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Normativa e prassi

Bonus ricerca e sviluppo:
aggiornate le linee guida_1

Le istruzioni per l’applicazione della disciplina agevolativa, di cui all’articolo 3 del Dl 145/2013, revisionate da Agenzia delle Entrate e ministero dello Sviluppo economico

Con la circolare 13/E del 27 aprile 2017, l’Agenzia delle Entrate, d’intesa con il ministero dello Sviluppo economico, fornisce un aggiornamento delle linee guida sulla disciplina agevolativa introdotta dall’articolo 3 del Dl 145/2013, che ha previsto un credito di imposta a favore delle imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo.

La prima parte del documento è dedicata all’esame delle novità apportate dalla legge di bilancio 2017 e agli effetti di tali novità sul meccanismo di calcolo del credito di imposta.
Nella seconda parte della circolare, nove “macrocontenitori”, ciascuno suddiviso in sottocapitoli con formato “domanda/risposta”, raggruppano gli ulteriori chiarimenti relativi a specifici aspetti della disciplina agevolativa.
 
Prima di entrare nel dettaglio delle istruzioni, l’Agenzia fa presente che:

  • per quanto non espressamente trattato nel documento, occorre riportarsi al decreto di attuazione del 27 maggio 2015 e alla precedente circolare 5/2016, con la quale sono stati forniti i primi chiarimenti interpretativi, nella misura in cui le indicazioni già fornite risultano compatibili con il quadro normativo odierno
  • nelle ipotesi di soluzioni interpretative adottate in difformità dalle istruzioni impartite con il documento di prassi, si configura l’esimente delle obiettive condizioni di incertezza interpretativa della norma, con conseguente possibilità per i contribuenti di regolarizzare la propria posizione, secondo le regole ordinarie, senza applicazione di sanzioni
  • in caso di dubbi di natura non tributaria, concernenti esclusivamente la riconducibilità delle attività per le quali si intende fruire del beneficio tra le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito di imposta, è possibile acquisire autonomamente il parere tecnico del ministero dello Sviluppo economico.

Le novità della legge di bilancio 2017
Come preliminarmente ricordato dalla circolare, l’incentivo, già oggetto di un intervento di restyling da parte del legislatore della legge di stabilità 2016, è stato notevolmente rafforzato e semplificato nel meccanismo applicativo dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 15 e 16, legge 232/2016). Le modifiche introdotte hanno efficacia a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (quindi, nella generalità dei casi, dal 2017).
 
La durata dell’agevolazione passa da cinque a sei anni. Inizialmente attribuito per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo effettuati a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019, con la nuova formulazione il bonus in parola spetta per gli investimenti effettuati fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020. Quindi, per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare, il credito riguarderà gli investimenti effettuati negli anni dal 2015 al 2020, mentre per i soggetti con periodo di imposta non coincidente con l’anno solare riguarderà gli investimenti effettuati a decorrere dal periodo di imposta 2015-2016 e fino al periodo di imposta 2020-2021.
 
La misura dell’aliquota del credito di imposta è fissata unitariamente al 50% di tutte le spese ammissibili sostenute in eccedenza rispetto al parametro storico di riferimento (nella generalità dei casi, si tratta delle spese ammissibili sostenute nel triennio 2012-2014). La formulazione precedente, invece, fissava al 25% l’aliquota ordinaria del credito di imposta (per la quota di eccedenza riferibile alle quote di ammortamento dei costi di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio e alle spese di acquisizione di “competenze tecniche e privative industriali”), elevandola al 50% in relazione alla quota dell’eccedenza agevolabile riferibile alle spese per il “personale altamente qualificato” impiegato nell’attività di ricerca e a quelle per i contratti di ricerca extra-muros.
Il tetto massimo annuale dell’agevolazione passa da 5 milioni di euro, fissati dalla vecchia disposizione, a 20 milioni di euro, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo per almeno 30mila euro.
Per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare, l’incremento dell’importo massimo riguarderà il credito di imposta calcolato per gli investimenti effettuati nei periodi 2017-2020.
 
La nuova formulazione amplia il novero delle spese ammissibili alle spese relative al “personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo”.
Al riguardo, l’Agenzia ricorda che, prima della novella normativa, il costo per il personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo in possesso dei titoli richiesti dalla norma (dottorato di ricerca o laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico ovvero l’iscrizione a un ciclo di dottorato di ricerca) risultava ammissibile con applicazione dell’aliquota del credito di imposta in misura maggiorata, pari al 50%, mentre le spese per il personale “tecnico”, cioè per il personale impiegato in attività di ricerca e sviluppo non in possesso dei titoli richiesti dalla norma erano escluse dall’applicazione del beneficio.
 
