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Normativa e prassi

Bonus “impatriati” e forfetario:
regimi alternativi e non cumulabili

Il reddito soggetto a tassazione sostitutiva non partecipa alla formazione del reddito complessivo e quindi non può essere compatibile con la riduzione dell’imponibile riconosciuta per chi si trasferisce in Italia

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La cittadina italiana laureata che, dopo più di cinque anni di residenza all’estero, intende rientrare in Italia, trasferendo la propria residenza, e aprire una partita Iva, per avviare un’attività autonoma, deve scegliere se adottare il regime forfetario o beneficiare delle agevolazioni previste per i lavoratori “impatriati”.
I due trattamenti di favore, afferma l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 283/2019, in contrasto con quanto sostenuto dall’istante, sono infatti incompatibili.

Il documento di prassi, innanzitutto, riassume sinteticamente quali sono i vantaggi riconosciuti ai cosiddetti “impatriati”.
L’articolo 16 del Dlgs n. 147/2015 ha introdotto un regime fiscale speciale per richiamare in Italia lavoratori altamente qualificati e specializzati con lo scopo di favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del nostro Paese. In particolare, l’agevolazione, destinata a chi (persona fisica) decide di trasferire la residenza in Italia ed è in possesso dei requisiti previsti, alternativamente, dai commi 1 o 2 del richiamato articolo 16, consiste in un taglio dell’imponibile dei redditi di lavoro dipendente e autonomo prodotti all’interno dei confini nazionali, i quali, in misura ridotta, concorrono alla formazione del reddito complessivo.
Lo sconto è a tempo, può essere applicato per cinque anni a partire dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

Il regime forfetario, disciplinato dall’articolo 1, comma 54, legge n. 190/2014, che l’istante intende “abbinare” allo sconto “impatriati”, invece, prevede un’imposta sostitutiva sull’ammontare dei compensi percepiti, ridotti sulla base di coefficienti di redditività. Il sistema può essere applicato dalle persone fisiche esercenti un’attività di impresa, arte o professione in forma individuale, che, nell’anno precedente, hanno conseguito ricavi non superiori a 65mila euro e, contestualmente, non incorrano in una delle cause di esclusione previste dal successivo comma 57.
In particolare, la tassazione sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’Irap, calcolata nella misura del 15%, è determinata applicando all’ammontare dei compensi un coefficiente di redditività pari al 78%.

L’Agenzia chiarisce che il reddito in questione è sottoposto a un’imposta sostitutiva e quindi non concorre alla formazione del reddito complessivo (articolo 3, comma 3, lettera a), del Tuir): elemento essenziale per rispondere al quesito della contribuente.
Detto ciò, infatti, diventa chiaro che i due regimi speciali sono alternativi tra loro: l’istante, se ritorna in Italia e svolge un lavoro autonomo, non può avvalersi delle agevolazioni “impatriati” per i redditi sottoposti a “forfetario” visto che quest’ultimi non partecipano alla formazione del reddito complessivo.

Fatti i calcoli, spetta alla contribuente scegliere quale dei due regimi fiscali è per lei più conveniente.

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