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Normativa e prassi

Banche nel Regno Unito,
l'esenzione non è persa

Per il periodo transitorio Brexit, l’Uk deve essere considerato alla stregua di un Paese ancora ricompreso nel territorio Ue, per non determinare discriminazione tra i destinatari delle libertà fondamentali

regno unito staccato da europa

Con il principio di diritto n. 6 del 9 aprile 2021, l’Agenzia delle entrate chiarisce che nei confronti delle banche stabilite nel Regno Unito, durante il periodo transitorio, previsto dall’accordo di recesso del 18 ottobre 2019 tra Uk e Ue, deve applicarsi l’articolo 26, comma 5-bis, del Dpr n. 600/1973, che prevede l'esenzione della ritenuta sugli interessi e sugli altri proventi derivanti da finanziamento a medio e lungo periodo corrisposti dalle imprese residenti agli istituti creditizi presenti in uno Stato membro dell'Unione europea.
 
Il Regno Unito, infatti, deve essere considerato, per tutto il periodo transitorio della Brexit, al pari di un Paese ancora ricompreso nel territorio dell’Unione europea, perché in caso contrario si determinerebbe una violazione delle libertà fondamentali del trattato sul funzionamento dell’Ue, in particolare della libera prestazione di servizi e della libera circolazione di capitali, comportando una "discriminazione orizzontale" tra i destinatari delle stesse libertà.
 
Costituisce "discriminazione orizzontale", precisa l’Agenzia, qualunque discriminazione tra soggetti non residenti che porti a “favorire senza giustificazione i cittadini di taluni Stati membri rispetto ad altri” (sentenza della Corte di giustizia Ue del 24 febbraio 2015, causa C-512/13).
 
Sul piano fiscale, il principio delinea un divieto per gli Stati membri di esercitare la potestà tributaria con arbitrio e senza giustificazione, con l’obiettivo di eliminare tutte le misure che possano ostacolare la libera circolazione, all'interno della Comunità, delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Il principio, anche se riferito in senso letterale alle sole persone fisiche, "deve ritenersi estendibile  anche alle società”, alla luce della giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia Ue del 16 aprile 2015, causa C-591/13).
 
Ricordiamo che l'accordo di recesso tra il Regno Unito e l'Unione europea del 18 ottobre 2019 ha stabilito che, dopo il 31 dicembre 2020, l’Uk non è più parte del territorio doganale e fiscale dell'Ue. L'accordo disciplina la cosiddetta Brexit per cittadini e imprese, con un periodo transitorio dal 1° febbraio al 31 dicembre 2020, durante il quale la normativa e le procedure Ue in materia di libera circolazione delle persone, dei servizi, dei capitali e delle merci rimangono in vigore nel Regno Unito.
 
Il 30 gennaio 2020 si è conclusa la ratifica dell'accordo di recesso del Regno Unito dall'Unione europea con l'approvazione da parte del Consiglio dell’Ue. Nella quarta parte dell'accordo è prevista una specifica disciplina transitoria, che fa salva durante il periodo di transizione l’applicazione al Regno Unito del “diritto dell'Unione” (articolo 127 dell’accordo, “il diritto dell'Unione si applica al Regno Unito e nel Regno Unito durante il periodo di transizione”). Quest'ultimo include, tra gli altri, i principi generali del diritto unionale, quali le libertà fondamentali sancite dal Tfue (libertà di stabilimento, libera prestazione di servizi e libera circolazione di capitali) e il principio di non discriminazione, dalla cui lettura emerge che “nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità”.

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