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Normativa e prassi

Cessione agevolata beni ai soci:
la minusvalenza è senza abuso

La complessa operazione descritta dalla società interpellante non si pone in contrasto con norme fiscali e non viola principi dell’ordinamento tributario ed è, quindi, legittima

La cessione agevolata dei beni ai soci non rientra nella disciplina dell’abuso di diritto anche se la società deduce la relativa minusvalenza e utilizza il corrispettivo della cessione per estinguere parte di un prestito obbligazionario in precedenza sottoscritto da due soci. A questa conclusione è giunta la risoluzione n. 101/E del 27 luglio 2017.
 
La fattispecie oggetto di interpello
A seguito di un’istanza di interpello, l’Agenzia delle entrate nella risoluzione in esame ha analizzato - sotto il profilo della disciplina dell’abuso di diritto - il caso di una società che ha effettuato una cessione agevolata ai soci (cfr articolo 1, commi da 115 a 120, della legge 208/2015) di alcuni immobili dagli stessi già condotti in locazione e in precedenza rivalutati.
La cessione ha determinato il realizzo di una minusvalenza data dalla differenza tra il corrispettivo (pari al valore di mercato) e il valore fiscale degli immobili. Il corrispettivo incassato dalla cessione è stato utilizzato dalla società per rimborsare anticipatamente buona parte di un prestito obbligazionario sottoscritto in precedenza da due soci.
 
La disciplina dell’abuso del diritto
Per verificare eventuali profili abusivi, la risoluzione in esame, richiamando quanto previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente (articolo 10-bis, legge 212/2000) ricorda che occorre che in un’operazione sussistano congiuntamente:
  • la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”, costituito da “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario
  • l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione o delle operazioni poste in essere consistenti in “fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali
  • l’essenzialità del conseguimento di un “vantaggio fiscale”. 
Peraltro, pur in presenza di tutti e tre gli elementi evidenziati, non sono abusive le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale.
 
La disciplina della cessione agevolata
Ciò premesso, la risoluzione ha preliminarmente verificato che nell’operazione prospettata sussista la prima condizione prevista dalla normativa in materia di abuso del diritto, ossia la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”, poiché realizzato in contrasto con la disciplina della cessione agevolata.
Sul punto, occorre ricordare che la cessione agevolata è un regime fiscale di carattere temporaneo, già introdotto in passato, che consente, tra l’altro, la cessione agevolata ai soci di taluni beni immobili e di beni mobili iscritti in pubblici registri. Si tratta, in particolare, dei beni immobili diversi da quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’attività d’impresa e dei beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come beni strumentali nell’impresa.
L’agevolazione si traduce in un vantaggio per la società: sulla plusvalenza da cessione del bene, infatti, è prevista un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap inferiore rispetto a quella ordinaria e pari all’8%, ovvero al 10,5%, se la stessa è considerata non operativa o in perdita sistematica.
La finalità dell’agevolazione, come emerge dalla relazione illustrativa, è quella di offrire l'opportunità di estromettere dal regime di impresa, a condizioni fiscali meno onerose di quelle ordinariamente previste, quegli immobili per i quali allo stato attuale non si presentano condizioni di impiego mediamente profittevoli.
 
Il parere dell’Agenzia
Da un punto di vista interpretativo, la risoluzione chiarisce, in primo luogo, che la società può dedurre la minusvalenza derivante dalla cessione dei beni - e determinata in misura pari alla differenza tra il corrispettivo a valore di mercato e il costo fiscale degli immobili - considerato che tale deducibilità è riconosciuta anche all’interno della disciplina della cessione agevolata (cfr circolare n. 37/E del 16 settembre 2006).
Non è deducibile la minusvalenza ai fini Ires, invece, qualora determinata utilizzando il valore catastale dell’immobile, considerato che tale valore è previsto dalla norma agevolativa “ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva” e, quindi, solo in presenza di un componente positivo di reddito.
Ai fini Irap, peraltro, la minusvalenza in esame è deducibile secondo l’importo rilevato in contabilità, sulla base del principio della presa diretta dal bilancio.
La stessa risoluzione precisa che l’operazione realizzata dalla società, ossia la cessione agevolata ai soci di taluni beni e il rimborso anticipato di parte di un prestito obbligazionario, non viola la finalità della disciplina in materia di cessione agevolata.
In definitiva, non esistendo alcun vantaggio fiscale indebito, la fattispecie in esame non può considerarsi abusiva.
 
Esempio
Si supponga una società che effettua un’operazione di cessione agevolata ai soci di alcuni immobili che erano stati nel 2008 rivalutati, ai sensi dell’articolo 15, commi da 16 a 23, Dl 185/2008.
Gli immobili presentano i seguenti valori:
  • corrispettivo di vendita, pari al valore di mercato = 80mila euro
  • valore fiscalmente riconosciuto, post rivalutazione effettuata nel 2008 = 100mila euro.
In tal caso, in assenza di base imponibile, la società non versa alcuna imposta sostitutiva e deduce ai fini Ires e Irap la minusvalenza derivante dalla cessione degli immobili ai soci pari a 20mila euro.
Non è considerato abusivo il comportamento della società che utilizza il corrispettivo incassato dalla cessione per rimborsare anticipatamente parte di un prestito obbligazionario in precedenza sottoscritto da due soci.
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