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Normativa e prassi

Ace: "ufficiale" l'aiuto alla crescita.
E' in Gazzetta il decreto attuativo

Il provvedimento disciplina la misura di incentivazione introdotta dalla manovra "salva Italia" a favore delle imprese che rafforzano la propria struttura patrimoniale

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E' sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 19 marzo il decreto del ministero dell'Economia e delle Finanze del 14 marzo di attuazione della disciplina concernente l'Aiuto alla crescita economica (Ace), disposizione introdotta dall'articolo 1 del decreto legge n. 201/2011 ("salva Italia"). La norma prevede un incentivo alla capitalizzazione delle imprese con lo scopo di fornire un aiuto alla crescita economica al fine di riequilibrare il trattamento fiscale tra imprese che si finanziano con debito e imprese che si finanziano con capitale proprio.

Nell'ottica, quindi di favorire il rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano, la nuova misura prevede di escludere dalla base imponibile del reddito d'impresa il rendimento nozionale dei nuovi apporti di capitale di rischio e degli utili reinvestiti in riserve di capitale.
Il rendimento nozionale sarà calcolato mediante l'applicazione di un'aliquota percentuale alla variazione del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Per i primi tre anni di applicazione, l'aliquota è stata fissata nella misura del 3%; successivamente, sarà individuata con decreto ministeriale entro il 31 gennaio di ogni anno, considerando i rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici, incrementabili di una percentuale per compensare il maggior rischio d'impresa.

I soggetti interessati sono le società e gli enti commerciali di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del Tuir, le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato, le società di persone e le persone fisiche titolari di redditi di impresa in contabilità ordinaria.
Sono esclusi gli enti non commerciali, le società assoggettate alle procedure di fallimento, liquidazione coatta e in amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Il beneficio previsto dall'Ace si concentra quindi sul nuovo capitale; infatti, rileveranno quali variazioni in aumento del capitale proprio i conferimenti e i versamenti in denaro e gli utili accantonati a riserva, tranne quelli destinati a riserve non disponibili. Come chiarito dal decreto attuativo, costituiscono riserve non disponibili le riserve derivanti da processi di valutazione e quelle formate con utili realmente conseguiti, che, per obblighi di legge, non sono distribuibili né utilizzati ad altri fini.
Il capitale proprio di riferimento su cui calcolare gli incrementi è il patrimonio netto contabile esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010, senza tener conto dell'utile del medesimo esercizio. Pertanto, per l'anno 2011, ai fini dell'incremento del capitale proprio, vi rientrano, oltre ai conferimenti in denaro effettuati nell'anno, anche l'utile 2010 accantonato a riserva disponibile.

Al riguardo, si precisa che i conferimenti in denaro rilevano a partire dalla data di versamento, mentre quelli derivanti dall'accantonamento di utili a partire dall'esercizio in cui le riserve si sono formate; di conseguenza, i conferimenti in denaro effettuati durante l'anno saranno computati in proporzione ai giorni che intercorrono tra la data di versamento e la data di fine esercizio (criterio pro rata temporis). Sono considerati, inoltre, conferimenti in denaro anche le rinunce incondizionate dei soci al diritto di restituzione di crediti aventi natura finanziaria verso la società e le conversioni in azioni di obbligazioni.

Rilevano, invece, come variazioni in diminuzione, nell'anno in cui sono verificati (in questo caso non si applica il criterio pro rata temporis), le riduzioni del patrimonio netto attribuite a qualsiasi titolo ai soci e gli acquisti di partecipazioni o aziende controllate. I decrementi che generano una riduzione del capitale investito, riguardano quindi, per quanto concerne l'attribuzione ai soci, oltre le riserve del capitale netto anche le attribuzioni in natura, mentre non sono considerati decrementi le riduzioni del patrimonio netto per effetto di perdite, in quanto, in questo caso, non si configura nessuna attribuzione ai soci.

Per le società di nuova costituzione, la nuova disposizione è particolarmente vantaggiosa: si considera incremento tutto il patrimonio conferito.

Diversamente da quanto previsto per le società di capitali, per i soggetti Irpef (imprese individuali e società di persone in contabilità ordinaria) la base su cui applicare il rendimento nozionale non sarà costituita dalla variazione del capitale proprio, ma si assumerà quale quota rilevante ai fini dell'Ace tutto il patrimonio netto al termine di ciascun esercizio, prescindendo quindi dal periodo di formazione del capitale. La quota del reddito agevolato, comunque, concorrerà, per i soggetti Irpef, alla formazione del reddito complessivo sia per l'individuazione delle aliquote per scaglioni sia per la determinazione delle detrazioni previste dal Tuir.

In definitiva, per la determinazione del rendimento nozionale da escludere dal reddito di impresa, bisogna moltiplicare il coefficiente del 3% per l'ammontare del nuovo capitale investito, calcolato quale differenza degli incrementi rilevanti ai fini dell'Ace e la base di riferimento (costituita dal patrimonio netto al 31.12.2010 meno i decrementi effettuati).
Ad esempio, si ipotizzi che una società nell'anno 2011 ha destinato l'utile di esercizio 2010 pari a 100mila in parte (10mila euro) a riserva non disponibile e in parte (90mila euro) a riserva straordinaria: l'importo da computare in diminuzione dal reddito d'impresa sarà pari a 2.700 euro, il 3% di 90mila.
Qualora l'importo del rendimento nozionale sia superiore al reddito complessivo netto, l'eccedenza che non ha trovato capienza potrà essere utilizzata nei periodi d'imposta successivi, senza vincoli temporali, ma in ogni caso l'Ace non potrà incrementare le perdite fiscali.
Per le società aderenti al consolidato nazionale, l'eccedenza può essere trasferita alla fiscal unit fino a concorrenza del reddito complessivo globale netto di gruppo a condizione che l'eccedenza si sia formata successivamente all'opzione per il consolidato.
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