Con la precedente circolare 5/E del 2016, dette spese erano state considerate ammissibili se e nei limiti in cui fossero riconducibili alla categoria delle spese per “competenze tecniche”, con applicazione del beneficio nella misura ordinaria del 25 per cento. In tal modo, sebbene con aliquote differenti, tutti i costi sostenuti per il personale impiegato in attività di ricerca e sviluppo eleggibili erano ammessi al beneficio.
Venendo meno il requisito secondo cui il personale impiegato nelle suddette attività deve essere anche “altamente qualificato”, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (dal 2017 nella generalità dei casi), non occorre più distinguere, nell’ambito del personale addetto alle attività di ricerca e sviluppo, il costo sostenuto per il “personale altamente qualificato” da quello sostenuto per il “personale non altamente qualificato”.
I soggetti interessati possono, quindi, beneficiare del credito di imposta con riferimento alle spese per il personale, a prescindere dalla qualifica e dal titolo di studio, sempre che lo stesso sia impiegato in attività coerenti e connesse con l’oggetto della ricerca svolta.
 
L’incentivo è, inoltre, interessato dalla disposizione di cui al nuovo comma 1-bis, concernente le attività di ricerca e sviluppo svolte da imprese che operano sul territorio nazionale in base a contratti stipulati con imprese (prive di stabile organizzazione in Italia) residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo oppure in “Paesi e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni”, le quali, in precedenza, erano state escluse in via interpretativa (sulla scorta della relazione illustrativa al decreto attuativo del 27 maggio 2015, a cui si era allineata la circolare 5/2016) dall’applicazione del beneficio.
Ai soli effetti del credito di imposta, il soggetto commissionario residente viene di fatto equiparato al soggetto investitore, cioè a colui che effettua investimenti per lo svolgimento dell’attività di ricerca in proprio, con conseguente applicazione delle medesime regole ordinariamente previste dalla disciplina agevolativa.
La circolare precisa che la novella normativa riguarda sia le ipotesi in cui il contratto di ricerca venga stipulato con una controparte indipendente, sia le ipotesi in cui il contratto sia stipulato con una parte correlata e cioè con una società estera del gruppo, nonché il caso in cui le spese ammissibili siano sostenute da una stabile organizzazione in Italia in esecuzione degli accordi intercorrenti con la casa madre estera.
 
Per evitare una duplicazione del beneficio, viene precisato che, in relazione a una medesima attività di ricerca, il credito di imposta non può che essere riconosciuto a un solo soggetto e, pertanto, la modifica introdotta non riguarda le ipotesi in cui il commissionario svolga l’attività per conto di un’impresa residente, atteso che le relative spese già rilevano come investimenti propri per il committente a titolo di ricerca extra-muros.
 
Ai fini dell’attribuzione del credito di imposta ai commissionari residenti, il riferimento testuale alle “imprese”, contenuto nel comma 1-bis, viene inteso in senso ampio. L’Agenzia ritiene, infatti, che il credito di imposta possa spettare anche nelle ipotesi in cui la controparte sia una università o un altro ente di ricerca non residente (compresi gli enti di rilevanza comunitaria). Ciò per evitare disparità di trattamento tra soggetti commissionari residenti in funzione della qualifica del proprio committente estero, oltre al fatto che non sempre è facile per i primi appurare l’esatta qualifica della propria controparte contrattuale nel contesto estero di riferimento.
 
Inoltre, considerato che tra i soggetti beneficiari dell’agevolazione sono annoverati gli enti non commerciali che svolgono attività commerciale, nel caso in cui gli investimenti in ricerca e sviluppo riguardino appunto quest’ultima attività, l’Agenzia ritiene che l’agevolazione spetti anche al commissionario residente che ha natura di ente non commerciale (come, ad esempio, nelle ipotesi di attività di ricerca commissionata da un soggetto non residente a una università o ad altro ente di ricerca residente).
 
