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Normativa e prassi

Accessibile la compensazione
se il debito riguarda l’Imu

Le modifiche all’ammontare del gettito allo Stato non hanno cambiato la natura dell’imposta, ne è conferma l’affidamento ai comuni della riscossione, dell’accertamento, dei rimborsi e del contenzioso

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L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 385 del 22 settembre 2020 risolve il dubbio di una società in liquidazione. L’istante ha presentato una dichiarazione Iva 2020 dalla quale emerge un credito d’imposta, che intende compensare con le ritenute operate a titolo di acconto sui redditi di lavoro autonomo. Contemporaneamente fa presente di avere un contenzioso in atto per alcuni debiti Imu, riferiti agli anni 2012 e 2013, scaduti e iscritti a ruolo a titolo provvisorio, di importo superiore a 1.500 euro, relativi a un fabbricato produttivo di categoria D.
Il contribuente chiede se la norma (all'articolo 31, comma 1, Dl n. 78/2010), che impedisce la compensazione dei crediti fino a concorrenza dei debiti erariali scaduti, valga anche per i ruoli relativi all’Imposta municipale. Secondo l’istante il “paletto” non riguarda il suo caso perché la disposizione restrittiva interessa soltanto i tributi erariali, categoria a cui non appartiene l’Imu.

L’Agenzia, per iniziare, riporta il contenuto dell’articolo 31 richiamato dall’istante secondo il quale “dal l° gennaio 2011, la compensazione dei crediti di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativi alle imposte erariali, è vietata fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a millecinquecento euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento...”.
L’amministrazione, con le circolari n. 4/2011 e n. 13/2011, ha precisato, a titolo esemplificativo, che per “imposte erariali” si intendono le imposte dirette, Irap compresa, le addizionali ai tributi diretti, le ritenute alla fonte (se relativi alle tipologie di imposte prima richiamate), l’Iva e le altre imposte indirette, con esclusione dei tributi locali e dei contributi di qualsiasi natura.

Definiti gli ambiti applicativi della norma che pone limiti all’istituto della compensazione, la risposta passa a descrivere le caratteristiche dell’Imu e la sua evoluzione legislativa. L’Imposta municipale è stata introdotta dagli articoli 8 e 9 del Dlgs n. 23/2011 ed è stata applicata in via sperimentare dal 2012 secondo le previsioni dell’articolo13 del Dl n. 201/2011 che, tra l’altro, riservava allo Stato il 50% del gettito del tributo e affidava ai comuni l’accertamento e la riscossione dell’imposta. A partire dal 2013 le modalità applicative della norma e le regole di distribuzione del gettito hanno subito importanti modifiche a opera dell’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012.
I cambiamenti apportati dal legislatore rispetto al quadro normativo originario, tuttavia, precisa l’amministrazione finanziaria, con riguardo soprattutto all’ammontare del gettito destinato allo Stato (e in particolare del gettito relativo ai fabbricati di categoria D come nel caso dell’interpello) non ha inciso sulla natura del tributo, che rimane comunale, come specificato nella risoluzione n. 2/DF/2012 richiamata anche dall’istante. Un'ulteriore conferma di tale affermazione deriva dall'affidamento dell'accertamento, del contenzioso, della riscossione e dei rimborsi Imu alle amministrazioni comunali. Il dipartimento delle finanze ha infatti precisato "...che l'esigenza di presentare l'istanza di rimborso al comune è dettata dalla circostanza che, anche nell'ipotesi di errato versamento nei confronti dello Stato, l'ente locale è l'unico soggetto legittimato alla verifica dell'esatto assolvimento dell'obbligo tributario da parte dei soggetti passivi” (circolare n. 1/DF/2016).

In definitiva, conclude l’Agenzia, esclusa la natura erariale dell'Imu, il debito dell’istante relativo all’Imposta municipale non ostacola la compensazione del credito emerso dalla dichiarazione Iva 2020 del contribuente perché, trattandosi di tributo comunale, non è applicabile il divieto previsto dall'articolo 31 Dl. 78/2010.

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