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Normativa e prassi

Accordo di ristrutturazione dei debiti,
il cessionario è tenuto a versare l’Iva

Nonostante l’avvicinamento dell’istituto alle “procedure concorsuali” permangono significative differenze come l’emissione della nota di variazione con la mera omologazione del tribunale

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Una società parte di un gruppo, che ha sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei propri debiti, ha l’obbligo non solo di registrare la nota di variazione in diminuzione regolarmente emessa, ma anche di procedere al riversamento della relativa Iva all’erario, senza attendere l'adempimento finale degli accordi stessi. Il chiarimento arriva dall’Agenzia con la risposta n. 340 del 13 maggio 2021.

L’istante fa presente che ha siglato un accordo di ristrutturazione dei propri debiti omologato dal tribunale e chiede, quindi, il corretto comportamento da tenere, in considerazione del fatto che alcuni creditori hanno provveduto all’emissione delle note di variazione per il recupero dell’Iva versata. In particolare l’istante chiede di sapere:

  • da quale giorno i creditori possono procedere all’emissione delle note di variazione per il recupero Iva (dies a quo)
  • se è tenuta a versare l’Iva delle note di variazione emesse dai propri creditori in base agli stralci accordati
  • se è esonerata dall'obbligo di registrazione delle note di variazione conseguenti agli stralci previsti negli accordi di ristrutturazione nel caso in cui i documenti di rettifica risultino emessi prima del decorso del dies a quo di cui al primo quesito, ovvero dopo il decorso del termine previsto dall'articolo 19, comma 1, del Dpr n. 633/1972.
  • qual è la modalità di recupero dell’Iva, considerato che ha già ricevuto, da parte di alcuni dei propri creditori falcidiati, delle note di variazione già registrate facendo quindi concorrere l'Iva a debito in esse esposte nelle proprie liquidazioni periodiche.

Il dubbio dell’istante riguarda in particolare la possibilità di applicare all’accordo di ristrutturazione i criteri individuati con gli altri strumenti di risoluzione delle crisi d’impresa, il fallimento e il concordato preventivo. Secondo i chiarimenti forniti con la risoluzione n. 155/2001 su un caso di fallimento, infatti, la registrazione della nota di variazione non determinava l’inclusione del credito erariale nel riparto finale ma semplicemente evidenziava “il credito eventualmente esigibile nei confronti del fallito tornato in bonis”. Parimenti la risoluzione n. 161/2001 su un caso di concordato preventivo aveva precisato che la registrazione della nota di variazione non comportava per il debitore concordatario l’obbligo di versamento dell’Iva.

L’Agenzia, dopo aver delineato il quadro normativo, ricorda che l’accordo di  ristrutturazione (articolo 182-bis legge Fallimentare) “consente all'imprenditore in stato di crisi di chiedere l'omologazione di un accordo stipulato con i creditori rappresentanti almeno il 60 per cento dei crediti, la cui attuabilità sia attestata da una relazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67,terzo comma, lettera d), della legge fallimentare, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori che sono rimasti estranei”.
Si tratta quindi di un contratto che vincola solo i creditori che vi abbiano aderito conservando per gli altri il diritto a essere soddisfatti per intero e alle scadenze previste. Negli accordi di ristrutturazione dei debiti, quindi, viene meno il carattere della concorsualità, riguardando solo una parte dei creditori e, a differenza delle procedure concorsuali che coinvolgono la pubblica autorità, sono privi del carattere dell'ufficialità.
L’Agenzia sottolinea che l’istituto dell’accordo di ristrutturazione è stato sì progressivamente valorizzato dal legislatore, ma rimangono significative differenze rispetto alle procedure concorsuali. Basti pensare alla possibilità in capo al cedente/prestatore di emettere una nota di variazione in diminuzione senza dover attendere l'acclarata finale infruttuosità della procedura, come avviene nelle procedure concorsuali, ma a fronte della mera omologazione dell'accordo da parte del tribunale competente.
Le indicazioni fornite dalla citata prassi relative al fallimento e al concordato preventivo non possono valere in riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti, i quali si distinguono da una “ordinaria” procedura concorsuale, non essendo vincolanti per i creditori rimasti, né prevedendo limitazioni all'attività di gestione del soggetto in crisi.
In presenza di tali accordi il debitore ha dunque l’obbligo, non solo di registrare la nota di variazione in diminuzione regolarmente emessa, ma anche di procedere al riversamento della relativa imposta all’erario, senza attendere l'adempimento finale degli accordi stessi (vedi anche circolare n. 12/2016, risposta n. 110/2018).

Riguardo ai singoli quesiti, l’Agenzia quindi, diversamente da quanto prospettato dall’istante, precisa che il dies a quo da cui ciascun creditore può emettere legittimamente la nota di variazione va individuato in quello di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Inoltre, il cessionario/committente a fronte delle note di variazione è tenuto anche al versamento dell’Iva e non solo alla registrazione delle note.
Il cessionario/committente è esonerato dall'obbligo di registrazione delle note conseguenti agli stralci previsti negli accordi di ristrutturazione nel caso in cui i documenti di rettifica risultino emessi prima del decorso del dies a quo, ovvero dopo il decorso del termine previsto dall'articolo 19, comma 1, del decreto Iva.
Per l’istante, infine, conclude l’Agenzia, non è previsto alcun recupero dell’Iva versata.

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