L’effetto delle novità sul calcolo dell’agevolazione
Prima di illustrare gli effetti delle novità apportate dalla legge di bilancio 2017 sul meccanismo agevolativo, la circolare ricorda che coesistono due modalità di calcolo del credito di imposta: mentre per i primi due periodi di imposta di vigenza del beneficio (nella generalità dei casi si tratta degli investimenti ammissibili effettuati nei periodi di imposta 2015 e 2016) la determinazione dell’agevolazione avviene in funzione della diversa aliquota del credito di imposta disposta – nella misura del 25% e del 50% – per tipologie di spese ammissibili e il credito di imposta così determinato spetta a ciascun beneficiario fino all’importo massimo annuale di 5 milioni di euro, per i restanti periodi di imposta di vigenza dell’incentivo (nella generalità dei casi si tratta degli investimenti che saranno effettuati negli anni dal 2017 al 2020), la determinazione dell’agevolazione avviene in funzione dell’applicazione dell’aliquota unica del credito di imposta – pari al 50% – a tutte le tipologie di spese eleggibili e il bonus così determinato spetta a ciascun beneficiario fino all’importo massimo annuale di 20 milioni di euro.
 
In merito al meccanismo concreto di determinazione dell’agevolazione, la circolare evidenzia, in primo luogo, che le novità introdotte dalla legge di bilancio 2017 non modificano la condizione richiesta per l’accesso al beneficio, vale a dire il sostenimento di una spesa complessiva per investimenti ammissibili pari almeno a 30mila euro nell’anno per cui si intendesse fruire dell’agevolazione.
 
Inoltre, venendo meno la differenziazione della misura del beneficio in funzione della diversa aliquota (25% e 50%) stabilita per tipologie di spese ammissibili, per effetto dell’applicazione dell’aliquota unica, pari al 50%, la modalità di calcolo dell’agevolazione risulta notevolmente semplificata, in quanto, una volta verificata l’esistenza di un incremento della spesa complessiva, non sarà più necessario, ai soli effetti della quantificazione del beneficio spettante, ripartire l’eccedenza tra i gruppi di spese, individuati in ragione della diversa aliquota del credito di imposta, e stabilire incrementi e decrementi rispetto alla media degli investimenti pregressi riferibile al singolo gruppo di spese.
In sostanza, dopo aver verificato che l’ammontare degli investimenti ammissibili abbia raggiunto l’importo minimo richiesto, occorre appurare la sussistenza di un incremento della spesa agevolabile e, quindi, che l’importo della spesa complessiva per gli investimenti ammissibili superi l’importo rappresentato dalla media aritmetica della massa degli investimenti ammissibili effettuati nei tre periodi di imposta precedenti a quello di prima applicazione dell’agevolazione (idem est, periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015 e, quindi, nella generalità dei casi nel triennio 2012-2014) o nel minor periodo di riferimento (se si tratta di investimenti effettuati da imprese in attività da meno di tre periodi di imposta rispetto a quello di prima applicazione dell’agevolazione). Se l’incremento è verificato, alla differenza positiva così determinata va applicata, ai fini del calcolo del credito di imposta effettivamente spettante, l’aliquota in misura pari al 50 per cento.
 
Per quanto attiene alla determinazione dell’agevolazione spettante ai commissionari residenti che eseguono attività di ricerca per conto di committenti esteri, la circolare precisa che il calcolo del beneficio non è parametrato al corrispettivo contrattualmente pattuito, ma – come avviene nei casi di imprese residenti che svolgono attività di ricerca e sviluppo in proprio – ai costi sostenuti, rientranti nelle quattro categorie di spese ammissibili di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6, articolo 3, Dl 145/2013, secondo le regole previste dalla disciplina agevolativa, comprese quelle relative all’imputazione temporale delle spese di cui all’articolo 109 del Tuir, al rispetto del principio di omogeneità dei valori comparati e all’applicazione del meccanismo incrementale.
 
Viene distinta l’ipotesi in cui il commissionario residente esegue attività di ricerca esclusivamente per conto di committenti esteri da quella in cui, oltre all’esecuzione di contratti di ricerca su commissione con controparti estere, effettui anche investimenti in proprio per attività di ricerca e sviluppo.
Nella prima ipotesi, il commissionario residente ha diritto al credito di imposta se e nei limiti in cui le spese per le commesse estere, sostenute nel periodo di imposta per il quale intende accedere all’agevolazione e rientranti nelle categorie di costi eleggibili, eccedono il valore medio della massa delle spese ammissibili sostenute nei periodi di imposta rilevanti ai fini del calcolo della media di riferimento.
Nella seconda ipotesi, sempre ai fini della spettanza del credito di imposta, viene richiesta la sussistenza di un incremento complessivo delle attività svolte dal commissionario. A tal fine, viene precisato che la media di riferimento va implementata dei costi ammissibili sostenuti per le commesse provenienti da soggetti non residenti.
Per maggiore chiarezza, la circolare illustra, in un apposito paragrafo, una serie di esempi sulle modalità di calcolo del credito di imposta.

1 – continua.
 

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