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Normativa e prassi

Bonus aggregazioni solo alle indipendenti doc

Ogni rapporto di partecipazione prima della fusione impedisce l'applicazione dell'incentivo

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Il bonus aggregazioni premia solo le indipendenti doc. L'agevolazione fiscale prevista per le aggregazioni aziendali in un'ottica di promozione della competitività non può essere concessa se le società coinvolte nell'operazione di fusione non sono veramente indipendenti. L'esistenza tra loro di un qualsiasi rapporto di partecipazione, compreso il possesso temporaneo e occasionale di un numero insignificante di azioni, rappresenta un ostacolo insormontabile nella corsa alla conquista dell'incentivo (risoluzione n. 32/E). L'agenzia delle Entrate non accetta nessuna deroga al principio generale che disciplina la valutazione dei requisiti necessari per l'ammissione delle imprese al beneficio fiscale introdotto dalla legge finanziaria del 2007. Un bonus fino a cinque milioni di euro, calcolato sul disavanzo da concambio generato da operazioni di fusione e di scissione, oltre che sul maggiore valore iscritto dalla conferitaria in caso di conferimento di azienda "neutrale", che viene riconosciuto solo in presenza di tre requisiti, uno soggettivo e due oggettivi.
Il primo impone la specificazione della natura giuridica del soggetto nascente, che deve necessariamente essere residente entro i confini dello Stato e qualificato come società per azioni, a responsabilità limitata, in accomandita per azioni oppure come società cooperativa e di mutua assicurazione.
Il secondo criterio, detto di operatività, stabilisce l'obbligo per le aggreganti di dimostrare, sulla base dei bilanci, lo svolgimento di un'effettiva attività d'impresa nei due anni precedenti l'aggregazione.
L'altro criterio oggettivo, quello di indipendenza, presuppone che la fusione avvenga tra soggetti che non appartengono allo stesso gruppo societario. Risultano dunque escluse dalla fruizione del beneficio sia le società legate da un rapporto di partecipazione, sia quelle che risultino controllate anche indirettamente dallo stesso soggetto.

È in base a quest'ultimo assunto che i tecnici del Fisco hanno risposto negativamente all'istanza di interpello presentata da una società quotata in Borsa posta a capo di un gruppo bancario e nata dalla fusione tra due società preesistenti, i beni e i diritti di una delle quali saranno valutati in sede di bilancio secondo il principio del fair value, che comporta l'iscrizione di maggiori valori per un importo di alcune decine di milioni di euro.
Al contrario di quanto ritenuto dal contribuente, però, nei due anni precedenti la fusione le due società non erano completamente indipendenti: una delle due aziende deteneva nel proprio portafoglio, anche se in forma occasionale, un certo numero di azioni dell'altra. Un dettaglio che, pur risolvendosi nel controllo di una quota infinitesimale del capitale di una delle due imprese, rappresenta ai fini fiscali una condizione sufficiente per negare la concessione dell'agevolazione.
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