentazione, compatibile con il mero completamento delle lacune riscontrate dall’Ufficio
È legittimo l’accertamento induttivo “puro” in presenza di rilevanti e ripetute irregolarità delle scritture contabili, discendenti dall’erronea qualificazione delle operazioni effettuate dalla società e determinanti una situazione di generale inattendibilità contabile. Lo ha precisato la Cassazione nella sentenza n. 908 del 13 gennaio 2023.