Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Normativa e prassi

Cessazione rapporto di agenzia: accantonamenti indeducibili

Recepito il più recente e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità

scatole colorate
Gli accantonamenti effettuati in adempimento degli obblighi imposti dagli accordi economici collettivi, previsti per gli agenti e i rappresentanti di commercio, sono indeducibili dal reddito d'impresa della casa mandante. E' l'indirizzo dato dall'Agenzia delle entrate con la circolare n. 42/E del 6 luglio 2007, che recepisce, così, il più recente e consolidato orientamento della Corte di cassazione.

L'Amministrazione finanziaria è tornata ad occuparsi, a distanza di circa tre anni, della questione concernente la deducibilità degli accantonamenti effettuati per la (eventuale) corresponsione dell'indennità suppletiva di clientela e della indennità meritocratica all'atto di cessazione del rapporto di agenzia, ritenendo, sulla scorta della recente giurisprudenza di legittimità, non più sostenibile la tesi interpretativa contenuta nella risoluzione n. 59/E del 9 aprile 2004.

Il documento di prassi chiariva che, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 4 dell'articolo 105 del Tuir (nella formulazione vigente dal 1° gennaio 2004), l'accantonamento ai fondi per indennità di cessazione del rapporto di agenzia, valorizzato nelle sue diverse componenti (indennità di risoluzione, indennità suppletiva e, se ne ricorrono i presupposti, indennità meritocratica), era riconosciuto fiscalmente deducibile nei limiti dell'importo massimo previsto dall'articolo 1751, terzo comma, del Codice civile.
Inoltre, poiché le disposizioni contenute nei citati commi 1 e 4 dell'articolo 105 del Tuir erano identiche a quelle che erano contenute nei commi 1 e 3 dell'articolo 70 del Tuir, nella formulazione vigente fino al 31 dicembre 2003, disciplinanti la medesima tipologia di accantonamenti anteriormente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, la stessa risoluzione n. 59/E del 2004 aveva rilevanza anche in relazione alle controversie pendenti sulla questione della deducibilità degli accantonamenti in argomento.

La posizione allora assunta era in sintonia con il previgente orientamento della Suprema corte (cfr Cassazione, sezione V, 27 giugno 2003, n. 10221), in base al quale "l'articolo 70, comma 3 del D.P.R. n. 917/1986... si riferisce alle indennità percepite per la cessazione del rapporto di agenzia delle persone fisiche, tra le quali rientra l'indennità suppletiva di clientela. In contrario non vale rilevare che dal contratto collettivo che disciplina detta indennità suppletiva risulta che essa non viene corrisposta sempre ma soltanto nelle ipotesi di scioglimento di un contratto a tempo indeterminato per fatto non imputabile all'agente. La natura aleatoria dell'indennità, infatti, non consentiva all'Ufficio di contestare in radice la legittimità dell'accantonamento, ma solo di determinare il quantum di quest'ultimo sulla base di criteri statistici che tenessero conto delle probabilità di cessazione del rapporto di agenzia per fatto imputabile all'agente".

Per completezza, si segnala che nello stesso anno la Cassazione si era già espressi in senso opposto, statuendo che "l'indennità suppletiva di clientela non ha natura previdenziale e, soprattutto, è caratterizzata dalla mera eventualità dell'obbligo del preponente alla sua corresponsione, condizionata... alla ricorrenza dell'ipotesi che il contratto di agenzia si sciolga ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all'agente", con la conseguenza che, nel rispetto del principio generale statuito dall'articolo 75 del Tuir (nella formulazione ante 1° gennaio 2004), l'indennità suppletiva di clientela assumeva rilevanza fiscale, ai fini della deducibilità dal reddito di impresa, solo nell'esercizio in cui effettivamente viene erogata (cfr sezione V, 16 maggio 2003, n. 7690).

Come anticipato in precedenza, la più recente e consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr sezione V, 18 novembre 2005, n. 24443; 24 novembre 2006, n. 24973; 30 gennaio 2007, n. 1910) ha affermato l'indeducibilità dei predetti accantonamenti, sul presupposto che l'indennità suppletiva di clientela rappresenta un costo meramente eventuale sia nell'an che nel quantum, come tale non accantonabile fiscalmente e, quindi, non deducibile dal reddito d'impresa, manifestando, invece, la qualità di componente negativo deducibile solo nell'esercizio in cui venga concretamente corrisposta.

Inoltre, le recenti pronunce della Cassazione (in particolare, sentenza n. 24973 del 2006) non ritengono più sostenibili le argomentazioni poste a fondamento della citata sentenza n. 10221 del 2003, considerato che il consentire la deducibilità di tali accantonamenti:

 

  • "urta contro il chiaro ed univoco disposto normativo richiamato per il quale, come detto, la "natura aleatoria" dell'erogazione in questione (riconosciuta dalla stessa risoluzione invocata) esclude la possibilità di considerare come "maturata" nell'anno una qualche quota della stessa ".
  • non trova conforto nella "funzione" ("sostituire il mancato reddito derivante dalla cessazione del rapporto") che si assume svolta dall'indennità de qua atteso che il problema giuridico è dato sempre e solo dalla individuazione, anche al fine di determinare l'esercizio (fiscale) di competenza, del momento di "maturazione" dell'emolumento e tale momento può coincidere unicamente con il sorgere del diritto, quindi con la cessazione del rapporto

Conseguentemente al superamento della precedente posizione, le somme accantonate ai predetti fondi possono essere dedotte solo nell'esercizio in cui vengono effettivamente corrisposte all'agente o al rappresentante di commercio.

Il documento di prassi in commento contempla, inoltre, la possibilità, per il contribuente che abbia dedotto gli accantonamenti in base alla previgente interpretazione, di rettificare la dichiarazione ai sensi dell'articolo 2, comma 8, del Dpr n. 322/1998, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione originaria.
Viene prevista anche la possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso, ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

La circolare n. 42/E, tenuto conto dell'incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni del Tuir, prevede, inoltre, la possibilità di non applicare sanzioni e interessi moratori, ai sensi degli articoli 6, decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e 10, comma 2, legge 27 luglio 2000, n. 212, nei confronti di quei contribuenti che abbiano dedotto gli accantonamenti in argomento successivamente alla emanazione della risoluzione n. 59/E del 2004.

Tuttavia, considerato che l'orientamento della Suprema corte si è oramai consolidato, la non applicazione delle sanzioni e degli interessi è consentita solo qualora la rettifica della dichiarazione (e quindi il recupero a tassazione dei predetti accantonamenti) avvenga entro il termine di presentazione di Unico 2007 (tenuto anche conto della proroga prevista dal Dpcm del 31 maggio 2007), ovvero prima che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento.

Infine, si rileva che la posizione assunta con la circolare in commento ribadisce quanto era già stato affermato (in vigenza del Dpr 29 settembre 1973, n. 597) con la risoluzione 21 luglio 1980, n. 120, che escludeva espressamente la possibilità dell'accantonamento delle quote in argomento, sul presupposto che "la corresponsione dell'indennità (suppletiva di clientela)... compete all'agente o rappresentante di commercio soltanto in determinate e limitate circostanze connesse al verificarsi di particolari situazioni, per cui la possibilità di un accantonamento generalizzato non si ritiene giustificata".

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/normativa-e-prassi/articolo/cessazione-rapporto-agenzia-accantonamenti-indeducibili