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Normativa e prassi

Cessioni intracomunitarie di beni
lavorati altrove: transito irrilevante

La merce ha come destinazione finale il paese di stabilimento del committente e non quello in cui passa solo temporaneamente per essere sottoposta a un primo trattamento

immagine generica con mezzi di trasporto
La cessione intracomunitaria di beni, che prima di essere trasferiti al committente subiscono lavorazioni (articolo 41, comma 1, lettera a), Dl 331/1993) da parte di un terzo soggetto di altro paese, si intende effettuata nei confronti della partita Iva rilasciata dal paese di destinazione del bene e non di quella rilasciata dal paese della lavorazione, pure quando il committente si sia identificato anche in quest’ultimo.
 
È il principio di diritto n. 10/2018 espresso in data odierna dall’Agenzia delle entrate, che ha così esteso a questa nuova fattispecie i chiarimenti forniti nella circolare 13/1994 con cui – affrontando il caso di un operatore nazionale che cede materie prime a un soggetto greco, con consegna per conto di quest’ultimo, per la successiva lavorazione, a un soggetto portoghese, il quale a fine lavorazione invia i beni al committente – aveva qualificato l’operazione come cessione intracomunitaria da operatore italiano a operatore greco.
 
L’impostazione, conclude il documento, è coerente con la circostanza che, da un lato, i beni hanno come destinazione finale il paese di stabilimento del committente (e non quello dove è effettuata la lavorazione, in cui transitano solo temporaneamente) e, dall’altro lato, la proprietà dei beni è trasferita dal cedente italiano al committente nel paese di destinazione del bene.
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